LA VIA DELLA SETA

Appendino made in China

Si allarga il business della famiglia con l'Oriente. Marito e cognato aprono a Torino, praticamente sotto casa, un negozio di abbigliamento per bimbi. Sull'esempio di babbo Domenico pioniere dell'espansione in Asia di Prima Industrie

È la globalizzazione, bellezza. E tu non ci puoi fare niente, se non aprire un negozio. Chiamalo, se vuoi, anche boutique, ma la morale è Chiara: business is business e certo non bisogna spiegarlo a chi come la Appendino è diventata sindaca di Torino con sul groppone una laurea con lode in Economia alla Bocconi e l’esperienza nell’azienda di famiglia. Domani quasi certamente ci sarà anche lei al vernissage del negozio al piano terreno della signorile palazzina liberty in via Cibrario, una presenza non certo di mera rappresentanza portando buoni auspici a chi con coraggio apre anziché chiudere.

Ma vendono prodotti fabbricati in Asia, dice. E che sarà mai? Uno più uno meno, ormai il made in China o in Hong Kong o Taiwan imperversa. E poi il brand è Momonittu, di quelli che tira, mica cineserie da quattro soldi. Altrimenti vuoi che un imprenditore accorto e di successo, con lo sguardo e gli affari da tempo rivolti a Oriente, come Marco Lavatelli – per inciso, marito della sindaca – insieme al cognato Alessandro Ponte a ad altri soci con dimora nella collina torinese, avrebbe deciso di offrire ai concittadini quell’opportunità aprendo in Cit Turin?

Ma il made in Italy, i prodotti locali, la filiera (mai termine suonò più calzante) piemontese del tessile? Suvvia, pare il caso di indulgere con polverosa nostalgia a qualcosa che somigli all’autarchia? E poi mica si vende vino cileno o parmesan argentino: le tutine e gli accessori per bimbi da 0 a 12 anni, hanno tutti disegnato un gatto o un cane e il marchio dove Momo sta per Micio in giapponese e nittu significa lavorato a maglia. E poi c'è l'Art Gallery in cui verranno esposte 15 quadretti realizzati proprio dai bambini delle scuole torinesi perché, lo diceva pure Picasso, "i bimbi sono tutti artisti". Insomma, un successo garantito.

Lo ha compreso il consorte della sindaca in uno dei suoi viaggi in Asia per l’azienda in cui Chiara ha lavorato prima di prendere il posto di Piero Fassino, la Lavatelli, sotto il cui brand sta scritto “la qualità del made in Italy dal 1958” e che tra i cui prodotti che vanno via come il pane c’è Kanguru, la coperta con le maniche, made in China, di cui proprio la non ancora sindaca è stata testimonial

Passione di famiglia quella per il Sol Levante: il padre di Chiara, Domenico, in Cina non si è limitato (si fa per dire) ad aprire il mercato e seguire la nascita dello stabilimento di Prima Industrie nel ruolo di vicepresidente esecutivo, ma ne ha fatto una sua seconda patria per passione e approfonditi studi tanto ormai da essere considerato uno dei massimi conoscitori italiani del Paese in vorticosa crescita economica, lei appena insediatasi a Palazzo di Città inaugurò ricevimenti dei diplomatici con il console cinese Wan Dong.

La via della seta piace alla sindaca che non vuole la Tav, così come alla sua famiglia. E anche il negozio che aprirà domani accorcia quella strada, nella direzione di una globalizzazione contro la quale non si può fare nulla. Come ha capito anche il kebabbaro che appestava di odori per nulla graditi la palazzina di famiglia e per questo, finalmente, sloggiato. Per far posto alla boutique aperta dalla società Canegatto. A proposito, al vernissage inviteranno anche Fassino?

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