OPERE & OMISSIONI

Conflitti d'interesse in autostrada

In attesa della gara per le concessioni, il centrosinistra chiede al Governo di non tagliare fuori la Città Metropolitana (che è contemporaneamente interlocutore istituzionale e socio di Ativa). La presenza di Ossola all'incontro pubblico e il rischio di favorire i privati

“Il tema sempre più urgente da affrontare riguarda la ricaduta sui territori dei vantaggi economici delle concessioni autostradali” e non le salvaguardia di quote di minoranza in una società privata. Nelle parole di Nadia Conticelli, già consigliera regionale oggi responsabile Trasporti del Pd torinese, il nucleo del dibattito promosso a Palazzo Cisterna dai consiglieri dem della Città Metropolitana di Torino. Una questione particolarmente spinosa visto il doppio ruolo dell’ex Provincia, di socio pubblico di minoranza in Ativa, società privata che beneficia di tali concessioni, e allo stesso tempo di ente amministrativo interessato alle ricadute economiche e ambientali di tali concessioni. Insomma, per dirla con Conticelli, “chi gestisce le autostrade è seduto su un enorme sacchetto di denaro, il governo, assieme agli enti territoriali, ha il compito di garantire un ritorno pubblico”. Ma come?

Affidare la rete autostradale a gruppi privati, come si è scelto di fare in Italia, vuol dire garantire a queste società di guadagnare somme ingenti sui pedaggi; in cambio il contratto dovrebbe prevedere per ogni tratta lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria. È questo il “ritorno economico” per il pubblico e quindi per i cittadini. Un “ritorno” che non può esaurirsi con una quota di minoranza all’interno della società che beneficia della concessione: la Città Metropolitana grazie al 18 per cento di Ativa ottiene ogni anno un dividendo tra i 4 e i 5 milioni vincolati alla manutenzione stradale. Si tratta di briciole. Mentre i colossi privati del trasporto su gomma – la Sias del Gruppo Gavio e la Mattioda Autostrade soci di maggioranza di Ativa – continuano a godere di una gestione in proroga che a oggi non impone obblighi di manutenzione straordinaria. Per questo serve una gara pubblica e chiedere al Governo di tutelare l’investimento della Città Metropolitana in Ativa – come fatto dal Pd – rischia, per qualcuno, di trasformarsi in un’azione a favore di Ativa stessa.  

Durante la conferenza stampa di questa mattina, promossa dal consigliere metropolitano e sindaco di Grugliasco Roberto Montà, non è passata inosservata la presenza del presidente di Ativa Giovanni Ossola, stigmatizzata tra gli altri dall’ex senatore Stefano Esposito, gran sostenitore della gara unica per la Torino-Ivrea-Aosta e tangenziale di Torino (ora in mano ad Ativa) e la Torino-Piacenza, gestita da Satap. Il precedente governo aveva immaginato l’accorpamento delle due gare in modo da imporre ai concessionari una serie di opere strategiche tra cui il completamento dell’Asti-Cuneo e il Nodo idraulico di Ivrea: è evidente – come sottolineato recentemente anche da un altro ex senatore, l’alessandrino Daniele Borioli, in passato assessore ai Trasporti della Regione Piemonte – che uno spacchettamento delle concessioni rischierebbe di far saltare l’impianto che al momento tiene in piedi, con il semaforo verde dell’Europa, il piano per il completamento dell’Asti-Cuneo. Peraltro lo spezzatino, inizialmente prospettato da un ordine del giorno votato dalla Città Metropolitana, su iniziativa del Pd, è stato escluso dal sottosegretario ai Trasporti Michele Dell’Orco, il quale, rispondendo a una interrogazione del deputato di Forza Italia Carlo Giacometto, ha spiegato che l’accorpamento deriva da una precisa indicazione dell’Autorità dei trasporti e che non è in atto alcuno studio di fattibilità per pubblicizzare il sistema autostradale torinese.  

“La Città metropolitana di Torino non deve essere messa da parte sulla questione del rinnovo delle concessioni autostradali” ha affermato il vicesindaco metropolitano Marco Marocco, M5s, aprendo l’incontro organizzato dal Pd e che, contrariamente a quanto annunciato ai sindaci, “non ha coinvolto in nessun modo i parlamentari del centrodestra”, come denuncia lo stesso Giacometto. Il deputato dem Davide Gariglio, presente in Commissione Trasporti alla Camera, alla fine degli interventi si è dichiarato “disponibile a essere latore delle istanze del territorio in sede nazionale”. Chiederà subito un accesso agli atti e poi solleciterà una presa di posizione comune a livello locale perché, ha rimarcato, “se non viene fatto qualcosa in via formale, il peso della Città Metropolitana e quindi del torinese nelle scelte sul rinnovo delle concessioni sarà pari a zero”. Fra i problemi segnalati dagli intervenuti la difesa dei dipendenti di Ativa (370 fra diretti e indiretti), ma che, è bene aggiungere, non può trasformarsi in un elemento di pressione sul Governo impegnato a redigere un bando: insomma, garantire tutti o una parte di quei dipendenti non può coincidere con una tutela a oltranza dei loro datori di lavoro. Intanto tra le criticità emerse c’è la prossima chiusura del Monte Bianco nel 2020, che riverserà sulla tangenziale di Torino 350 mila camion in più. Durante l'incontro molti sindaci hanno chiesto la soppressione di alcuni caselli -  Beinasco, Falchera, Rivoli, Trofarello - mentre da Gassino è arrivata la richiesta di chiudere l'anello della tangenziale, proposta sostenuta da deputato azzurro Giacometto.

C’è chi, come il parlamentare Pd Stefano Lepri ha prospettato la costituzione di una società mista formata da Regione e Città Metropolitana che potrebbe partecipare al bando assieme a un privato: percorso accidentato, giacché come affermato da Toninelli in risposta a una interrogazione del deputato di Leu Federico Fornaro, può una società pubblica partecipare al bando – il ministro ipotizza un soggetto costituito dalle regioni Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna – ma a patto che garantisca 305 milioni di valore di subentro agli attuali gestori e 900 milioni di investimenti.

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