POLITICA & GIUSTIZIA

"Caso Rosso", emblema di una giustizia ingiusta

L'ex assessore regionale è ancora in carcere. Sono passati più di sei mesi dal suo arresto ma non è stata provata nessuna delle accuse mosse contro di lui. La denuncia di Igor Boni, presidente dei Radicali Italiani

Roberto Rosso non è un mio compagno di partito, anzi. Spesso ci siamo trovati distanti su molte posizioni ma altre volte abbiamo trovato un filo comune di iniziativa sui diritti, sulle battaglie liberali, un filo sottile ma prezioso. I suoi colleghi di partito, a partire da Giorgia Meloni, hanno avuto a mio avviso un comportamento vergognoso, antigarantista e inqualificabile. La politica piemontese che conta nei palazzi del potere non ha perso tempo per scaricarlo. Io non sono nessuno ma lotto per i diritti di tutti da oltre trent’anni e non mi fermo certo in questo caso; non mi interessano convenienze a cui inchinarmi e non accetto le ingiustizie, chiunque le subisca. Non entro nel merito delle accuse che gli sono rivolte ma entro profondamente nel merito di quello che gli sta accadendo, della sua permanenza in carcere da oltre sei mesi che a mio avviso è inaccettabile in un sistema giudiziario sano. Si pensa che possa reiterare il reato? Mi pare ridicolo. Si pensa possa scappare o inquinare le prove? Altrettanto ridicolo. E allora perché?

In attesa di risposte chiedo innanzitutto a tutti i suoi colleghi in Consiglio regionale di smettere di guardare al tornaconto immediato che spinge inevitabilmente a non occuparsi del “Caso Rosso” e di lottare con noi. Abbiamo chiesto inascoltati un Consiglio regionale straordinario sul carcere mentre il contagio da coronavirus era al culmine, per comprendere come governare il disastro in atto. Oggi vi chiedo un sussulto di ragionevolezza e di aprire una finestra sul carcere in Piemonte utilizzando il “Caso Rosso” come emblema, come esempio, come leva da utilizzare. Perché i diritti del detenuto Rosso sono i diritti di tutti i detenuti.

La vicenda di Roberto Rosso non è certo unica ma rappresenta bene cosa significhi l’ingiustizia italiana, ne è metafora perfetta. La realtà è che il carcere non serve a recuperare chi ha commesso reati come prescrive la nostra Costituzione ma è sempre più utilizzato come ricatto o, peggio, come una terribile e lunghissima sala d’aspetto per chi è innocente. Oggi circa un terzo di chi è recluso è in attesa di giudizio definitivo. Lo sapevate? Chi è in attesa di giudizio definitivo è considerato innocente dal nostro ordinamento. Lo sapevate?

Qualcuno dirà subito: vi occupate di Rosso, del politico Rosso, dell’ex assessore Rosso e non degli altri carcerati. Falso. Da Radicali ce ne occupiamo giorno dopo giorno, quasi da soli, da decenni. Dei loro diritti come dei diritti degli agenti di polizia penitenziaria, diritti negati e violati nel disinteresse della politica che usa il carcere per costruire consenso elettorale. C’è un problema? la risposta è sempre “più carcere”, “più pene” per non citare chi dice: “deve marcire in carcere” o “rinchiudeteli e buttate la chiave”.

Il carcere è la cartina di tornasole di una società. Il risultato che abbiamo davanti agli occhi è terribile: le strutture penitenziarie sono discariche umane che nell'emergenza della pandemia hanno mostrato a tutti inefficienze, violazioni, soprusi, inadeguatezze strutturali incredibili. Con buona pace del pessimo Ministro Bonafede.

 *Igor Boni, presidente di Radicali Italiani

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