Medici di famiglia: Preioni ci diffama

Di fronte alle considerazioni del consigliere Regionale Preioni, non si può stare zitti, nel rispetto dei molti medici di medicina generale che hanno lasciato sul campo la loro vita.

Forse, lei, Consigliere Regionale Preioni, non sa che dei 109 medici deceduti ben il 40,9% sono medici di Famiglia e medici di Continuita assistenzale?

Richiedo e voglio quindi rispetto per quanti in questi giorni hanno fatto con abnegazione il loro lavoro.

Forse, lei non sa, Consigliere Regionale Preioni, le disposizioni dettate dalla Regione nel protocollo 9215  del 26/02/2020 dove venivano date scarse indicazioni ai medici delle cure primarie e dove si sottolineava che pur essendo necessario avere a disposizione i DPI, la disponibilità di questi era per la Regione un punto critico.

Ribadisco con forza che la fornitura di DPI era ed è un obbligo delle Aziende Sanitarie Locali e non posso accettare il fatto che ci si nasconda dietro l’alibi del “siete liberi professionist convenzionati, parasubordinati, quindi i DPI adeguati e completi dovete comprarveli voi”

Ok forse per la legge sul lavoro potreste avere anche ragione (lo vedremo!), ma  secondo il principio costituzionale dell’articolo 32 secondo cui la “Repubblica tutela la salute di tutti”, credo proprio di no.

Non importa, Lei forse non sa, Consigliere Regionale Preioni, che ci siamo attivati tuttavia a procuraci almeno guanti, disinfettanti e mascherine, con quel poco abbiamo sempre cercato di rispondee ai bisogni dei pazienti, consapevoli della mancanza delle difese e dell’assenza delle armi.

Dal 23 febbraio 2020 abbiamo chiesto attenzione e condivisione di protocolli operativi ad ogni livello istituzionale. Non voglio dilungarmi, ma ben disponibile a darle ogni tappa dei percorsi fatti, ma non credo che le possa interessare.

Sappia, Consigliere Regionale Preioni, che non ci siamo mai tirati indietro, abbiamo sempre ricordato alle persone che il primo contatto è con il proprio medico di famiglia, presente in maniera capillare sul territorio. Noi medici di famiglia siamo parte del sistema e in trincea e anche con i nostri primi feriti (3 ospedalizzati e 12 in isolamento o quarantena) perché il cuore ci ha indotto a recarci a casa dell'assistito che aveva bisogno anche senza quei Dispositivi di Protezione Individuale.

Al 30 marzo 2020 alle ore 14:00 da comunicazioni su una chat dedicata sappiamo che per 41 MMG sono circa 316 i pazienti monitorati (positivi, sospetti, quarantena)

Ogni medico con paziente sospetto o accertato, ha cercato di essere all’altezza del compito con prudenza in scienza e coscienza, ma anche con il cuore.

Sin dal 25 marzo abbiamoc hiesto un protocollo terapeutico per trattare il paziente a domicilio, in una fase in cui non c’era stata ancora la comunicazione dell’AIFA circa l’utilizzo dei farmaci antimalarici.

Solo un protocollo 16104 del 25 marzo e portato a conoscenza il 29 marzo, vengono date le linee operative di indicazioni all’uso del saturimetro e al pretrattamento farmacologico paucisintomatico del paziente covid-

Indicazioni che ognimedico di famiglia ha messo in atto come monitoraggo, in tutto il periodo dell’emergenza, motivo per cui chiedeva di avere anche armi farmacologiche, secondo un protocollo condiviso.

Abbiamo chiesto e proposto modalità operative per attivare inseme ai medici USCA una presa in carico globale secondo diverse esperienze sul territorio regionale.

Solo il 5 di aprile ci arriva dall Regione la possibilità di utilizzare farmaci secondo linee guida già consolidate e suggerite dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali e dalla Societa Italiana di Medici di Medicina Generae.

Condivisione avvenuta solo venerdi 10 aprile.

In coscienza, ribadisco con determinazioneche i medici han fatto tutto ciò che era nelle loro possibilità, ma queste accuse verso una medicina generale, che ha cercato di essere sempre all’altezza, con pochi mezzi e con tanto cuore, sono infondate ed hanno il solo scopo di far ricadere su di essa responsabilità da ricercare altrove.

E colpevolizzare il medico di famiglia come colui che ha favorito l’epidemia, trova il massimo della diffamazione, che un rappresentante delle istituzioni potesse rivolgere verso una classe medica.

I medici di Famiglia del Vco

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