PALAZZO LASCARIS

Stop a "Omnibus" e Autonomia, Caporetto della Lega piemontese

Dopo il rinvio della Commissione-totem si arena pure la legge collegata alla finanziaria. Tutto merito del capogruppo Preioni, novello Cadorna padano. Ma nella truppa salviniana cresce il malcontento. E una foto diventa l'emblema del clima interno al partito

La Caporetto della Lega, costretta ad ammainare, almeno temporaneamente, la bandiera della commissione per l’Autonomia e subire un non si sa quanto lungo blocco del percorso per varare la legge “Omnibus”, ha il suo Cadorna. I gradi da generale, comandante dellla truppa di Palazzo Lascaris, Alberto Preioni se li è guadagnati nella spartingaia geografica del potere, non certo sul campo dove il partito di (stragrande) maggioranza continua a contare perdite.

Il non essere riusciti a superare gli ostacoli seminati dalle opposizioni dovendo lasciare fermo in commissione il testo-contenitore (dopo già averlo dovuto scollegare dalla finanziaria che avrebbe dovuto fargli da veicolo) insieme alla decisione assunta, obtorto collo, di rinviare a data da destinarsi il varo dell’organismo consiliare per l’Autonomia, fa dell’azione politica della Lega e della conduzione da parte del suo capogruppo una sorta di caso degno di nota, se non di studio. Raramente, se non mai, si è visto un partito avere nell’ambito della maggioranza un peso tale, rasentando il monocolore, senza riuscire a fare quel che in passato non ha richiesto sforzo a chi pure aveva numeri ben diversi.

“Mentre i contagi avanzano e le aziende rischiano di chiudere, la Lega vuole parlare della caccia al merlo”, sintetizzava pochi giorni fa il grillino Giorgio Bertola riferendosi a quel non nascosto tentativo leghista di infilare nell’omnibus, come in un carniere di un cacciatore di frodo, la modifica della legge sulla caccia. Pure lì, su un argomento di forte presa – in chi lo auspica e in chi lo osteggia – il Carroccio salviniano si è impantanato. “E, diciamo la verità, non tanto per la capacità di noi minoranze, quanto per la manifesta incapacità loro”, ammette con un’umiltà che diventa freccia avvelenata il consigliere del Pd Daniele Valle.

Caccia e, insieme, il tema delle cave e quello delle modifiche in materia di stazioni sciistiche: tutto fermo, neppure praticamente partito, in commissione. Ieri il neoassessore alla semplificazione Maurizio Marrone, di Fratelli d’Italia, ha messo il timbro sull’accantonamento dell’omnibus. Nessuno sa e nessuno dice quando verrà ripreso in mano quel testo. L’altro, quello per la costituzione della commissione Autonomia, che la Lega aveva annunciato come uno dei primi provvedimenti della legislatura, spostato avanti anch’esso. Finirà, come già anticipato nei giorni scorsi dallo Spiffero, accorpato alla riforma dello Statuto per consentire un maggiore se non totale allargamento dei posti in giunta per assessori esterni.

Una Caporetto, quella della Lega, nel metodo, ma anche nel merito. Non c’è solo la gestione dei dossier rivelatasi del tutto improduttiva, c’è anche una palese contraddizione rispetto all’enunciato principe, al core business sempre declamato, l’autonomia appunto, ma del tutto accantonato proprio nel momento e nell’occasione che si sarebbero rivelati opportuni. La Regione Piemonte, con la sua principale forza politica che esprime anche l’assessore alla Sanità Luigi Icardi, quando nell’affrontare l’emergenza coronavirus avrebbe potuto applicare nel concreto l’autonomia, ha fatto l’esatto contrario.

“Non si dice di arrivare ai livelli del Veneto, che pure può vantare risultati invidiabili grazie alle sue scelte, ma neppure dell’Emilia-Romagna”, osserva ancora Valle. Innegabile che il Piemonte abbia assunto (o non assunto) ogni decisione aspettando e seguendo alla lettera le indicazioni del Governo, mostrando un centralismo lontano mille miglia da un’autonomia, anche non spinta come quella attuata nelle scelte sanitarie nel Nord Est.

C’è anche, e non marginalmente, questo nel novero delle questioni che acuiscono la tensione all’interno della Lega piemontese. Dietro i veli che una parte della dirigenza cerca di mettere su un crescente malcontento, si staglia con sempre maggior nettezza la posizione critica che ha il suo epicentro nel partito novarese e nei suoi principali esponenti.

C’è un’immagine, non metaforica in quanto di una fotografia si tratta, che guardata attraverso le lenti della politica traduce un messaggio chiaro. L’ha postata Riccardo Lanzo, il consigliere destinato a presiedere la commissione per l’Autonomia e del quale si parla sempre più spesso come possibile successore di Preioni alla guida del gruppo. Insieme a lui ci sono il sindaco di Novara Alessandro Canelli, l’ex assessore regionale ed eminenza grigia della Lega sotto la cupola di San Gaudenzio (e non solo) Massimo Giordano e il segretario regionale Riccardo Molinari. “Foto scattata esattamente un anno fa, la mia preferita in assoluto tra quelle fatte con i miei amici fraterni – scrive Lanzo –. Uniti e forti, sempre insieme, nella battaglia quotidiana della vita e della politica”.

Quell’istantanea non è casuale, come non lo è la didascalia da leggere tra le righe. E lo stesso avanzare della truppa novarese, insieme a Molinari, sembra indicare dopo la Caporetto ormai sempre più insopportabile per una larga fetta del partito, la via e i protagonisti della battaglia del Piave della Lega.