GUAI AI VINCENTI

Il Rosso e il nero (Ghiglia) alleati per stoppare Marrone

In Fratelli d'Italia se ne vedono di tutti i colori. Come l'asse tra l'ex berlusconiano e l'ultimo federale di An. Obiettivo un posto da assessore e la guida del partito. Comba: "Faremo un buon risultato, le nostre liste molto competitive"

Lo sconcerto di Giorgia Meloni, prima di essere il titolo della contromanifestazione dei Fratelli d’Italia al concertone del Primo Maggio a Roma, aveva descritto eufemisticamente il suo stato d’animo di fronte a quell’accordo che in Piemonte pareva chiuso con un solo posto nel listino. Una Giorgia su tutte le furie, altro che. Com’è andata a finire si sa: il diktat leghista, accettato dopo estenuanti trattative dal segretario regionale di FdI Fabrizio Comba, sarebbe stato rispedito al mittente dalla Meloni in persona e un suo colloquio con Matteo Salvini avrebbe riportato il partito di destra a non doversi rimangiare quel che la sua leader aveva sempre sostenuto: “O ci danno due posti come a Forza Italia o salta il banco”.

Il banco non è saltato e, soprattutto, è passata quella linea che il vertice nazionale di una forza politica da mesi impegnata con successo in una campagna acquisti tra il notabilato berlusconiano considera indiscutibile e cruciale: evitare ad ogni costo un paragone al ribasso proprio con il partito di Silvio Berlusconi. E le elezioni in Piemonte sono l’occasione, sotto i riflettori, per marcare quella posizione irrinunciabile per la Meloni, anche a costo di ridurre la presenza del suo partito nella giunta che in caso di vittoria del centrodestra governerà la Regione sotto la presidenza di Alberto Cirio.

Non è un mistero che se fosse passata la linea iniziale del Carroccio, più volte ribadita dal suo segretario regionale Riccardo Molinari, ovvero concedere a FdI solo un posto blindato, due sarebbero stati quasi certamente quelli nella squadra di Cirio. E questo sarebbe stato uno dei motivi che avrebbero spinto Comba ad accettare quel che invece la Meloni avrebbe poi rifiutato. Meglio tenere il punto sulla parità di rappresentanza e di dignità politica rispetto a Forza Italia, piuttosto che portare a casa un assessore in più: così è andata e così sarà.

Una linea che ben fa comprendere come FdI giochi nelle elezioni piemontesi, in contemporanea con le europee, una partita che va oltre la conquista di un paio di posti in giunta. Scacciare l’immagine di partito minore rispetto a Forza Italia dove, come si è detto, i Fratelli hanno da tempo aperto un canale di travaso a senso unico, come nel caso di Novara dove sotto la regia del parlamentare meloniano Gaetano Nastri ben poco è rimasto della classe dirigente azzurra.

“Faremo un bel risultato” pronostica Comba, poggiando questa sua previsione su quelle “buone liste” che, spiega, “abbiamo in tutte le province”. Previsioni meno di parte indicano la concreta possibilità di eleggere due consiglieri a Torino – quasi certamente i due mister preferenze: l’ex consigliere Maurizio Marrone (presente nel listino, ma anche nel proporzionale) e l’attuale consigliere comunale nel capoluogo e già parlamentare Roberto Rosso – e uno a Cuneo dove il borsino è in costante ascesa per il direttore dell’Azienda turistica locale della Granda, Paolo Bongioanni, un cui successo sui due torinesi potrebbe aprirgli le porte dell’assessorato al Turismo. E forse un altro posto potrebbe scattare a Novara dove Nastri ha schierato tre figure di primo piano: il sindaco di Trecate e presidente della Provincia Federico Binatti, il vicesindaco del capoluogo Franco Caressa e Giuseppe Policaro, consigliere regionale uscente (subentrato a Diego Sozzani, essendosi canditato cinque anni fa tra i berluscones). 

Una bella competizione, insomma. Perché sarà proprio chi prenderà più voti ad entrare nell’esecutivo, questo almeno il criterio indicato. Una corsa all’ultima preferenza che ha aperto a trattative e strategie interne al partito dove la convivenza tra gli eredi di Alleanza Nazionale (e in alcuni casi della stessa appartenenza missina) e i transfughi da Forza Italia non è aspetto irrilevante, tanto più nei momenti cruciali come sono le elezioni. Ma anche gli ex camerati non escono indenni da giochi di potere e alleanze più o meno esplicitate. Capita così che Agostino Ghiglia abbia stretto un solido patto con il già sottosegretario ai tempi dei governi Berlusconi: l’ex federale del Msi con un passato da parlamentare avrebbe garantito tutto il suo appoggio a Rosso, il quale a sua volta contraccambierà aiutandolo per le europee dove Ghiglia è candidato. Entrambi lavorano nella comune intenzione di ridimensionare Marrone: Rosso per superarlo nel voto regionale, Ghiglia per impedirgli di allungare le mani, insieme alla deputata Augusta Montaruli, alla gestione del partito a livello provinciale e magari non solo. Un asse che, plasticamente, si è manifestato ieri al corteo del Primo Maggio, con un Ghiglia bardato nel tricolore a sfilare assieme a Rosso, Cirio e Comba.

L’ex parlamentare di Alleanza Nazionale ed erede di Ugo Martinat al vertice della fiamma piemontese, punta a riprendersi la leadership, almeno a livello torinese, e la coppia Marrone-Montaruli è sicuramente un ostacolo: ecco perché è importante per lui un buon risultato (pur senza velleità di elezione) al voto europeo. E, quindi, estremamente utile quella mano che gli darà Rosso. Il quale, tappezzata la città e i tram di manifesti è impegnato in una campagna elettorale senza risparmio, ha come obiettivo per nulla nascosto una poltrona da assessore (vorrebbe i Trasporti e le Infrastrutture). E visto che la scelta politica della Meloni ha fatto sì che sarà una sola quella disponibile, tra i denti dei Fratelli spuntano i coltelli

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