EMERGENZA SANITARIA

Le fabbriche restino aperte

Attenzione a chiudere le aziende che hanno commesse con l'estero. Gallina (Unione Industriale): "Rischiamo che poi non siano più in grado di riprendere l'attività". In ballo interessi economici e posti di lavoro. Cirio non agisca sull'onda dell'emotività

Attenzione a cedere all’emotività. Arginare l’epidemia è un dovere ma eccedere troppo nelle misure restrittive potrebbe avere un costo economico e sociale altissimo. Di fronte alla proposta del governatore della Lombardia Attilio Fontana, subito sostenuta dal collega del Piemonte Alberto Cirio, in isolamento perché positivo al Covid-19, a mettere in guardia sui rischi di una chiusura delle fabbriche oltreché delle attività commerciali è il presidente dell’Unione industriale di Torino, da poco eletto al vertice della Camera di Commercio, Dario Gallina.

“Se si chiudono le aziende, si perdono ordini e commesse, e i clienti si rivolgono altrove. Questo determinerà la perdita definitiva di posti di lavoro, portando a una gravissima crisi occupazionale e sociale. Rischiamo di scaricare sulla collettività scelte assunte sulla scia dell’emotività” dice Gallina. A chiedere la chiusura delle fabbriche, ieri, era stato Giorgio Airaudo della Fiom di Torino. “Stiamo ricevendo decine di telefonate di imprenditori che si stanno adeguando alle nuove disposizioni per salvaguardare la salute dei loro dipendenti e della collettività – spiega Gallina – ma allo stesso tempo ci dicono che non possono fermarsi perché hanno commesse all’estero”. Le distanze di sicurezza nelle mense, il welfare aziendale con contributi per le babysitter, lo smart working, l’uso delle mascherine nelle officine: ogni azienda si sta attrezzando a suo modo per portare avanti l’attività garantendo un adeguato livello di sicurezza.

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Una mano tesa a Cirio è arrivata dalla presidente di Confcommercio Maria Luisa Coppa, disponibile a garantire il suo sostegno a una ulteriore stretta: “Chiudere tutto per riaprire prima” è il suo messaggio. Secondo gli industriali un compromesso accettabile sarebbe proprio quello di attuare la chiusura di tutte le attività commerciali – con l’eccezione degli alimentari e delle farmacie – tenendo però in funzione le fabbriche in un paese che è la seconda potenza industriale d’Europa e che rischierebbe un contraccolpo troppo duro per riprendersi.  

Gallina ha già mandato a Cirio una nota in cui si dice disponibile a stilare vademecum da imporre alle aziende per garantire la sicurezza sanitaria all’interno degli stabilimenti pur di non dover chiudere. “Stiamo affrontando un momento drammatico: è fondamentale mantenere la lucidità e assumere tutte le cautele per poter operare senza rischi per la salute dei cittadini – prosegue Gallina –. Tale obiettivo non può essere perseguito con il blocco totale della produzione. E questo non lo affermo nell’interesse della parte datoriale, ma per salvaguardare tutti i posti di lavoro che rischierebbero di essere cancellati”. Il rischio, insomma, è che a chiudere tutto tra un mese non ci sia più nulla da riaprire.

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