GIUSTIZIA

Fallimenti sospetti, indagato Ambrosini

Avviso di garanzia per concorso in bancarotta al noto professionista torinese. "Allibito per questa iniziativa, quelle procedure furono valutate positivamente dal commissario giudiziale e dallo stesso tribunale". Nel mirino il gruppo Mastagni

Un’inchiesta della guardia di finanza e della procura di Torino porta alla luce una catena di presunti reati fallimentari nelle vicissitudini di società, legate alla famiglia Mastagni, che hanno stampato quotidiani e settimanali di importanza nazionale. Il blitz è scattato questa mattina. Le Fiamme Gialle del nucleo di polizia economico-finanziaria hanno notificato un ordine di custodia cautelare ad Andrea Mastagni, imprenditore con fama di risanatore di aziende, Stefano Mastagni e un terzo personaggio, Diego Pomo, descritto nelle carte dell’indagine come una “testa di legno”; quindi hanno eseguito perquisizioni a Torino, Forte dei Marmi, la Spezia, Massa Carrara, Milano, Pescara e Roma. Fra i sedici indagati (tredici a piede libero) spicca il nome del torinese Stefano Ambrosini, professore e avvocato, già presidente (fino al 2019) di Finpiemonte, la finanziaria della Regione.

Secondo la ricostruzione del pm Ciro Santoriello, il cosiddetto “gruppo Mastagni” gestiva di fatto un circuito di imprese collegate fra loro. Quando una mandava segnali di crisi, si procedeva a una serie di fusioni e ristrutturazioni che ne aggravavano la situazione; nel frattempo si creava una nuova società cui conferivano beni, asset e valori. La palla al piede del gruppo veniva lasciata affondare. A volte però si tentava la carta della procedura concorsuale: qui entrava in gioco Ambrosini, il quale, sempre secondo le indagini, in un paio di occasioni preparò il piano di concordato senza badare alle condizioni di fattibilità e nascondendo i dati sulle effettive risorse dell'impresa. Un sistema, sempre secondo l’accusa, che consentiva agli imprenditori di sottrarre beni ai danni dei creditori e ai professionisti di intascare laute parcelle. Tre, in particolare, sono i fallimenti – tutti dichiarati dal tribunale di Torino fra il 2015 e il 2016 – entrati sotto la lente della procura: quelli della Piemonte Printing, della Sepad e della Nuova Sebe. Il passivo è quantificato in circa 40 milioni.

“Mi auguro di essere sentito al più presto dagli inquirenti per fornire tutti i chiarimenti tecnici del caso, che peraltro avrei dato senza alcuna difficoltà ove convocato come persona informata dei fatti”, commenta il professor Ambrosini, dichiarandosi “letteralmente allibito per questa iniziativa, che ipotizza un coinvolgimento mio e del valido e serio collega Marco Aiello in un concordato i cui presupposti sono stati a suo tempo positivamente valutati non solo dall'attestatore a ciò preposto, ma anche dal commissario giudiziale e dallo stesso tribunale fallimentare”. “Se poi ci sono state fraudolentemente fornite carte che a distanza di parecchi anni risultano inattendibili, siamo noi per primi parti lese di una truffa e ovviamente ci attiveremo per tutelare i nostri diritti – aggiunge Ambrosini –. Registro comunque che ormai assistere imprese in crisi è diventata una vera e propria attività pericolosa anche per professionisti seri e preparati e che il tasso di inciviltà giuridica in Italia ha raggiunto livelli inimmaginabili solo pochi anni fa”.

print_icon