FINANZA & POLITICA

Fondazioni, testacoda in Autostrade

Ma quali finanziamenti ai partiti! È negli enti ex bancari che si consuma il rapporto incestuoso tra politica e affari. I casi di Crt e CrCuneo: acquisto di azioni Atlantia e poltrone nei cda. Ma gli investimenti ora sono a rischio e i vertici dovranno chiarire

Come occupare altre caselle importanti e remunerate? Semplice, passando dal casello. Devono averlo capito in fretta in quei centri di potere (economico e, non di meno, politico) che sono le fondazioni di origine bancaria. Perché se oggi, dopo la tragedia di Genova e i riflettori puntati sulla società alla quale il Governo vuole revocare la concessione, è il rapporto tra la politica e i signori delle autostrade a sollevare dubbi e animare polemiche, c’è un altro non meno forte legame, peraltro certificato dai bilanci e confermato da più di un nome che occupa, appunto, le caselle che contano. Non che sia, questa, l’alternativa o cosa diversa rispetto alla politica: l’annosa e irrisolta questione del peso che essa continua ad avere nelle casseforti del territorio non fa che fornire un’ulteriore immagine: quella di una corsia preferenziale nel suo rapporto con chi gestisce la rete autostradale, fornita proprio dalle fondazioni. La vicenda di Autostrade per l’Italia è, sotto questo profilo, un caso da manuale.

Nulla di illegittimo, figurarsi di illegale. Semmai, l’ennesimo caso di quel rapporto incestuoso tra politica e affari che connota il nostrano “capitalismo di relazione”, fondamento di tante fortune imprenditoriali e di speculari carriere nelle istituzioni. Nel prospetto dell’Acri, la potente associazione delle fondazioni presieduta da Giuseppe Guzzetti si legge, tra l’altro, che “le risorse utilizzate per le erogazioni filantropiche sono tratte dagli utili generati dagli investimenti dei loro patrimoni. Solo parte di questo è investito in attività bancarie, il resto è in gestioni e in altri investimenti di medio-lungo termine (…) ci si riferisce qui agli investimenti in fondi per l'housing sociale, per l'innovazione delle piccole e medie imprese, per la ricerca tecnologica o per le infrastrutture; ma anche a quelli in aziende operanti in settori strategici come le municipalizzate, le autostrade, gli aeroporti”.

Insomma, le fondazioni nelle autostrade ci entrano per ricavare utili da devolvere poi sul territorio. Ma solo per questo? E, sull’altro fronte, i concessionari non hanno forse interesse ad avere nei loro board figure che proprio per il loro ruolo spesso nient’affatto estraneo alla politica, ma anche di gestori di bancomat dei territori possono risultare in qualche modo utili? Per non dire che, per il ruolo di soci nelle rispettive banche, presso le quali sono aperte importanti linee di credito, le fondazioni rappresentano un atout prezioso per la gestione dei flussi di finanziamento. 

Sul primo punto, ovvero gli investimenti di parti di patrimonio in azioni delle concessionarie, in questi giorni le casseforti locali, come due delle principali in Piemonte, sono scivolate dietro al tonfo in Borsa del titolo Atlantia, la società controllata dalla famiglia Benetton che possiede l’88% di Autostrade per l’Italia. Al punto che, al netto delle rassicurazioni, nelle prossime settimane i vertici potrebbero essere chimati a dar conto di scelte non sempre condivise.

La Fondazione CR Cuneo che al 31 dicembre dello scorso anno risultava possedere azioni per 49 milioni 995mila euro ha accusato una perdita del 20%, trica e branca una decina di milioni. Perdita appena mitigata dal rimbalzo di ieri a Piazza Affari. E non sono certo bruscolini quelli che nel crollo del titolo ci ha rimesso la assai più grande Fondazione CR Torino che di Atlantia possiede il 5,06 del pacchetto azionario, praticamente lo stesso peso del fondo statunitense Blackrock (5,12%). Per via XX Settembre è stato un salasso: nel “giovedì nero” la botta è pesata oltre 260 milioni.

Saranno pure perdite limitate come fanno sapere dai piani alti delle fondazioni, e che non intaccano il patrimonio, ma certo quello che è accaduto sui mercati nei giorni scorsi un dubbio sull’opportunità di investimenti con un discreto margine di rischio rispetto, banalmente, a titoli di Stato lo fa sorgere. Ma è una certezza a fugarlo: dietro quelle partecipazioni ci sono sempre poltrone.

La Fondazione Crt investe in Atlantia e designa nel consiglio della holding controllata dai Benetton il suo segretario generale Massimo Lapucci, subentrato al suo predecessore Angelo Miglietta. Nel cda di Autostrade per l’Italia, invece, troviamo un consigliere del Fondazione di via XX Settembre, l’avvocato Massimo Bianchi ad occupare la poltrona su cui si era seduto in precedenza un altro del board di via XX Settembre ovvero Antonio Fassone. Per Bianchi, un passato da presidente della Provincia di Alessandria, si prospetta un futuro prossimo venturo da numero uno della Fondazione CrAlessandria.

Non nel cda di Aspi, ma nel collegio sindacale, siede il presidente della Fondazione Cr Cuneo Giandomenico Genta, in precedenza consigliere di Crt, uomo assai vicino al suo collega torinese Giovanni Quaglia, peraltro approdato da pochi mesi alla presidenza della Asti-Cuneo. E proprio la vicenda delle concessionarie, secondo alcune voci raccolte negli ambienti delle fondazioni, potrebbe risultare un ostacolo sul probabile cammino di Quaglia verso la presidenza di Acri, ulteriore approdo per l’ex presidente della Provincia di Cuneo su cui punterebbe per il subentro a Guzzetti, il suo amico da sempre Fabrizio Palenzona, ovvero l’uomo che più di altri simboleggia e incarna lo storico legame tra il mondo delle fondazioni e quello delle autostrade di cui presiede l’associazione dei concessionari, l’Aiscat. Nel cui collegio sindacale, tra gli altri, figura anche Quaglia. Insomma, tutti i big presenti, passsati e futuri delle fondazioni, transitano dal casello. Col telepass di Furbizio.

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