VERSO IL 2021

"Torino ha bisogno di aria nuova,
e il Pd lasci perdere i poteri forti"

Lepri indica la strada in vista delle amministrative: "Sì alle primarie se non si può fare altrimenti". Jahier meglio di Saracco "perché può penetrare nelle periferie". Col M5s nessuna alleanza "ma serve un candidato non ostile ai suoi elettori"

“A Torino serve aria nuova, dobbiamo uscire dalle solite logiche e dai soliti schemi. Il Pd deve allentare i legami con i poteri forti se vuole tornare a parlare con tutte le componenti della città, a partire dalle fasce più deboli”. Stefano Lepri è stato tra i primi ad arricciare il naso e sollevare il sopracciglio quando a fine dicembre dello scorso anno una velina fece filtrare il nome di Guido Saracco, allora appena eletto rettore del Politecnico, come possibile successore di Chiara Appendino. Ma è stato anche uno tra i pochi, nel giro di sei mesi, a individuare e lanciare una possibile alternativa: Luca Jahier, un torinese a Bruxelles, dov'è presidente uscente del Comitato economico e sociale europeo (Cese), per anni impegnato nel mondo del volontariato e del terzo settore, ma allo stesso tempo ben inserito nel sistema cooperativo (tra i suoi sponsor c’è il segretario generale di Confcooperative Piemonte Nord Fabrizio Ghisio) e delle Acli.

Nel Pd tutto è sospeso. Molto dipenderà dall’esito delle elezioni, dal referendum e dalla tenuta del governo in carica: per questo mentre il partito torinese – per scacciare definitivamente lo spettro di un’alleanza con il Movimento 5 stelle – freme per far partire l’iter della consultazione interna, il segretario regionale Paolo Furia, cui spetta il primo passo, preferisce attendere, muovendosi in raccordo con Roma, senza strappi né fughe in avanti. “Assunto che al primo turno il centrosinistra andrà per conto suo, penso che le primarie non siano affatto da escludere” afferma Lepri. Poi però precisa: “Se il Pd, assieme ai suoi alleati, dovesse trovare una sintesi in tempi brevi senza l’ausilio di una conta interna tanto meglio”. Qualora si andasse a primarie, secondo il deputato torinese, i tempi dovrebbero iniziare a stringersi: “Entro l’anno dovremmo avere il candidato, la cosa migliore sarebbe celebrarle a fine novembre”.

La sua apertura alla competizione interna fa il paio con quanto lo stesso Jahier avrebbe detto a qualche interlocutore in uno dei suoi tanti carotaggi politici compiuti in estate per sondare il terreno dei big locali: nessuna preclusione a partecipare alle primarie qualora si rendessero necessarie. Pronto alla conta.

Va ricordato che in caso di primarie di coalizione il nuovo statuto ha alzato l’asticella dei sostegni per potersi presentare, così da evitare quelle che Sergio Chiamparino ha definito “primarie caravanserraglio”. Servono infatti le firme del 35% dei componenti dell’assemblea o il 30% degli iscritti, quote considerevoli. Al momento i potenziali concorrenti restano sotto coperta. Solo il vicepresidente della Sala Rossa Enzo Lavolta ha rotto gli indugi manifestando l’intenzione di correre, gli altri – veri o presunti – preferiscono attendere l’evoluzione del quadro politico (il capogruppo Stefano Lo Russo) o lanciare segnali ai naviganti (il senatore Mauro Laus). Il mago dei trapianti e vicepresidente di Palazzo Lascaris Mauro Salizzoni, dopo essere stato blandito a lungo dalla sinistra del partito (prima fra tutti la vicepresidente del Senato Anna Rossomando) avrebbe raffreddato gli animi dei suoi sostenitori.   

Lepri e Jahier si conoscono da quarant’anni, cioè “da quando facemmo insieme il servizio civile” racconta il deputato secondo cui il numero uno del Cese “sarebbe in grado di allargare i confini del centrosinistra abbracciando mondi come il terzo settore, l’associazionismo e il volontariato; inoltre ha una spiccata proiezione internazionale e infine la capacità di parlare al popolo, ai segmenti più in difficoltà, con una parola alle periferie”. Infine Jahier, visto il suo cursus honorum, potrebbe essere un candidato “non ostile” per gli elettori grillini nell’ottica di un probabile ballottaggio col centrodestra in cui potrebbe ritrovarsi a fare da ago della bilancia.

E Saracco che pare essersi inabissato nel dibattito pubblico? “Penso che una persona appena eletta per un incarico prestigioso come la guida del Politecnico faccia bene a restare dov’è – conclude Lepri con una stilettata –. Nessuno discute l’autorevolezza del suo nome ma ho qualche dubbio sulla sua capacità di dialogare con gli strati più popolari della città. E poi vorrei una figura che non incarni i poteri forti di Torino. C’è bisogno di aria nuova, di uscire da certe logiche e dai soliti giri”.

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