INTERVISTA

Nessun salvacondotto del Pd per Appendino

Mentre a livello nazionale regna il caos, il capogruppo dem in Comune Lo Russo non mostra alcun imbarazzo di fronte a un'ipotetica alleanza di governo con i 5 stelle. "Torino ha bisogno di uscire dall'agonia, la sindaca deve andare a casa prima possibile"

“Non cambierebbe nulla. Né il giudizio totalmente negativo che diamo su questi più di tre anni di amministrazione Appendino, men che meno un nostro futuro atteggiamento. Non ci sono spazi di manovra, né ambiguità di sorta”. Nella crisi di fatto non ancora aperta formalmente, ma già la più anomala e imprevedibile nella genesi così come nella sua evoluzione, l’ipotesi di un Governo che veda Partito Democratico e Movimento Cinquestelle insieme resta nel novero delle possibilità. Forse oggi meno di ieri, forse domani più di oggi. “Bisogna vedere cosa succederà il 20 in Parlamento, la situazione è ancora troppo fluida e non è neppure detto che la crisi si apra”. Con questa premessa Stefano Lo Russo, capogruppo del Pd nel Consiglio comunale di Torino, risponde con decisione alla domanda su quale potrebbe essere il rapporto del suo partito nella città dove i grillini governano dopo aver sconfitto il Pd: nel caso le due forze politiche si trovassero insieme a Palazzo Chigi resteranno divise e opposte a Palazzo di Città. Nessun cambio di programma, niente imbarazzi. Del resto persino nella (breve) stagione del Chiappendino, quando la concordia istituzionale tra l'allora governatore Sergio Chiamparino e la sindaca pareva allungarsi fino a Palazzo civico, ha tenuto la barra dritta senza mai deflettere dai compiti di oppositore.

Quarantaquattro anni il prossimo 15 ottobre, professore ordinario al Politecnico, coordinatore della segreteria del Pd regionale quando a guidarlo era Gianfranco Morgando, entrato per la prima volta in Sala Rossa nel 2006, capogruppo e poi assessore all’Urbanistica con Piero Fassino sindaco, di gran lunga il più votato nel 2016 con oltre 2.500 preferenze personali, Lo Russo è il dem che, come si dice con simpatia (e qualche immancabile invidia) studia da sindaco. Per ambire a quella carica non gli si può non riconoscere esperienza, preparazione e quel profilo politico che al momento ne fanno il candidato più autorevole del centrosinistra per provare a tornare alla guida della città.

Gli esami non finiscono mai, professor Lo Russo. Quello per il Pd al governo del Paese con i grillini, per voi che bocciate su tutta la linea i tre anni dell'amministrazione cittadina guidata da Chiara Appendino e rappresentate gocoforza il fronte amministrativo più duro contro il M5s, sarebbe almeno un po’ difficile?
“Assolutamente no. Parlando sempre in astratto rispetto a uno scenario a dir poco imprevedibile rispetto alla crisi di governo, la situazione nazionale è completamente svincolata da quella comunale e quella comunale prescinde totalmente da quella nazionale, qualunque esito abbia questa vicenda. Siamo persone serie, il nostro giudizio sull’amministrazione Appendino non viene e non potrebbe minimamente essere alterato da quello che potrebbe succedere nelle alchimie dei palazzi romani”.

Opposizione dura e pura, qualunque cosa accada?
“Certamente. Noi siamo il primo partito della città, abbiamo il compito importante di costruire il progetto di Torino, che parte da una fortissima discontinuità con questi tre anni di agonia della città. La situazione nazionale non solo non cambia minimamente quella locale, ma anzi ci rafforza nella determinazione di lavorare per far ripartire Torino per il dopo Appendino senza alcun tipo di cambio di giudizio sulla qualità di questa amministrazione che è completamente negativo. Fermo restando che se ci sono provvedimenti che condividiamo li votiamo e li voteremo, questo per dire che la nostra valutazione negativa non è pregiudiziale, ma sui fatti".

La sindaca è sempre più legata, adulata e protetta da Luigi Di Maio. Molto più di Virginia Raggi. E dopo la sconfitta subita a Livorno, Torino per il M5s è ancora di più un simbolo, un baluardo.
“Del Governo ha potuto beneficiare Appendino, non certo la città. Il fil rouge tra di Maio che difende Appendino e lei che si schiera con lui sono due debolezze che si tengono e si legittimano a vicenda. L’avvicinamento tra i due non è un caso che sia avvenuto in un momento d fortissima debolezza di entrambi. Di Maio ha un fedele megafono in terra sabauda e Appendino l’appoggio del capo politico, utile per far sapere alla sua maggioranza, nei momenti di tensione, che il capo sta con lei. In tutto questo la città è una spettatrice che non solo non beneficia della presenza dei Cinquestelle al governo, anzi ne paga conseguenze”.

Sempre nell’ipotesi di un Governo con Pd e M5s insieme, continuereste a chiedere le dimissioni della sindaca?
“Naturalmente sì. Noi pensiamo che Appendino debba andare a casa il più presto possibile e consenta alla città di avere una guida forte e autorevole basa su un progetto di rilancio. Torino beneficerebbe moltissimo delle sue dimissioni anche se lei è ben ancorata alla poltrona, così come tutta la sua maggioranza. Senza dubbio, nello scacchiere dei Cinquestelle l’eventuale caduta politica della sindaca sarebbe un colpo durissimo per Di Maio, al quale del resto costa anche poco sostenerla”.

Un ruolo, comunque, non facile quello che si troverebbe a giocare il Pd a Torino nell’ipotetico scenario di un’alleanza di governo.
“No, non avremmo alcuna difficoltà. Il Pd sente su di sé la responsabilità di fare una proposta e di costruire un progetto di città che possa coinvolgere non solo il quadro politico del centrosinistra ma anche tutte quelle componenti che hanno a cuore la città, convinti che debba ripartire dopo questi anni di morta gora. Un ciclo si è definitivamente chiuso nel 2016, ne va preso atto. Serve riprendere lo spirito che animò la progettualità strategica che aprì alla giunta di Valentino Castellani e dentro di esso ricostruire in maniera laica, prendendo il buono e scartando quel che non funzionerebbe più, un patto tra politica e mondi economici e sociali per fare la Torino che vogliamo”.

Quali i punti principali di questa vostra piattaforma su intendete poggiare la proposta per, come dice lei, lasciarsi alle spalle gli anni dell’agonia prodotta dai Cinquestelle?
“Quattro macro temi. Il primo: la trasformazione fisica, con al centro l’ambiente, l’urbanistica, le infrastrutture e la mobilità. Il secondo: la cultura, questa città ha bisogno di riprendere un disegno culturale che non sono solo gli eventi, ma è la caratterizzazione anche infrastrutturale e l’immagine internazionale della città. Terzo tema: il lavoro, le attività produttive, il commercio, l’industria e il rapporto con l’università, le startup. Quarto, ma non ultimo, tema: i diritti del cittadino, il welfare, i giovani, gli anziani. Su queste basi vogliamo costruire un nuovo e ambizioso progetto per la città”.

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