TRAVAGLI DEMOCRATICI

Nel Pd l'eccezione sarà la deroga

Si gioca sul crinale tra formalismi tecnici e buonsenso politico la sorte di Pentenero e Boeti. A entrambi per candidarsi occorre il via libera del partito. E qualche "sciacallo" confida nella bocciatura

È sempre più tortuosa la strada che porta all’agognata deroga per l’assessore al Lavoro Gianna Pentenero e il presidente di Palazzo Lascaris Nino Boeti. Lo statuto del Pd prevede, infatti, che i due, avendo alle spalle già tre mandati consecutivi, non possono più candidarsi in Regione, a meno che il partito non faccia per loro un’eccezione. La discussione, al momento, è circoscritta all’interno della Federazione di Torino la cui direzione si riunirà lunedì prossimo per approvare la lista da schierare alle prossime elezioni. Da un punto di vista formale quella del partito provinciale è una proposta che poi dovrà ottenere la bollinatura di un’altra direzione, quella regionale, che si riunirà venerdì 29 marzo. Dunque nei prossimi sette giorni ogni soluzione è aperta.

Ieri Boeti e Pentenero si sono ritrovati faccia a faccia con il segretario del Pd subalpino Mimmo Carretta per fare il punto della situazione. A quanto risulta, il numero uno del partito, che ha recentemente comunicato di rinunciare a una corsa in prima persona, ha affermato chiaramente che l’iter per ottenere la candidatura è una formale richiesta di deroga da sottoporre al voto della direzione. Un’opzione cui i due guardano con sospetto: “Dopo anni di politica mi sentirei umiliato a farmi bocciare da una direzione e se ciò avvenisse il giorno dopo prenderei seriamente in considerazione l’ipotesi di lasciare il partito cosa che non ho nessuna intenzione di fare” dice Boeti allo Spiffero. C’è un precedente che ancora brucia e che riguarda l’ex sindaco di Ciriè Francesco Brizio, figlio del conte Giampaolo che guidò la Regione nell’ultima legislatura della prima repubblica. Nonostante il sangue blu e il cursus honorum Brizio jr ottenne prima l’ok della Federazione di Torino e poi fu bocciato al regionale in un voto rocambolesco quanto mal gestito. Per questo, spiega Boeti “preferisco non chiedere la deroga”. C’è la sua disponibilità a correre, c’è pure una lettera inviata a Sergio Chiamparino e al segretario regionale Paolo Furia delle associazioni del Comitato per la Resistenza e la Costituzione con l’esplicita richiesta di consentire a Boeti di “partecipare alla ormai prossima contesa elettorale”, ma molto probabilmente non basterà. Al di là dei formalismi infatti c’è una corrente trasversale di cui fanno parte molti candidati che si sbarazzerebbe volentieri di un paio di competitor forti in una lista che mai come questa volta sarà affollata di candidati uscenti (sono già tutti ai nastri di partenza con la sola eccezione di Luca Cassiani).

La questione è politica (per farla più alta di quello che è) ma come spesso capita in questi casi qualche formalismo diventa l’alibi per inserire uno o escludere un altro. Quando cinque anni fa il partito aveva deciso di escludere il vicepresidente del Consiglio regionale Roberto Placido, l’iter era stato più o meno il medesimo: lui si rifiutò di chiedere una deroga che gli avrebbero negato e così rimase fuori dalla competizione e il rancore lo portò poi con gli scissionisti e ora addirittura a paracadutarsi a Rivoli a capo di una lista alternativa al Pd. Ferite difficili da rimarginare anche ora che il nuovo corso zingarettiano sta portando a una ricucitura con quella componente che aveva lasciato il partito in dissenso con le scelte di Matteo Renzi.

Anche Pentenero è nel limbo: nelle prossime ore deciderà se chiedere formalmente una deroga o meno anche se “mi pare un formalismo superato –. Se ritengono che il mio contributo sia necessario io sono pronta. Ho rimesso la mia disponibilità nelle mani del segretario, non dipende più da me”. Il cerino passa da una mano all’altra. Boeti, ormai quasi rassegnato, fa un appello a salvare almeno la collega assessora: “È una donna, è più giovane di me e ha consensi trasversali, può fornire un contributo importante alla causa”.   

Pure i parlamentari Davide Gariglio e Mauro Laus per approdare a Roma, lo scorso anno, avrebbero avuto bisogno di una deroga, ma il partito decise di aggirare l’ostacolo approvando la lista nel suo complesso e quindi dando come dato acquisito la loro presenza, senza bisogno di una richiesta formale. Anche allora non mancarono le polemiche. A dimostrazione di come spesso i regolamenti siano fatti per piegarsi, o meglio adattarsi, alle scelte politiche.

Intanto la lista prende forma: oltre agli uscenti faranno parte della competizione anche il presidente dell’Anci Piemonte e sindaco di Cossano Canavese Alberto Avetta, la vicesegretaria del Pd regionale Monica Canalis, l’assessore comunale di Nichelino Diego Sarno, l’ex deputato Umberto D’Ottavio (con buona pace di Andrea Appiano) mentre campeggia un punto interrogativo sul primo cittadino di Beinasco Maurizio Piazza. C’è anche un nome che è già stato fatto in alternativa a Pentenero, si tratta del vicesindaco di Chieri Manuela Olia, pronta a subentrare qualora l’assessora venisse esclusa. Mentre c’è addirittura chi parla di un possibile ripensamento del vicepresidente della Sala Rossa Enzo Lavolta, che qualche settimana fa aveva annunciato di voler rimanere fuori dalla competizione. Tra gli indipendenti entra in lista l'operaio Giovanni Comparetto, tuta blu della Fim Cisl di Mirafiori.

La questione deroghe, comunque, non è circoscritta solo a Torino. Anche il vicepresidente della Regione, Aldo Reschigna ha tre mandati sul groppone, ma per lui il partito di Verbania si è già espresso positivamente; l’ultimo caso riguarda l’astigiana Angela Motta che tuttavia dovrebbe fare un passo di lato per sostenere l’assessore all’Agricoltura Giorgio Ferrero. “O tutti o nessuno” chiedeva nei giorni scorsi Boeti, ma a questo punto nessuno scenario è precluso.

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