MANOVRE

Moderati a Ncd: “Uniamo le forze”

Il deludente risultato elettorale impone a Portas un cambio di prospettiva. Mentre tratta con Chiamparino per entrare in giunta, moltiplica le profferte a Udc e alfaniani. Perché con il Pd di Renzi è finito il collateralismo e la funzione "traghetto"

 

Nelle stesse ore in cui sta trattando per un posto nella futura giunta regionale (l’incontro con Sergio Chiamparino è in mattinata), Giacomo Portas, per tutti Mimmo, ha avviato una ricognizione tra le forze centriste uscite piuttosto malconce dalla recente tornata elettorale. Obiettivo dichiarato del leader dei Moderati: la riunificazione in Piemonte, magari in forma federativa, di quei partiti e movimenti che si collocano a metà strada tra il Pd e la destra berlusconiana: apolidi dell’ex Pdl, Udc, montiani delusi. A iniziare da Ncd verso il quale il corteggiamento è parecchio insistente. Portas in un lungo colloquio con Giampiero Leo ha mandato segnali al viceministro Enrico Costa e a Vito Bonsignore. Gli alfaniani hanno affrontato la questione ieri, in sede di bilancio della non troppo soddisfacente prova elettorale, rinviando però ogni decisione al momento in cui saranno definiti i nuovi assetti del gruppo dirigente. C’è interesse, ovviamente, anche se prevale la cautela, non avendo alcuna intenzione di farsi fagocitare dai Moderati. «Ci cedano il marchio: noi abbiamo i contenuti loro solo il contenitore», dice Daniele Cantore, uno che Portas lo conosce bene, sin dai tempi della comune militanza nella primigenia Forza Italia, riferendosi alla non eccelsa caratura politica del personale politico moderato.

 

I Moderati, insomma, restano “lealmente” nella coalizione di centrosinistra, ma avvertono l’esaurirsi di quel collateralismo con il Pd che li ha portati nel giro di un decennio a diventare la seconda gamba dello schieramento. I risultati del 25 maggio suonano come un campanello d’allarme. Rispetto a quattro anni prima sono volati via oltre 10mila voti, per di più con una minore frammentazione di liste, quasi doppiati dal Monviso chiampariniano. A Torino che resta il fulcro della macchina elettorale la consistenza è orami ferma da troppi anni (36mila preferenze). Inoltre c’è un dato di prospettiva politica che inquieta Portas: la leadership di Matteo Renzi ha abbondantemente prosciugato la palude centrista, restringendo gli spazi a disposizione delle periodiche scorribande di più o meno improvvisate formazioni. Il Rottamatore fiorentino non ha bisogno del partito dei contadini, utile invece nella geografia tardo-comunista dei suoi predecessori. Non è un caso che con la caduta di Bersani, su cui Portas aveva riposto grandi speranze (fino a preconizzare una sorta di franchising del simbolo da esportare lungo lo stivale), sia venuto esaurendosi la funzione di traghettamento di transfughi e fuggiaschi fino a ieri pressoché unica ragione della loro esistenza. Un compito svolto con dedizione e successo che è valso a Portas per ben due volte lo scranno di deputato. Il terzo giro è una chimera.