TRAVAGLI DEMOCRATICI

Laus punta il dito contro Lepri: "Complice del cecchinaggio"

L'ex presidente di Palazzo Lascaris denuncia la posizione ambigua del suo collega senatore: in minoranza a Roma alleato degli zingarettiani in Piemonte. Nel Pd un clima da resa dei conti che parte da Alessandria ma potrebbe travolgere la segreteria di Furia

“È il frutto velenoso del peccato originale”. Non si sa se dietro quel riferimento biblico il senatore Mauro Laus celi una dose di sottile sarcasmo riferito all’identità cattodem dei destinatari della sua accusa di essere “complici e non meno colpevoli” di quel che sta succedendo nel Pd piemontese. “Sta avvenendo un cecchinaggio dei nostri compagni di area”, accusa un altro parlamentare, Enrico Borghi, puntando il dito verso gli zingarettiani, zingarettosi per dirla con Paolo Furia, “il segretario che non ci vuole nella segreteria” come spiega il deputato ossolano che avverte: “faremo senza problemi la minoranza, ma lui ci deve chiarezza”.

Mentre la macchina organizzativa dell’assemblea itinerante del Pd, in trasferta sabato in quel di Villadossola, avvisa chi vuole passare la notte lì che c’è uno spazio dove montare le tende, altri stanno seriamente pensando di levarle le tende, dalla segreteria regionale. Ma tutt’altro che in silenzio. L’area renziana e post renziana, martiniani e post martiniani diventati lottiani, insomma tutta quella parte che non è zingarettiana è a un passo dall’uscita.

Casus belli la richiesta di dimissioni del segretario provinciale alessandrino Fabio Scarsi da parte dell’area Zingaretti capeggiata dal tesoriere regionale Daniele Borioli e dal capogruppo a Palazzo Lascaris Domenico Ravetti. A ruota altri segnali di “una normalizzazione interna” che se hanno come artefice la nuova maggioranza del partito a livello nazionale, in Piemonte trovano quei “complici non meno colpevoli” di cui parla Laus nel deputato Stefano Lepri e nella sua protégé Monica Canalis, che di Furia è la vice (oltre ad essere consigliere comunale, regionale e in Città metropolitana).

Stare a Roma con coloro che denunciano di essere nel mirino del cecchinaggio zingarettiano e in Piemonte stretti alleati di chi avrebbe l’occhio sul mirino pone indiscutibilmente un problema nel guardare al deputato cattodem torinese, alla vicesegretaria e a tutta quella componente che ha reso possibile il peccato originale. Ovvero “eleggere il secondo contando sui voti della terza”, come spiega Laus riferendosi all’esito del voto dopo le primarie che avevano visto prevalere Mauro Maria Marino, senza però che il senatore superasse il 41,52 per cento.

“Se il segretario regionale assume delle posizioni come quella sulla vicenda di Alessandria e io che lo sostengo nel suo ruolo con i miei voti non intervengo per correggere la rotta significa che sono d’accordo. E se sono d’accordo – ragiona l’ex presidente del Consiglio regionale – come concilio questo con il fatto di stare nella componente nazionale che quelle manovre le denuncia?”.

Non è una voce nel deserto quella di Laus: prima ancora di lui e di Borghi, a intervenire con decisione e senza tentennamenti sulla questione alessandrina, facilmente prevedibile come punta dell’iceberg su cui si potrebbe schiantare il Titanic piddino con tanto di orchestra che suona vecchie canzoni, era stata la renzianissima (titolo orgogliosamente rivendicato e, al contrario di altri, mai abiurato) Silvia Fregolent. “Si vuole andare alla conta, si vuole aprire il vaso di Pandora? Noi siamo pronti – aveva avvertito la deputata torinese – ma sia chiaro che vale per tutti, nessuno può sentirsi escluso”. E, visto l’evolversi della situazione, a non sentirsi esclusi saranno anche e soprattutto quei dem il cui appoggio è vitale per l’attuale segretario. La non improbabile uscita dalla segreteria unitaria, più di nome che di fatto, della componente che fa riferimento a Marino non avrebbe infatti alcuna conseguenza se non quella di evidenziare uno strappo che ormai appare sempre più evidente e che l’aria che tira dalle parti di Alessandria non farebbe che accelerare.

È ancora Borghi a ricordare come l’accordo tra Furia e Canalis abbia dato vita a “una maggioranza numerica, ma non politica, delle minoranze”. Una maggioranza nel cui ambito si giocano diversi ruoli, come attesta la non risolta questione mandrogna: dopo la richiesta di un congresso anticipato da parte di Ravetti e Borioli. Furia si era mostrato più cauto cercando una soluzione meno traumatica, ma questa via sembra farsi sempre più stretta. La questione non è più confinata sulla riva del Tanaro: in programma ci sarebbe un incontro tra Marino e Furia.

Il senatore pare sempre meno o per nulla disposto a sopportare forzature che per la vasta area non zingarettiana hanno ormai l’immagine della normalizzazione e della caccia al renziano o, comunque, a chi non sta dalla parte dell’inquilino del Nazareno. Da quella parte non ci stanno neppure Lepri e Canalis, ma è grazie a loro se lo zingarettoso Furia ha potuto approdare alla guida del partito piemontese. “Il peccato originale”, come lo chiama Laus. L’anomala situazione che vede i cattodem su posizioni diverse e a questo punto antitetiche sul piano nazionale rispetto a quello regionale, sfocerà nella redenzione? O nel redde rationem?

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