POLVERE DI (5) STELLE

"Sfascio M5s, colpa di Appendino"

Primo candidato sindaco grillino e suo compagno di scranno negli anni di opposizione, Bertola punta il dito sulla sindaca: "Aveva il movimento in mano, ha fallito sia come incendiaria sia come pompiere". E un'intesa con il Pd sarebbe ferale per entrambi

“La responsabilità è sua. Dal 2016 aveva il movimento completamente in mano, nessun altro pesa come lei. Ma lei è stata una delusione sia come incendiaria, sia come pompiere”. È lontano da Torino, in questi giorni, Vittorio Bertola. Da molto tempo, ormai, lo è da quel che è diventato il movimento di cui lui, per primo, a Torino fondò il meetup e di cui fu esponente di primo piano, capogruppo in consiglio comunale dove approdò quale candidato sindaco e sul quale tutti avrebbero scommesso per una ricandidatura con molte più chance rispetto a quella del 2011. Invece venne messo da parte per fare spazio a lei, Chiara Appendino, la Giovanna d’Arco che di quella ostentata intransigenza e di quel rigore sbattuto in faccia agli avversari aveva fatto bandiera e trampolino di lancio.

Genio dell’informatica e di internet, imprenditore tra i fondatori della prima piattaforma musicale Vitaminic, consulente dell’Onu, inizi alla Ominitel di Ivrea, Bertola non è certo della schiera grillina di chi è arrivato alla politica senza passare dal lavoro e che adesso fa di tutto per non dover percorrere la strada all’inverso. Voce libera e critica del M5s delle origini, l’ex consigliere guarda e descrive con disincanto e crudezza, ma con rammarico, quel che sta capitando sotto la Mole. Una città che pareva tinta indelebilmente di giallo e che invece in queste ore è il simbolo della disfatta grillina, con il suo governo che traballa pericolosamente. Sotto gli occhi di quella falange che esultò per la presa di Palazzo civico al grido di “O-ne-stà!, O-ne-stà!” investita dal compito “storico” di abbattere il famigerato Sistema Torino. 

Quindi, ingegner Bertola, la causa e la colpa di quel che sta succedendo in Comune, con una maggioranza sempre più risicata e traballante, ha il nome e il cognome di Chiara Appendino. E gli altri? Il partito dell’uno-vale-uno?
“Gli altri sono state comparse, compresi i perenni scontenti e critici interni che però sono ancora lì sulla sedia quando gli ortodossi sono già in partenza. Siamo al si salvi chi può”.

Però questi abbandoni non hanno un denominatore comune, non c’è una scissione classica, sembra che ognuno vada per conto suo. Non è così?
“A me sembra che il M5s si stia polverizzando in mille rivoli, anche a livello nazionale. Chi è intenzionato a proseguire l'attività politica, sia perché deluso dall'abbandono dei programmi iniziali, sia semplicemente per prospettive personali, cerca alternative altrove. Ed è difficile distinguere subito in quale dei due casi ci troviamo. Come dicevo è una implosione in mille frammenti e mille direzioni diverse, facilitata anche dalla storica eterogeneità del movimento”.

Il movimento è cambiato, è arrivato al governo, ha abbattuto steccati che sarebbero dovuti essere invalicabili, in pochi anni sono cambiate molte cose. In peggio?
“Il movimento ha perso ogni ragione di esistere: per chi era interessato ai principi e ai progetti delle origini dal no alla Tav, allo stop al cemento, al no ai politici di professione, è chiaro che il M5s di oggi non li persegue più. E per chi era interessato alla carriera politica, il consenso in picchiata non offre prospettive, a parte per i pochi nel cerchio stretto attorno a Di Maio, com’è il caso Appendino”.

Lei nel 2017 denunciava, solitario, che “nessuna decisione è più presa dal basso, le discussioni avvengono tra eletti, in stanze chiuse, e vengono poi trasformate in propaganda con cui indottrinare la base e l’elettorato, o al massimo in qualche plebiscito online dall’esito già scritto”. Aveva visto quel che altri hanno scoperto adesso o che allora non volevano vedere?
“La parabola è evidente da tempo, e per certi versi Appendino raccoglie quel che ha seminato, visto che sin dal principio ha imposto sue persone e sue scelte, ed escluso quasi completamente il gruppo consiliare dalle decisioni. Anche i tentativi successivi di sistemare le cose si sono risolti con premi a singoli consiglieri che hanno creato ancora più divisioni e gelosie”.

Ormai la maggioranza è legata alla presenza della sindaca, andrà avanti fino a scadenza naturale questa amministrazione o non ce la farà?
“Non so quanto possa reggere ancora la giunta”.

Si apre una prateria per il centrodestra o il centrosinistra può ancora giocare qualche carta?
“Credo che ci sia spazio anche per un progetto di centrosinistra, purché sia di rottura sia con Appendino che con il periodo di Fassino e Chiamparino. Invece un’alleanza Pd e M5s secondo me sarebbe massacrata, prenderebbe molto meno della somma dei due”.

Quindi fanno bene quelli che nel centrosinistra dicono mai con i Cinquestelle a Torino?
“Secondo me sì, anche perché non si capisce cosa abbia ancora il M5s da offrire alla città, dopo aver provato e aver fallito. Di questa amministrazione si ricordano tante cose negative ma si fatica a ricordarne una in positivo”.

E l’elettorato grillino?
“I Cinquestelle manterranno i voti di uno zoccolo duro, diciamo un dieci per cento”.

Lei ha rimpianti guardando indietro?
“Certamente: il M5s al governo di Torino era una occasione storica per cambiare la città rispetto ai circoli chiusi e rimetterne in circolazione le energie. Invece ha fallito sia nell'essere di rottura sia nell'essere un proseguimento migliore delle linee del passato: non è stato né carne né pesce”.

E la sindaca ha ben presto deluso anche quei mondi assai più vicini a lei e non al movimento che le avevano dato fiducia e che avevano anche concorso in maniera concreta alla sua elezione.
“Sì, è stata una delusione sia come incendiaria che come pompiere”.

Adesso le tocca fare l’equilibrista, ma cammina su una corda che potrebbe portarla ancora in alto del movimento. Lei pensa si stia costruendo un futuro, grazie alla sua vicinanza con Di Maio, ma anche con Casaleggio?
“Certamente lei ha possibilità a Roma, almeno se il governo non crolla prima. Poi nel panorama del movimento di oggi è comunque una delle poche persone con una esperienza sia politica che lavorativa”.

Che effetto le ha fatto la decisione di Aldo Curatella di lasciare il movimento?
“Ricordo che Curatella fino a pochi mesi fa risultava essere uno dei fedelissimi, non un dissidente, per cui cui mi chiederei cosa davvero gli ha fatto cambiare linea. Onestamente dubito che si tratti di una questione di programmi, forse più di rapporti personali”.

Pensa che uscirà ancora qualcuno, insomma che Curatella non sarà l’ultimo?
“No, a meno che non esploda davvero tutto. Se cade la giunta allora altri potrebbero tentare altre strade”.

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