OPERE & OMISSIONI

Tav, avanti ma non si dice

Per non indispettire gli alleati gillini il Pd procede con discrezione sui binari della Torino-Lione. E a farne le spese potrebbe essere Foietta, che la ministra De Micheli non riceve e non intende rinominarlo commissario di governo

È cambiato il governo ma non l’andazzo. Per carità, dopo il via libera dato obtorto collo dal premier Giuseppe Conte, durante i titoli di coda dell’esecutivo gialloverde, la Tav si fa, ma viene considerata una pratica già evasa, una rogna ormai archiviata e sulla quale non conviene a nessuno riaccendere i fari. A cominciare dal Pd che, proprio per non indispettire i nuovi alleati grillini, non intende muovere passi che possano mettere a repentaglio il governo. Si fa ma non si dice. E a pagare lo scotto di questa entente cordiale potrebbe essere Paolo Foietta, l’uomo della Torino-Lione, legato a doppio filo con il mondo Dem (sua moglie è l’ex parlamentare Magda Zanoni e lui stesso ha partecipato ai lavori dell’ultima Leopolda). Durante i quindici mesi di passione gialloverde si è battuto strenuamente per replicare giorno dopo giorno alle bufale dell’allora ministro Danilo Toninelli: convocava conferenze stampa, produceva documenti, conduceva una battaglia colpo su colpo fatta di dati e numeri, contro il fuoco grillino. E lui la sua sfida l’ha vinta, ma come spesso capita in questi casi “chi combatte sul campo poi viene escluso dai tavoli di pace”. Rispetto al suo alter ego, il direttore generale di Telt Mario Virano, gran tessitore di relazioni col mondo grillino, Foietta aveva scelto la strada dello scontro, soprattutto dopo il diniego a oltranza ricevuto da Toninelli a fronte delle sue richieste d’incontro.

Per anni è stato il numero uno dell’Osservatorio per la Tav e commissario di governo, poi non confermato da Toninelli, il quale non riuscendo a bloccare il supertreno ha provato almeno a stoppare gli uomini che ci stavano lavorando. Cambiata la maggioranza, Foietta si è rifatto avanti chiedendo un incontro al nuovo titolare del Mit, Paola De Micheli, la quale tuttavia ha preferito delegare il faccia a faccia al suo capo di gabinetto Alberto Stancanelli. A guardare il bicchiere mezzo pieno, quantomeno questa volta una breccia a Porta Pia, quartier generale del ministero dei Trasporti, s’è aperta, ma certo l’assenza della De Micheli all’incontro è stata letta da più fronti come un segnale di freddezza. Un comportamento che potrebbe rientrare nella strategia adottata dal ministro per non urtare l’alleato di governo su un tema che sa essere molto delicato per gli equilibri interni al governo. Già in occasione della cerimonia di conclusione dei lavori del primo tratto del tunnel di base in terra francese, a fine settembre, De Micheli non si presentò al cantiere proprio per evitare polemiche e incidenti diplomatici.

Se dal Mit, dunque, è arrivata l’autorizzazione a Foietta di guidare la delegazione italiana nella Conferenza intergovernativa (domani incontrerà il presidente francese Louis Besson), neanche un accenno sarebbe stato fatto al rinnovo del suo incarico come commissario di governo. “Mettiamo le cose in chiaro – dice allo Spiffero – non esiste nessun caso Foietta. È appena nato un governo tra chi ha condotto una battaglia e chi l’ha persa, mi rendo conto che ci sia la necessità di voltare pagina”.

Più articolata la questione legata all’Osservatorio: abbandonato su un binario morto dal precedente governo e riabilitato in chiave regionale da Sergio Chiamparino, ora anche Alberto Cirio vorrebbe rilanciare questo organismo, affidandogli il difficile ruolo di raccordo tra i sindaci della Valsusa con i quali va gestita la partita tutt’altro che semplice dei cento milioni di compensazioni che dovranno piovere sui Comuni interessati, direttamente o indirettamente, dalla maxi opera. Proprio per la caratterizzazione politica di Foietta, difficilmente Cirio potrà affidare a lui le redini dell’Osservatorio e se in un primo tempo il governatore aveva immaginato di essere lui stesso a sedere al vertice di questo organismo, ora pare essere tornato sui suoi passi, ben comprendendo le difficoltà che deriverebbero da un incarico tanto gravoso. Meglio individuare una figura terza, in grado di coniugare sensibilità politica e competenza tecnica. L’identikit è fatto, ma non c’è ancora un nome. Di certo c’è che l’esperienza accumulata in questi anni da Foietta non deve essere dispersa e per questo Cirio starebbe valutando per lui un ruolo più tecnico e defilato, da recitare dietro le quinte, magari come direttore dell’Osservatorio. 

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