CINQUE CERCHI

Chiamparino "salva" Appendino (e spara su M5s e Giorgetti)

La sindaca voleva i Giochi invernali, ma la candidatura di Torino "è stata minata alla base dalla sua maggioranza". Il presidente riferisce in aula sulla Caporetto olimpica. Ce n'è anche per il governo e le "giravolte" del sottosegretario

Chiara Appendino voleva sinceramente le Olimpiadi, ma la candidatura di Torino “è stata fortemente indebolita dalla sua maggioranza”. Sfumato ormai il sogno del bis, dopo la grande kermesse del 2006, Sergio Chiamparino riferisce in aula su quanto accaduto e coglie l'occasione per togliersi anche qualche sassolino dalle scarpe, dopo averne sentite, viste e lette tante in una vicenda per molti versi ancora incomprensibile. “Candidare Torino dicendo che c’è una esperienza da valorizzare e allo stesso tempo affermare che quell’esperienza è stata un fallimento rende il dossier non credibile. Senza contare che Appendino è stata messa in minoranza” dai suoi ed “è dovuto intervenire il vicepremier Di Maio per dirimere la questione, che poi peraltro si è riproposta”.

È questa una delle chiavi di lettura fornite dal governatore di fronte all’aula del Consiglio regionale. Al contrario della sindaca, lui ha accettato di riferire di fronte all’assemblea su tutti i passaggi e le trattative di questi mesi, fino a quella che definisce la “giravolta” del sottosegretario Giancarlo Giorgetti, quando ha deciso di “far saltare il banco”. La sindaca ci ha messo del suo ed è evidente che a un certo punto sia stata proprio lei, nell'impossibilità di portarsi dietro la sua maggioranza sulla strada del tridente, a sfilarsi, ma fino all'ultimo Chiamparino ne sostiene le scelte e se c'è da puntare il dito lo fa ancora una volta contro il governo e la sua volontà di "mettere in un angolo il Piemonte". Questi, secondo Chiamparino, i due responsabili della Caporetto olimpica di Torino e, molto probabilmente, delle sue montagne: da una parte i consiglieri comunali grillini, dall’altra il sottosegretario leghista sul quale resta il sospetto di un accordo, già preso, con il Lombardo-Veneto per andare avanti su una candidatura di Milano e Cortina. “Il fatto che dopo circa dieci minuti mal contati” dalle dichiarazioni di Giorgetti che annunciava il passo indietro del governo su una eventuale candidatura italiana “sia emersa l’altra ipotesi mi fa venire in mente quello che diceva il vecchio Andreotti. E mi fermo qui”.  

Ad alimentare i dubbi sull'atteggiamento del Coni e del governo, Chiamparino svela un retroscena secondo cui nella riunione al Foro Italiaco del 30 luglio fu proprio Giovanni Malagò a dire senza troppi giri di parole a lui e ad Appendino che "la candidatura di Torino da sola non poteva andare avanti e che, se volevamo metterla ai voti, ne avrebbe avuti solo 2 o 3 dal Comitato olimpico". Una posizione, peraltro, che ha tenuto anche rispetto alle altre candidate: nessuna da sola avrebbe ottenuto i voti per andare avanti, anche perché si era ormai consolidata l'ipotesi di un tridente per tenere dentro tutti.

A questo punto la partita (disperata) è quella di far rientrare dalla finestra almeno le montagne olimpiche, a partire da Sestriere, dove il sindaco Valter Marin non si rassegna all’idea di rimanere fuori. “Se c’è uno spiraglio per tenere dentro anche senza Torino le valli olimpiche noi ci siamo” ribadisce Chiamparino. Una sfida difficilissima poiché, come spiega lo stesso presidente, la presenza di Torino “è cruciale” poiché a essere davvero strategici per il tridente non erano le montagne e le piste da sci, ma gli impianti del ghiaccio, a partire dall’Oval, unico nel suo genere, che ora dovranno essere costruiti ex novo.

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