TRAVAGLI DEMOCRATICI

Un sindaco non "solo" un candidato, Pd torinese di fronte al bivio

Scegliere il più conosciuto (Salizzoni) o l'amministratore competente (Lo Russo)? Vincere le elezioni è importante ma non basta se in ballo c'è il governo di Torino. La direzione provinciale del partito approva la linea del segretario Carretta: decisione entro fine mese

“L’assillo di vincere le elezioni” induce a scegliere Mauro Salizzoni, i “partigiani del merito e della competenza” guardano a Stefano Lo Russo. In una sfida ormai polarizzata attorno a due candidati dai profili ben delineati, la direzione del partito democratico di Torino ha svelato definitivamente le forze in campo. Le parole di Ilaria Gritti, consigliera di circoscrizione e componente della segreteria regionale del Pd, componente di sinistra vicina al sottosegretario Andrea Giorgis, fotografano bene lo stato d’animo di chi oggi cerca prima di tutto un candidato, e poi un sindaco, con “l’assillo”, appunto, di non perdere di nuovo, come accadde nel 2016. Nelle parole “merito” e “competenza” pronunciate dal senatore Mauro Laus ” traspare invece la consapevolezza di chi, dopo le elezioni, sa che bisogna amministrare una città complessa, ancor più dopo un anno e mezzo di Covid.

Nella lunga notte in cui la federazione del Pd ha definitivamente archiviato le primarie (tra coloro che hanno chiesto strenuamente un ripensamento ci sono Giorgis e il collega a Montecitorio Davide Gariglio), resta ora un enorme punto interrogativo su chi e come prenderà la decisione. Nella relazione del segretario Mimmo Carretta, approvata con 28 voti favorevoli, 16 astenuti e un solo contrario, vengono messi essenzialmente due paletti. Uno è sui tempi: la scelta del candidato dovrà avvenire entro la fine del mese. L’altro riguarda la rivendicazione che sia il partito di Torino a scegliere (assieme alla coalizione); e non gli altri livelli come vorrebbe Gariglio secondo cui “devono incontrarsi il segretario provinciale, quello regionale e quello nazionale e insieme trovare una soluzione”. Non è questione di lana caprina, questo è evidente: Carretta sa bene che finché gioca in casa è in grado di determinare l’esito della discussione, ma oltre la cinta daziaria tutto è più complicato. 

Il parlamentare Stefano Lepri, scaricando ieri in diretta il suo ormai ex candidato, Luca Jahier, ora è annoverabile tra gli “sfegatati” del mago dei trapianti di fegato, posizione – dicono in molti – sulla quale sarebbe stato portato quasi a forza dalla sua pupilla Monica Canalis, animata da un certo astio nei confronti di Lo Russo, reo di non averla difesa abbastanza quando il partito le impose di scegliere tra i suoi quattro incarichi (era consigliere comunale a Torino e nella Città Metropolitana, oltreché vicesegretaria regionale e neo eletta a Palazzo Lascaris).

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Gli ultras di Salizzoni vedono attorno alla figura del chirurgo l’affermazione di un posizionamento politico, lasciando in subordine le esigenze amministrative. Eppure anche tra coloro che, più o meno sinceramente, indicano nel vicepresidente del Consiglio regionale la figura più adatta ad allargare il consenso del centrosinistra inizia a farsi largo la preoccupazione su cosa succederebbe nell’eventualità di un successo elettorale. A sintetizzare una certa opinione diffusa è proprio Lepri, sostenitore di un ticket che prevede Lo Russo vice di Salizzoni, con il primo in grado di catalizzare il maggior numero di voti e l’altro a dare poi solidità a una squadra che avrà l’onere di guidare la città in caso di successo. Posizione che tradisce implicitamente la debolezza del chirurgo, che tra delibere e determine risulterebbe non esattamente a suo agio come lo era invece con il bisturi. Non a caso nelle chat interne sta circolando in queste ore un articolo di Ignazio Marino, ex sindaco di Roma, nel quale ammette candidamente: “Ho fallito perché amministrare non è come stare in sala operatoria”. 

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