DIRITTI & ROVESCI

Sicurezza, allarme dei sindaci: "Migranti fantasma nelle città"

Alla vigilia dell'incontro con il premier Conte l'Anci stila il cahier de doléances. Registrazioni all'anagrafe, assistenza sanitaria, mantenimento dello Sprar. "Nessuna posizione ideologica", spiega Avetta a nome dei primi cittadini piemontesi

Se quello con il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sarà “solo un caffè” come auspica Matteo Salvini ribandendo che il suo decreto sicurezza “non si tocca nemmeno di una virgola” oppure si concluderà con un’apertura del premier alle richieste che gli verranno poste da una delegazione dell’Anci, lo si scoprirà soltanto lunedì.

Già il fatto che Conte abbia accolto l’istanza dei sindaci per discutere alcuni aspetti tecnici che riguardano l’accoglienza e la gestione dei migranti, nel segnare un’ulteriore probabile divisione tra l’inquilino di Palazzo Chigi e quello del Viminale e, ancor più, tra la Lega e i Cinquestelle. On ogno modo si tratta di un passo in avanti della linea meno oltranzista ma non per questo meno decisa dell’Associazione dei Comuni d’Italia su una questione che, come osserva il presidente di Anci Piemonte Alberto Avetta “aldilà di prese di posizione cui abbiamo assistito nei giorni scorsi, interessa qualunque sindaco, indipendentemente dalla sua appartenenza politica”.

E di questo si è avuta contezza ancora ieri nel corso del comitato direttivo dove anche i primi cittadini leghisti, autori nei giorni scorsi di una lettera a sostegno del decreto Salvini, hanno assunto un atteggiamento per nulla duro, tanto che la richiesta avanzata al Governo è stata votata all’unanimità.

“Qual è quel sindaco che, proprio invocando maggior sicurezza anche per la sua comunità, non ritiene indispensabile sapere quanti sono e chi sono i migranti nel suo territorio del suo Comune?”, chiede Avetta ben conoscendo la risposta. E ancora: “Non è pensabile avere una situazione in cui alcune Asl per prestare le cure ai migranti che il decreto classifica di fatto come clandestini, senza però provvedere alla loro espulsione, richiedano solo il domicilio, mentre altre subordinino le prestazioni alla residenza che il decreto ormai vieta ai Comuni di rilasciare”.

Il quadro delle conseguenze che il presidente di Anci Piemonte prospetta contiene anche quella che riguarda proprio l’assistenza sanitaria: “Se il sindaco non può rilasciare la carta d’identità e alcune Asl la richiedono, a quei migranti non resterà che ricorrere ai Pronto Soccorso per ricevere cure che non sono proprie del servizio di emergenza, finendo con l’affollare gli stessi Pronto Soccorso”.

I circa 5mila clandestini per decreto, finiranno insomma per diventare dei fantasmi per l’anagrafe dei Comuni piemontesi, dal più grande al più piccolo, ma rimanendo un problema concreto da risolvere: per loro e, non di meno, per le comunità dove continueranno a vivere.

“L'Anci non intende assumere posizioni politiche e non si farà trascinare in campagne elettorali” premette Avetta, con evidente riferimento quelle posizioni radicali, su un fronte come su quello opposto, che hanno infiammato la polemica di questi giorni. “Abbiamo dato mandato al presidente Antonio Decaro di presentare una richiesta di correttivi di natura tecnica rispetto a questioni che hanno risvolti diretti sull'attività dei sindaci. Ci sono delle cose che vanno modificate e ne parleremo direttamente con il Governo. Come sempre – prosegue il presidente di Anci Piemonte – il nostro obiettivo è quello di contribuire a migliorare le norme nell’interesse di tutti i cittadini".

Tre le principali richieste che lunedì verranno fatte a Conte: conservare l’accesso allo Sprar dei soggetti vulnerabili, l’applicazione di modalità uniformi per la presa in carico dei richiedenti asilo da parte delle Asl e il riconoscimento del diritto per i Comuni di conoscere numero, età e sesso delle persone ospiti nei centri di accoglienza.

Il superamento di questi ostacoli potrebbe, ovviamente, attenuare la tensione tra sindaci e Governo e forse far riconsiderare la decisione di alcune Regioni, tra cui per primo il Piemonte, di rivolgersi alla Consulta sollevando la questione di legittimità costituzionale sulla norma.

Un altro piemontese come il vicepresidente nazionale di Anci Roberto Pella (parlamentare di Forza Italia) prima dell’inizio dei lavori dell’esecutivo aveva auspicato “un documento di carattere tecnico e non politico dove vengano evidenziate le difficoltà dei sindaci nell'attuare il decreto sicurezza”. E così è stato.

“I problemi che si produrranno senza i necessari aggiustamenti della norma ricadranno su qualunque Comune, da uno piccolo come quello di cui sono sindaco – osserva Avetta, che guida la giunta di Cossano Canavese – a quelli più grandi come Torino, Novara”, quest’ultimo forse non citato a caso essendo il sindaco della città di San Guadenzio, il leghista Alessandro Canelli uno dei sottoscrittori della lettera a De Caro in difesa del decreto sicurezza.

“Questa norma si basa soprattutto sull’assunto che coloro che non hanno lo status di rifugiato o altre protezioni siano espulsi – osserva il presidente di Anci Piemonte –. Ma sappiamo bene che le espulsioni sono pochissime. E allora bisogna affrontare la situazione reale, non quella ipotetica. Se un sindaco nel suo Comune ha migranti che dovrebbero essere espulsi, ma restano lì, allora è meglio che sappia quanti sono e chi sono, iscrivendoli alla sua anagrafe, in modo tale da poter dar loro assistenza, utilizzarli in lavori socialmente utili e, fatto non trascurabile, garantire più sicurezza a tutta la sua comunità”.

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