GRANA PADANA

Tav, il doppio binario della Lega

Salvini respinge i sospetti sul "baratto" con la vicenda Diciotti, ma ormai è chiaro che la Torino-Lione serve per tenere alto il braccio di ferro con i grillini. Del resto la posizione favorevole del Carroccio non è mai stata così granitica

Tutta questione di scambio. Barattare la tenuta del Governo pentaleghista e, soprattutto, il voto grillino contro l’autorizzazione a procedere per il caso della nave Diciotti dei confronti del ministro dell’Interno Matteo Salvini con lo stop alla Tav. Ormai lo schema è sempre più chiaro, palese e difficilmente smentibile. E lo scambio è anche quello da azionare da parte della Lega per cambiare binario sulla Torino-Lione. Manovra, in fondo, poi non così impossibile visto che la storia non solo insegna, ma soprattutto ricorda.

E lo fa anche per quando Roma era ladrona e la Lega era No Tav. Camicie verdi e striscioni bianchi e rossi, secessione e processione ai presidi in Valsusa. Quando Umberto Bossi arriva al governo con Silvio Berlusconi, alcuni dei suoi hanno già superato lo scambio imboccando il binario col disco verde alla Torino-Lione, ma altri tengono duro anche su quella posizione originaria che mescolava l’indipendentismo padano con l’ostracismo valsusino alla grande opera. Quella annunciata come una svolta decisa a favore della Tav arrivò più avanti, senza però eliminare del tutto il dualismo carsico tra il leghismo dello sviluppo di impronta lombardo-veneta e quello ammiccante a una certa idea di salvaguardia della natura così come alla protesta di popolo incarnata dai No-Tav.

Due posizioni che non sono veramente mai arrivate ad essere una sola. E che oggi nella Lega di governo fanno emergere quella concezione di movimento di lotta, mai del tutto archiviata. Dunque ha radici antiche e profonde il cincischiare, aldilà delle ripetitive dichiarazioni a favore della tratta ferroviaria di un sempre meno convincente Matteo Salvini e dei suoi dioscuri, su una decisione ormai non procrastinabile.

La stessa coerenza, sulla questione, rivendicata dallo stato maggiore del Carroccio, appare debole e certamente giovane rispetto a vecchie, ma mai del tutto abbandonate, idee contrarie all’opera che fanno parte del patrimonio fondativo del partito oggi nelle mani di Salvini.

Sono passati poco più di dieci anni da quando l’allora segretario Roberto Maroni a proposito dei No Tav spiegava che “non sono i no global”, aggiungendo che “la protesta della Val Susa non va ignorata, bisogna comprendere le ragioni della gente. Quando c’è una rivendicazione sensata non si può mandare la polizia e basta”.

Terreno immaginato come fertile per la crescita della Lega, la Valsusa dove l’allora numero uno del Carroccio piemontese Roberto Cota e il parlamentare Mario Borghezio distribuivano, con i militanti, i volantini con l’Alberto da Giussano e la scritta No Tav. E proprio Borghezio confermerà di fatto la sua linea quando, dopo l’aggressione subita nel 2005 a bordo di un treno da parte di un gruppo di no global, disse: “se quelli che mi hanno pestato sono gli stessi che contestano l’Alta Velocità, allora hanno commesso un grave errore. Prima di tutto perché io stesso sono quasi un no-Tav”.

Un po’ di anni dopo, nel 2013, quando in commissione Ambiente è l’ora di votare la ratifica degli accordi tra Italia e Francia in base alla risoluzione presentata dal deputato del Pd Enrico Borghi, il parlamentare della Lega Paolo Grimoldi vota contro. Poi dirà di essersi attardato ad alzare la mano, ma nel frattempo da Torino Cota diventato presidente della Regione correrà ai ripari dettando una nota in cui afferma che “La Lega Nord continua a ritenere la Tav un’opera strategica per la nostra regione”.

Un doppio binario quello su cui da anni procede il Carroccio che non solo non può trasformarsi all’improvviso in unico, ma soprattutto serve a spiegare molte cose, incominciando dall’atteggiamento di Salvini e dei suoi su una vicenda che a differenza di altre li vede molto, ma molto meno determinati e irremovibili rispetto ad altre.

Se poi di mezzo c’è, come c’è, la tenuta dell’alleanza con i Cinquestelle e la necessità di evitare l’autorizzazione a procedere per il Capitano, pochi si stupirebbero di veder addirittura ricomparire qualche volantino della Lega No Tav, probabilmente fatti sparire come cimeli imbarazzanti. Uno di quei manifesti lo ha, però, recuperato dal suo archivio l’ex senatore del Pd Stefano Esposito, da sempre e non in folta compagnia sul fronte a favore della Torino-Lione: “Dico a Salvini che apprezzo il suo cambio di opinione  - scrive su facebook l’ex parlamentare - ma ricordo a tutti che io e pochi altri siamo sempre stati Si-Tav anche quando era di moda essere No-Tav”.

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