CORONAVIRUS & POLITICA

Gli "invisibili" lavoratori delle Rsa

Protesta davanti alla sede della Regione degli operatori piemontesi delle case di riposo. Sono i nuovi "sfruttati" della sanità, con mille euro al mese, a rischio contagio e nessun riconoscimento professionale. L'incontro con il governatore Cirio

Quasi trecento operatori sanitari delle Rsa, con al braccio la fascia simbolica di lutto per le vittime e i loro cari, hanno manifestato davanti alla sede della Regione Piemonte. Il presidente Alberto Cirio è sceso in piazza per incontrarli e li ha ringraziato per il lavoro che svolgono. La prossima settimana ci sarà un incontro con gli assessori regionali competenti. Gli operatori delle Rsa guadagnano poco più di mille euro al mese e sono sottoposti a ricatto occupazionale nel caso in cui decidano di denunciare le condizioni in cui lavorano: a questa situazione i lavoratori e le lavoratrici delle Rsa dicono basta.

“In prima linea ci sono loro, gli invisibili. Si parla giustamente di premi per gli operatori della sanità pubblica, ma gli operatori delle strutture socio sanitarie e socio assistenziali private vengono considerati professionisti di serie B. Non verrà nemmeno riconosciuto per loro il rinnovo del contratto nazionale, che prevede un aumento” spiegano Elena Palumbo (Fp Cgil), Cristiano Montagnani (Fisascat Cisl), Tiziana Tripodi (Fp Cisl), Nicolino Conconi (Uil Fpl), Luigi Gambale (Uiltucs Uil). Un altro presidio simbolico si è tenuto davanti all’ospedale di Settimo Torinese. Iniziative ci sono state anche in altre strutture del Piemonte.

 “Siamo certi che le centinaia di morti per Covid-19 non si potevano in parte evitare con un’organizzazione assistenziale diversa all’interno delle strutture?”. Da questo interrogativo nasce una profonda riflessione, espressa in una lettera aperta da una rappresentanza degli infermieri e condivisa dall’Ordine professionale di Torino. Un documento nel quale gli infermieri cercano di fare il punto su cosa non abbia funzionato e sul perché molte strutture per anziani siano di fatto diventate focolai epidemici preoccupanti, con un numero di decessi esorbitante e condizioni di vita delle persone “al limite dell’umano”. Il massiccio contagio di ospiti fragili e non autosufficienti, scrivono gli infermieri, “pone seri dubbi in merito all’assistenza erogata in molte Rsa, che va oltre il solo corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. In alcune strutture sono anche stati avviati procedimenti giudiziari dagli organi competenti a cui spetterà di accertare eventuali responsabilità”. La pandemia Coronavirus ha infatti colpito svariate strutture in modo massiccio, contagiando non solo gli anziani ma anche il personale sanitario. “In queste situazioni drammatiche la vera discriminante non pare essere stata la quantità e la modalità di utilizzo dei dpi quanto l’irrisoria presenza – a fronte delle esigenze – di personale infermieristico. Presenza limitata dovuta non a ragioni di malattia ma strutturali, in ossequio a criteri desueti, deliberati ormai da molti anni con provvedimenti normativi regionali”.

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