SULLE BARRICATE

Lazzi (e frizzi) anti Tav della Fiom

Il meno segretario dei metalmeccanici della Cgil annuncia che la sua organizzazione non sarà in piazza Castello sabato con le forze produttive ed economiche di Torino. "La Torino-Lione serve a pochi ed è costosa, di brutto auspicio evocare la marcia dei 40mila"

Un sindacato a bassa velocità. «Non si pensi che la Fiom sia contro le grandi opere perché non è vero; noi siamo contro la Tav perché non utile alla maggioranza della popolazione, ma solo a pochi, e perché troppo costosa. Per questo ovviamente non parteciperemo alla manifestazione di sabato, a Torino, anche se tra i suoi slogan ci sono lo sviluppo della città e il lavoro». Con questa tortuosa motivazione Edi Lazzi, neo segretario provinciale della Fiom di Torino, ha annunciato l’assenza dei metalmeccanici della Cgil al raduno di tutte le forze economiche e produttive del capoluogo in difesa di un’opera che alcune categorie del suo stesso sindacato considerano strategica e irrinunciabile. Un appuntamento che vede l’organizzazione guidata da Susanna Camusso profondamente divisa: da una parte i seguaci di Maurizio Landini, aspirante successore al vertice della confederazione di corso Italia, dall’altro il principale concorrente, il segretario nazionale Vincenzo Colla sulle stesse posizioni della Fillea, il sindacato degli edili che ha dato la sua adesione al sit-in.

«Ho sentito paragonare la manifestazione del 10 novembre alla marcia dei 40 mila e questo non mi sembra di buon auspicio – aggiunge Lazzi – perché il declino industriale di questa città iniziò proprio allora»: analisi in parte condivisibile se si invertono le posizioni in contrapposizione all’epoca. Oggi come allora, infatti, si confrontano due schieramenti: da una parte l’antagonismo ideologico – che risultò poi sconfitto dalle ragioni della storia (do you remember il Consiglione di Mirafiori?) – dall’altra le esigenze di una dialettica tra “produttori” che sconfisse gli estremismi e avviò la stagione del contrattualismo riformista. La ferita, insomma, è ancora sanguinante, a distanza di 35 anni. Argomentazioni, quelle usate per opporsi alla Torino-Lione, non dissimili dalla propaganda grillina: «La manifestazione di sabato mi sembra miri a difendere lo status quo in modo poco critico, piuttosto che guardare avanti e con i conti in mano. Dicono costi 5 miliardi e che, se ora si dicesse no, si spenderebbero comunque 2 miliardi. Vuol dire che se ne risparmierebbero 3 per investire sullo sviluppo reale e sull’occupazione». Non è proprio così, com’è evidente, ma tanto basta.

Per la Fiom dell’era Lazzi la priorità è quella dell’industria automobilista: «Senza un vero rilancio dell’automotive, core business di questa città da 120 anni, Torino non uscirà dalla crisi economica in atto. Una crisi non percepita in tutta la sua gravità e per questo al centro della campagna di sensibilizzazione che come Fiom abbiamo messo in atto da oggi», afferma il successore di Federico Bellono presentando la mobilitazione del sindacato. «A parte gli operai della Maserati, in continua cassa integrazione, ad oggi nel 2018 sono state fatte 89 giornate di cassa pari al 45% del totale lavorato – spiega Lazzi – i cittadini e i politici sembrano tutti convinti che la Fiat stia bene, invece non è cosi. Si è passati dalle 218.000 vetture vendute nel 2006 alle 30mila del 2018, con una perdita di 15mila posti di lavoro. Se non si parte da questi dati si perdono di vista la realtà e il futuro economico di Torino. Per invertire la tendenza servono almeno da subito due nuovi modelli, uno per le Carrozzerie di Mirafiori e uno per Grugliasco».

È stato fissato per il 13 dicembre, intanto, il Consiglio congiunto – Regione Piemonte e Comune di Torino – per discutere del futuro degli stabilimenti italiani di Fca. «Speriamo ci sia anche il presidente John Elkann – conclude Lazzi – perché intendiamo chiedergli se condivida la celebre frase di suo nonno, “non c’è Fiat senza Torino, non c’è Torino senza Fiat”». Constatazione un tantino tardiva alla luce del trasloco fuori dai confini nazionali di sede legale e finanziaria del gruppo. Ciò non toglie, ovviamente, che occorra insistere – e favorire politiche industriali e fiscali – che consentano a Fca di mantenere gli investimenti sui siti produttivi della città. «Torinosta attraversando un periodo di profonda crisi economica e di prospettive per il futuro.  Il settore industriale più importante, che è quello automobilistico ha visto in questi anni calare drasticamente il numero delle auto prodotte e di conseguenza gli occupati. L’auto non è un prodotto maturo, quindi non scomparirà – conclude Lazzi – cambieranno i motori, ci sarà la guida autonoma, la connessione con la rete, ma le auto continueranno a essere costruite, per questo bisogna puntare allo sviluppo del settore guardando alle evoluzioni future».

print_icon