VERSO IL VOTO

Toti sponsorizza l'amico Cirio e agita i vertici di Forza Italia

Pressing del governatore ligure sulla Lega per sbloccare lo stallo in Piemonte e dare il via libera alla candidatura dell'europarlamentare albese. Ma il suo intervento innervosisce la corte di Arcore che guarda con sospetto le manovre dell'ex consigliere politico del Cav

La puzza di bruciato che pervade sempre più le narici dei berlusconiani non pare essere soltanto più quella che arriva dalla graticola su cui Matteo Salvini li ha messi e continua a lasciarli in Piemonte, nell’ormai estenuante attesa di definire la candidatura a governatore. Ad alimentare giustificati timori di un altro possibile trappolone, mascherato da successo, sembra esservi quell’impegno che Giovanni Toti starebbe mostrando, sia pure con estrema discrezione, nel perorare la causa di Alberto Cirio presso gli alti vertici della Lega.

La solidissima amicizia tra il governatore della Liguria e l’europarlamentare che per i forzisti resta ancora il candidato a competitor di Sergio Chiamparino, affonda le radici nel periodo in cui l’ex direttore dei tg di Mediaset sedeva in Parlamento a Bruxelles e si è ulteriormente rafforzata proprio durante la campagna elettorale che ha portato Toti a diventare presidente della Regione. L’europarlamentare piemontese si stabilì di fatto in Liguria per aiutare l’amico Giovanni con il quale il rapporto è ulteriormente consolidato anche grazie ad Angelo Vaccarezza, già sindaco di Loano e attuale consigliere regionale, nonché voluto proprio da Cirio nel suo staff.

Dunque, nulla di strano se, come pare, Toti cerca in qualche modo di convincere il partito al quale nessun forzista è più vicino di lui, a rivedere quei dubbi e quelle perplessità sul politico di Alba che ormai sembrano aver indotto Salvini e i suoi, incominciando da Giancarlo Giorgetti, a puntare sulla figura civica dell’imprenditore Paolo Damilano. Proprio per il fatto di essere considerato l’azzurro più tendente al verde (anche se, visto il cambio cromatico introdotto da Salvini, sarebbe più corretto dire blu), quello del governatore ligure potrebbe essere un intervento in qualche modo più incisivo nei confronti del Carroccio di quanto non lo siano stati fino ad oggi quelli, pur molto cauti e sussiegosi, dei vertici regionali azzurri.

Il Toti pronto a costruire insieme a Giorgia Meloni una nuova forza alleata con la Lega è lo stesso Toti che prova a intercedere a favore di Cirio presso i vertici del Carroccio. E sarà lo stesso Toti – si dicono allarmati i forzisti – che, nel caso in cui Salvini dicesse sì all’europarlamentare e Cirio diventasse presidente, potrebbe portare con sé nel nuovo partito il governatore del Piemonte.

Scenario da incubo, ma plausibile. Anche perché quello che pare essere più di un endorsement, difficilmente potrebbe giovare a Cirio presso la corte di Arcore, dove ormai pronunciare il nome di Toti è un po’ come bestemmiare in chiesa. Questo Toti lo sa, ragionano i berluscones sempre più sospettosi e allarmati, quindi se si muove lo fa nella prospettiva di quel che nascerà dopo le europee e che non può che preoccupare Forza Italia. Con il suo numero due, Antonio Tajani, Cirio ha un altrettanto ottimo rapporto tanto che le investiture anticipate (e, visto il risultato, forse non del tutto provvide) le ha ricevute più volte proprio dal presidente del Parlamento Europeo.

E se tra Tajani e Toti non c’è quel che si dice un feeling, l’eurodeputato piemontese è sempre riuscito a gestire con cura i rapporti con entrambi, cercando talvolta di mediare posizioni sempre più lontane. Va osservato che se lo spendersi del numero due del partito ha non solo rassicurato i forzisti piemontesi, ma ne ha accentuato quelle certezze sul loro candidato, il pressing di Toti sulla Lega ha tutt’altro effetto.

Il rischio di vedere, magari anche solo dopo pochi mesi, il presidente della Regione eletto dopo una tormentata candidatura rafforzare ulteriormente quell’asse con il collega ligure con l’adesione alla nuova forza politica, per gli azzurri sarebbe un danno oltre la beffa. Forse più che cedere con l’onore delle armi (e di qualche poltrona di peso in giunta) al disegno del Capitano per il governo del Piemonte.

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