TRAVAGLI DEMOCRATICI

Dimissioni Canalis, Lepri attacca:
"Pd torinese in balia dei rancori"

Il padrino politico della consigliera, costretta (dallo Statuto del partito) a lasciare due delle sue tre cariche elettive, accusa Carretta e Lo Russo: "Hanno lavorato contro i nostri interessi". Ma la sua posizione raccoglie scarsi consensi e la base lo contesta

Dopo il braccio di ferro, volano gli stracci nel Pd piemontese. E così all’indomani delle dimissioni di Monica Canalis dalla Sala Rossa (e dal Consiglio metropolitano) ad alzare il tiro contro i mandanti di un’operazione “in perdita” per il partito è il deputato Stefano Lepri, mentore e pigmalione della giovane vicesegretaria del partito piemontese che fino alla settimana scorsa assommava ben tre incarichi elettivi. “Avete mai visto sulla faccia della terra un allenatore che, pur di escludere un bravo giocatore che però mal sopporta, manda la sua squadra in campo con un uomo in meno? Sarebbe assurdo – ragiona Lepri –. Invece da noi è successo. Il segretario provinciale di Torino e il capogruppo in Consiglio comunale hanno in ogni modo lavorato per far dimettere una consigliera Pd e per far posto a una che lavora con la Lega. Senza l’accordo del resto della segreteria”.

Lepri mette nel mirino Mimmo Carretta e Stefano Lo Russo, responsabili in tandem, a suo giudizio, di quello che definisce “un autogol da antologia”, “Tafazzi al quadrato”. Il passo indietro di Canalis – che in quanto consigliera comunale risultava per statuto incompatibile con l’incarico appena ottenuto in Regione – ha portato sugli scranni dell’assemblea del capoluogo Federica Scanderebech, prima esclusa nella lista del Pd ma ora passata alla Lega. Lei aderirà al gruppo Misto di minoranza, lasciando immutati i rapporti di forza in Sala Rossa, tra maggioranza e opposizione. Secondo Lepri, però, c’è un “Pd in balia dei rancori” e per questo “segnalerò nelle prossime ore questo fatto ai responsabili nazionali del Partito, perché possano comprenderne pienamente la gravità”.

In realtà nessuno nel Pd ha mai esplicitamente sollecitato le dimissioni di Canalis. Quando lei ha chiesto pubblicamente a Carretta cosa fare a fronte di una situazione di palese incompatibilità di cariche, lui ha rispedito al mittente la responsabilità della scelta (“trattandosi di previsioni statutarie, non ho alcun potere di dispensarne l’osservazione”). Eppure una via d’uscita ci sarebbe stata per salvare capre e cavoli: Canalis poteva lasciare il Consiglio regionale, dove sarebbe subentrato Andrea Appiano (piddino doc). Dopotutto quando è scesa in campo per conquistare Palazzo Lascaris ben conosceva le regole del partito che era appena andata a guidare, da vicesegretaria, grazie al ribaltone in assemblea, di Paolo Furia. Perché, dunque, andare a cacciarsi in quel cul de sac? “Monica Canalis si è dimessa in ossequio allo Statuto del Pd, che prevede l’incompatibilità tra le cariche di Consigliere comunale nelle città sopra i 15mila abitanti, come Torino, e Consigliere regionale – replica Lo Russo –. Ha valutato di dimettersi dall’incarico a Palazzo Civico. Rispettiamo la sua scelta”.

Quel che emerge chiaramente è che sul “caso Canalis” si consuma la prima vera prova di forza tra due componenti del Pd piemontese: da una parte la sinistra zingarettiana alleata con gli ex popolari di Lepri (e Davide Gariglio in fase di avvicinamento) che controlla il partito regionale, dall’altra gran parte degli ex renziani e fassiniani (Carretta, Lo Russo, Daniele Valle, Raffaele Gallo, Giancarlo Quagliotti). Due fronti: da una parte chi non esclude un’alleanza organica anche a Torino con il Movimento 5 stelle, dall'altra i “torinesi”, su questo ben rappresentati da Carretta e Lo Russo, che considerano il governo giallorosso un accidente passeggero e restano su una posizione di fiera opposizione a Chiara Appendino, anche e soprattutto in vista del 2021. Tra un anno e mezzo ci saranno le amministrative e su questo terreno si svolgerà una disputa che potrebbe risultare lacerante per il Pd, con Matteo Renzi pronto a lanciare la sfida con un terzo polo alternativo sia alla Lega sia ai pentastellati. 

Intanto si registrano le prime reazioni alla presa di posizione di Lepri. Tra queste spicca quella dell’ex capogruppo in Consiglio Michele Paolino: “Con questo post fai ulteriormente danno al partito – scrive – metti a disagio e in imbarazzo chi non ricopre nessuna carica e nonostante tutto passa tutti i giorni a portare le idee e i valori del Pd nei mercati, nelle bocciofile, sul posto di lavoro. Se i principi dello statuto, cioè delle regole che ci siamo dati, sono derogabili si rischia di non essere più autentici su nulla. E non evochiamo il rancore: abbiamo ancora le cicatrici per un congresso regionale costruito sul rancore”. E lui sì che lo sa bene.

Durissimo il consigliere comunale Claudio Lubatti: “Se un deputato della Repubblica ha tempo (nel giorno in cui vota uno dei provvedimenti più populisti della storia) di fare un post in cui minaccia il capogruppo della Città di Torino e il segretario della Federazione per aver ottenuto le dimissioni di una consigliera che nella sua doppia carica violava lo statuto, vuol dire che questo partito ha molti problemi. Se minacciandoli di raccontare tutto alla classe dirigente nazionale, che evidentemente viene ritenuta dallo stesso parlamentare così inetta e così di basso livello da accogliere le sue rimostranze, non riceve una netta ammonizione dal segretario regionale o nazionale vuol dire che questi molti problemi non si risolveranno presto”.

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