TRAVAGLI DEMOCRATICI

Pd, fumata nera al conclave segreto

I vertici della sinistra e gli aggregati cattodem si riuniscono per "fare sintesi" sul candidato sindaco di Torino. Manovre per ostacolare Lo Russo. Salizzoni disponibile al passo indietro, Lavolta e Pentenero neanche ci pensano. E le primarie online restano una chimera

Un incontro mai avvenuto. Doveva rimanere segreto il summit di venerdì scorso tra quattro parlamentari torinesi del Pd e tre aspiranti alla candidatura a sindaco di Torino. E in effetti, per qualche giorno, la consegna del silenzio è stata rispettata e l’invito a tenere la bocca chiusa, formulato con toni piuttosto categorici da uno dei presenti, la senatrice Anna Rossomando, ha impedito spifferate indiscrete. Poi, vuoi per la cedevolezza di un paio di presenti, piuttosto inclini alla chiacchiera, vuoi per l’esito, alquanto deludente, del “vertice”, radio fante ha iniziato a diffondere la notizia.

Ospiti di Davide Gariglio, nella sede della sua associazione Prospettive 2030, esponente della sinistra tranviaria, oltre alla vicepresidente del Senato, assai preoccupata che le tresche di partito possano mascariare la sua immagine di paladina delle procure (tradendo l’imbarazzo di dover parlare con compagni indagati), il deputato di rito cuperliano Andrea Giorgis e il collega cattodem Stefano Lepri. A metà tra consesso di saggi e plotone d’esecuzione, i quattro maggiorenti piddini si sono incaricati di trovare una soluzione in grado di far uscire dal ginepraio il centrosinistra. E, riferiscono i nostri insider, hanno provato a “fare sintesi”, per dirla in politichese, tra Enzo Lavolta, Gianna Pentenero e Mauro Salizzoni, la trimurti con cui la sinistra interna vuole sbarrare la strada a Stefano Lo Russo, il più titolato a correre per Palazzo civico ma ai loro occhi troppo moderato e riformista. Il problema è che, al netto delle buone intenzioni (di cui, com’è noto, è lastricato l’inferno) i quattro parlamentari, diversi per temperamento, estrazione politica e obiettivi, sono d’accordo su un’unica cosa, quella di ostacolare la candidatura del capogruppo in Sala Rossa. Troppo e troppo poco.

E, infatti, la loro missione è fallita. Salizzoni si è rimesso alla volontà dei suoi cinici pigmalioni: “Se serve ci sono, se serve che non ci sia non ci sono” è stato il succo di un pensiero che ribadisce con sincerità disarmante sin dall’inizio. Come a dire: me lo avete chiesto voi di rendermi disponibile, se i vostri programmi sono cambiati pronto ad adeguarmi. Diversa la posizione degli altri due contendenti che invece hanno ribadito di essere e restare in campo.

Insomma, consultazioni fallite. Lepri conferma un’impostazione che lo vede alleato alla sinistra “thailandese” del partito, dopotutto è sui suoi voti che si regge la segreteria di Paolo Furia. Gariglio, altro erede della tradizione popolare, pur appartenendo a Base Riformista – la corrente degli ex renziani in cui convive con i colleghi Mauro Laus e Francesca Bonomo, entrambi schierati con Lo Russo – si è sempre ben guardato dal garantire il suo endorsement all’ex assessore di Piero Fassino. Diffidenze personali si mescolano a un tatticismo esasperato che, se da una parte finora ha reso dal punto di vista dell’interdizione, dall’altro fatica a tradursi in una posizione condivisa. Il fronte resta unito contro Lo Russo ma diviso sull’alternativa. E dell’applicativo atteso per fine febbraio dal Nazareno per le primarie online non si hanno notizie. 

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