ECONOMIA DOMESTICA

Con la 500 non andremo lontano

Pochi gli investimenti degli Agnelli-Elkann nell'auto elettrica, troppi i ritardi di Fca rispetto alle concorrenti per una produzione che sarà di nicchia e non potrà risollevare la filiera dell'automotive. La cruda verità di Dal Poz, presidente di Federmeccanica

“Non sarà certo Fca il traino per la filiera dell’auto elettrica. Non potrà esserlo con un ruolo schiacciato tra i grandi produttori tedeschi come Volkswagen, che ha dichiarato investimenti nel settore per 15 miliardi di euro, e i produttori asiatici con Toyota che da anni ha avviato e ultimato il processo di ibridizzazione di tutti i suoi modelli. E poi gli attuali azionisti di Fca non hanno fatto grandi investimenti nell’auto elettrica, quindi se lo scenario è questo qualche responsabilità ce l’hanno”. Mentre un giorno sì e l’altro pure è un levarsi di lodi sperticate e di speranze eccessive di fronte alla 500 elettrica che ancora non esiste, fuori dal coro – che intona con qualche entusiasmo di troppo inni alla Famiglia della Sacra Ruota – è la voce, autorevole, del presidente di Federmeccanica.

Nel ruolo che vent’anni prima di lui fu del “falco” Felice Mortillaro, il torinese Alberto Dal Poz usa la schiettezza che il suo lontano predecessore utilizzava a piene mani nel ruvido rapporto con i sindacati, per affermare ciò che forse molti pensano, ma nessuno o pochi osano dire. Lui lo fa, “senza muovere alcuna critica a Fca”, spiega, “ma prendendo atto di una situazione oggettiva”. Il che, paradossalmente ma non troppo, risulta ancor più pesante nel giudizio, anch’esso incontrovertibilmente oggettivo, sulla politica industriale degli Agnelli.

“Qualche decina di migliaia di automobili, una produzione di nicchia che certo non potrà risolvere una crisi sistemica di cui la soluzione appare ancora lontana”. Così, parlando con lo Spiffero, Dal Poz inquadra nella cornice adeguata, senza spigoli e senza fronzoli, la prima auto elettrica costruita in Italia (negli Usa viene realizzato un Suv ibrido) del gruppo di Mike Manley alla quale si attribuiscono doti taumaturgiche più utili all’agiografia del Lingotto che al recupero di tempo e occasioni perdute. Per non dire dello sviluppo di quello che un tempo era l’indotto Fiat e adesso è la filiera della componentistica che fornisce i più importanti gruppi dell’automotive a livello internazionale.

Ed è proprio guardando a questo comparto, al suo sviluppo e alle sue potenzialità che Dal Poz sviluppa il suo pensiero: “Il punto non è Fca, capace di svolgere un programma di investimento in queste tecnologie nella misura in cui decide di impiegare le risorse a disposizione, ma con la certezza che non potrà mai la stessa potenza di fuoco espressa da Toyota, così come da Volkswagen. Il punto – per il numero uno di Federmeccanica, associazione di cui Fca non fa più parte, così come è da tempo fuori da Confindustria – è che noi come Paese più che di produttori di automobili siamo dei produttori di componentistica. Per questa ragione, sarebbe importante puntare non tanto sull’auto elettrica, ma sulla sua filiera”, rafforzandola nel suo ruolo di fornitrice delle grandi case automobilistiche, evolvendo competenze, già a livelli molto elevati, e favorendo il suo ruolo nello scenario dell’automotive a livello globale.

Insomma, ben venga la 500 elettrica, ma non facciamone un totem. “L’auspicio è che nell’ambito del lancio della 500 elettrica ci sia la possibilità per tutti i fornitori di Fca di contribuire allo sviluppo della piattaforma, non solo e non tanto della vettura: costruire e guardare a qualcosa che possa essere utilizzato per altri modelli, che sia base di sviluppi futuri”. E se in Fca “non lo hanno fatto in passato non è pensabile che si lancino adesso in un programma delle piattaforme ibride” questo non può che confermare che “non sarà Fca il traino per la filiera”, con tutte le ricadute positive per l’economia piemontese guardando alle aziende del territorio, così come per l’occupazione.

“Le nostre aziende realizzano ogni mese milioni di componenti per l’automotive, alimentando l’intero mercato europeo. Sarebbe importante riuscire a stimolare una filiera della componentistica per l’auto elettrica. Ci sono le potenzialità per farlo e, se ci fosse una adeguata politica industriale di coordinamento, si potrebbero produrre grandi risultati” osserva il presidente di Federmeccanica che non nasconde il suo giudizio negativo sull’attuale quadro politico e il “fortissimo dissenso” sulle scelte in materia economica e industriale del Governo. Ma sono anche altre possibili scelte a suggerire una lettura di quella parsimonia negli investimenti sull’auto elettrica – paragonati a quelli di altri grandi gruppi – da parte degli azionisti di Fca, leggi la famiglia Agnelli attraverso Exor, che Dal Poz nella sua analisi non manleva da oggettive responsabilità.

Forse non sbaglia chi, di fronte alla trattiva con Renault presto arenata ma altrettanto presto ripresa, vede un ulteriore tassello a conferma della tesi che vorrebbe la Famiglia sempre più orientata a dismettere piuttosto che investire. Famiglia poi forse neppur troppo unita nei suoi vari rami se è vero come rumors (e anche qualcosa in più) riferiscono di una non nascosta irritazione da parte di chi, uso a incassare dividendi e più lontano dalle decisioni, avrebbe scoperto dai giornali di quel progetto di fusione sulla via della ripresa dopo che tutto sembrava essere naufragato.

Dalla Francia arrivano segnali di apertura, il presidente di Renault Jean Dominique Senard ha continuato a tenere rapporti con il suo omologo di Fca John Elkann che, dopo aver ritirato l’offerta, si guarderebbe dal fare la prima mossa, lasciando questo onere ai francesi a loro volta ai ferri corti con i giapponesi di Nissan disponibili alla fusione a patto che Renault riduca al 30% la sua attuale partecipazione del 43,4% nel capitale della casa nipponica. Quella dai cui stabilimenti esce la Leaf, l’auto totalmente elettrica più venduta in Europa.

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