EMERGENZA SANITARIA

Il focolaio novarese allarma Cirio, scuole chiuse altri sette giorni

Il sindaco Canelli e l'assessore Marnati impongono la linea di "estrema prudenza" al presidente della Regione. Esigenze precauzionali di una città troppo vicina alla Lombardia e disegni politici di una Lega che intende (anche) così condizionare il governatore

Fino a qualche giorno fa predicava un progressivo ritorno alla normalità, prospettando un imminente alleantamento delle restrizioni che avevano imposto al Piemonte, al pari di altre regioni colpite dalla diffusione del coronavirus, una sorta di quarantena sociale: chiusura di scuole e musei, cancellazione di manifestazioni culturali e sportive, niente messe e pilates in palestra. Poi ieri, Alberto Cirio ha fatto un repentino dietrofront prendendo le distanze dal governo nazionale che, a suo dire, avevano troppo superficialmente liquidato le insidie ancora presenti per una regione confinante con zone di focolai: la Lombardia e il Savonese. E così dopo la strombazzata decisione di far tornare in aula gli studenti a metà settimana, annunciata sabato scorso, ieri è arrivata la correzione del tiro: facciamo pulire le aule, intanto vediamo come butta la situazione, non è affatto scontata la ripresa delle lezioni. Doccia fredda, alla schiena di migliaia di papà e mamme e, soprattutto, di Fabrizio Manca, il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, come si chiama ora il Provveditore agli studi di antica memoria, che alle 19 di ieri diramava un comunicato per informare che “da lunedì 2 marzo le scuole riaprono ai docenti e al personale Ata e dal 4 marzo agli studenti, che potranno riprendere l’attività didattica”. Non sarà così, probabilmente tutto resterà sospeso fino a lunedì prossimo.

Al termine di una riunione con i capigruppo di Palazzo Lascaris, svoltasi nella tarda mattinata, l’orientamento emerso è quello di procrastinare a lunedì 9 marzo la riapertura delle scuole. La situazione è in continua evoluzione, i casi di positività salgono (al momento sono 51) e seppure non paiono esserci avvisaglie di peggioramento meglio non rischiare: men che meno di indispettire quella parte della maggioranza più esposta sul fronte del contagio: il sindaco e i consiglieri regionali di Novara.

Ieri sera, via social, l’assessore all’Ambiente della Regione Matteo Marnati, non a caso, lanciava un appello alla prudenza: “Domani in giunta si deciderà se chiudere tutta settimana le scuole. Io ritengo che vadano chiuse tutta settimana” recita il suo post, in cui sembra far eco alle parole pronunciate il giorno prima dal sindaco Alessandro Canelli: “La nostra provincia confina con la Lombardia e io sono nettamente in disaccordo con la riapertura delle attività da lunedì”, come avrebbe voluto il governo. E poi per primo metteva le mani avanti: “Non è detto che le scuole riapriranno mercoledì”. La stessa frase pronunciata il giorno dopo, cioè ieri, da Cirio. Questa mattina a mettere un ulteriore carico ci ha pensato il presidente della Provincia di Novara, Federico Binatti, secondo il quale “per evitare la diffusione del Coronavirus,  considerata la vicinanza alla Lombardia, chiederò alla Regione Piemonte di sospendere l'attività scolastica per tutta la settimana”. Poche ore prima plaudiva alla riapertura delle scuole mercoledì. A Novara tutti allineati e coperti.

Così il ceppo novarese riesce a condizionare il governatore e a tenere un’intera regione in standby. Ragioni di tutela territoriale s’intrecciano a chiari messaggi politici. Del resto, nel cenacolo che si riunisce periodicamente attorno a Massimo Giordano (a cui hanno preso a partecipare pure esponenti torinesi) le critiche verso il governo regionale non vengono più neppure mascherate, così come si moltiplicano i mal di pancia sulle nomine di piazza Castello: da quelle (poche) già fatte alle (molte) da fare, a partire dal futuro vertice di Finpiemonte. Il segretario della Lega piemontese Riccardo Molinari al momento sembra aver sposato la linea di San Gaudenzio. Per ora, sottolinea uno degli uomini a lui più vicini.

Cirio sembra non dare troppo peso alla questione dei rapporti politici interni alla maggioranza e anzi, pur essendo stato allertato dal alcuni suoi compagni di partito, a iniziare dal presidente della provincia di Alessandria Gianfranco Baldi, respinge una simile ricostruzione: “Non prenderei una decisione così delicata e difficile che riguarda i bambini e le nostre famiglie per sollecitazioni e, men che meno, pressioni politiche. Penso piuttosto ai miei cuneesi, ai 38 casi dell’Astigiano e a quella parte del Piemonte che, per collocazione geografica, è più vulnerabile”.

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