LA NUOVA REGIONE

AAA cercasi direttore della Sanità

Dopo il "tedesco" Schael sfuma l'ipotesi Mantoan. Il governatore veneto Zaia l'ha piazzato al vertice di Aifa. Serve un manager di alto profilo che conosca bene i meandri del ministero. Ipotesi Maritati. Cirio: "Vogliamo allargare al massimo e scegliere il meglio"

“Per dirigere la Sanità piemontese vogliamo il meglio”. Ad Alberto Cirio non sfugge il fatto che la poltrona di direttore regionale debba essere attrattiva per accogliere quella “figura di standing elevato” posta da lui come obiettivo. Per questa ragione il governatore è disposto anche a rivedere, ovviamente al rialzo, lo stipendio per quell’incarico in maniera da avvicinarsi o in alcuni casi raggiungere i livelli retributivi di altre Regioni.

Non sarebbe, peraltro, una novità assoluta: esattamente tre anni fa, nell’ottobre del 2017, quando le dimissioni di Fulvio Moirano avevano portato la ricerca di un successore ad individuarlo nell’allora direttore della Programmazione Sanitaria del ministero, Renato Botti, la carta (con)vincente il Piemonte la giocò con la decisione del presidente Sergio Chiamparino e del suo assessore Antonio Saitta di elevare lo stipendio al livello di quello di direttore di azienda sanitaria di prima fascia, aumentato del 20%, per una somma totale che supera non di molto i 200mila euro. Cifra ragguardevole, ma che per vincere la concorrenza di altre Regioni e attrarre quel profilo cui il presidente intende affidare la direzione della materia che pesa sul bilancio dell’ente non meno dell’80%, potrebbe essere ancora aumentata.

L’aspetto economico è, tuttavia, solo un fattore di quell’indicazione che arriva con chiarezza dal presidente quando ormai i tempi si fanno sempre più stretti e anche il novero di papabili perde elementi di spicco. L’attuale direttore Danilo Bono compirà 65 anni il prossimo 12 dicembre e messe in conto le ferie arretrate, la sua uscita da Corso Regina è questione di un mese o forse meno. Nel frattempo nomi circolati come possibili suoi successori con quello standing indicato dal governatore sono, di fatto, usciti dall’ipotetica rosa.

Prima è stata la volta di Thomas Schael, già “inviato” di Agenas in Piemonte all’epoca del piano di rientro per aiutare la Regione a far quadrare e tenere sotto controllo i conti, impresa che valse al “tedesco” come lo battezzarono subito, unito all’appellativo di “mastino”. Il tedesco poche settimane fa è andato a dirigere l’Asl di Chieti.

Ieri anche un altro possibile direttore regionale è sfumato: Domenico Mantoan, il doge della sanità veneta, manager di altissimo profilo che pare non avrebbe disdegnato di assolvere in Piemonte l’analogo incarico che per lui terminerà ad aprile nella regione del Nord-Est è stato indicato da Luca Zaia quale presidente dell’Agenzia nazionale del farmaco, indicazione recepita e fatta propria dalla Conferenza delle Regioni anche se formalmente la nomina spetta al ministro Roberto Speranza.

L’investitura di Mantoan, artefice di uno dei migliori sistemi sanitari regionali, da parte del governatore del Veneto è stata motivata da quest’ultimo come "un riconoscimento alla carriera e alla sua professionalità”. Zaia ha aggiunto che il mananger “è un tecnico puro e peraltro, essendo in pensione dall’aprile del prossimo anno, avrà molto tempo da dedicare ad Aifa". Ma proprio il presidente leghista aveva fatto arrivare messaggi chiari al suo omologo piemontese circa la piena disponibilità a un trasferimento a Torino di Mantoan che, evidentemente, ha deciso di anticipare l’andata in pensione, forse dopo che dal Piemonte non sarebbero arrivati segnali altrettanto chiari. Il risultato è che oggi il Veneto ha la presidenza di Agenas (l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, diretta in passato da Moirano) con l’assessore Manuela Lanzarin e anche quella di Aifa, opzionata ormai un anno fa dall’allora assessore Saitta (in cambio alla rinuncia del coordinamento della Sanità in Conferenza delle Regioni) e poi mai ratificata dal ministro Giulia Grillo.

Svanita la nomina di Saitta, conquistata la Regione da parte del centrodestra, il Piemonte ha conservato il coordinamento in seno all’organismo presieduto dal governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Ruolo importante e di peso quello dell’assessore Luigi Icardi, dove accanto alla figura politica è cruciale quella tecnica, rappresentata proprio dal direttore regionale. Rapporti con i colleghi delle altre Regioni, ma soprattutto interlocuzione con le strutture ministeriali e tutti quegli enti che operano nel contesto della Sanità. Anche, se non soprattutto, per questo motivo il Piemonte ha bisogno di un manager di esperienza, capacità e conoscenza di quegli ambienti che vanno oltre i confini regionali. Icardi, approdato alla Sanità (mondo da cui arriva professionalmente) anche se nella fase di assemblaggio della giunta pareva destinato all’Agricoltura (per suoi ruoli importanti nel settore vitivincolo e conoscenza del comparto) e lui stesso pare non avrebbe disdegnato quell’incarico, è un neofita: perciò quella figura che in passato ha avuto i volti di Moirano prima, poi di Botti e infine di Bono, resta strategicamente indispensabile. Anche per questo c’è chi ha ventilato il nome dell’attuale direttore generale dell’Asl Città di Torino Valerio Fabio Alberti, dirigente dal lungo e prestigioso curriculum, ma che ormai ha raggiunto l’età pensionabile. Un’improbabile quanto ardua forzatura dei limiti imposti dalla legge Madia, risulterebbe del tutto improponibile, ancor più per il fatto che – nell’eventualità – si applicherebbe al fratello della Presidente del Senato.

Dato fuori dai giochi un ritorno di Sergio Morgagni e molto improbabile una “promozione” di Nicola Giorgione, l’ex direttore dell’Aso di Alessandria, oggi in Corso Regina come consulente di rango, Icardi non fa mistero di puntare sul suo braccio destro, Fabio Aimar: al netto delle capacità e dell’esperienza, pare poco praticabile che possa essere una coppia proveniente dalla stessa Asl, quella cuneese, a governare la sanità piemontese. Cirio è propenso ad allargare gli orizzonti, andando fuori dai confini regionali.

Proprio chi guarda, anche fuori dal Piemonte, con attenzione a questa vicenda e azzarda l’affaccio di ulteriori figure per quel ruolo importante a Torino così come a Roma, tra i papabili inserisce Antonio Maritati, attuale coordinatore di Sisac, la struttura di emanazione della Conferenza delle Regioni cui spetta la rappresentanza pubblica nella contrattazione medici di famiglia, pediatri, specialisti ambulatoriali e farmacie. Un aspetto, quello della medicina territoriale, che la nuova giunta afferma di voler incentivare.

Classe ’72, laurea in Scienze Politiche, dirigente amministrativo nelle Asl del Veneto, Maritati, stimato anche da navigatori di lungo corso della Sanità e dei Palazzi dove se ne governano scelte importanti, viene considerato molto vicino a Mantoan, pur con un approccio caratteriale meno ruvido rispetto a quello imputato al Doge appena investito del nuovo incarico da Zaia, a sua volta non certo disinteressato ad occupare anche la casella dell’Aifa. Questo mentre il Piemonte ancora non ha un nome da mettere al comando della sala macchine di Corso Regina. Il profilo, quello però, Cirio lo ha ben chiaro e lo mette come messaggio in bottiglia: “Vogliamo il meglio”.

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