COVID & POLITICA

Selfie in terapia intensiva, iniziativa shock di Gusmeroli

Il deputato leghista posta sui social le foto della sua visita nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Borgomanero. "Voglio dar voce a ciò che succede vicino alle nostre case", spiega. Ma era davvero necessaria (e giustificata) una simile passerella nel dolore?

Non ne usciremo migliori, questo è ormai assodato. Tutto o quasi ci si sarebbe potuti attendere in questa pandemia fuorché vedere un deputato, in questo caso l’ex sindaco di Arona Alberto Gusmeroli, della Lega, entrare in un ospedale cercando poi di spacciare la sua passerella come una missione per testimoniare all’esterno quel che accade nei letti dove si soffre, si lotta con la vita. Soli. Senza un parente, un volto amico, che non siano quelli dei medici e degli infermieri. E lui, il commercialista lacustre inebriato dal potere romano, invece entra. Ed entra – incredibile – addirittura nei reparti di terapia intensiva, cammina su quell’argine del fiume che divide dalla vita alla morte, precluso a tutti, come sulla sponda di una qualunque campagna elettorale. Pure con “Gus”, il diminutivo, scritto sul camice di cui lo hanno bardato. E come se fosse alla fine di un comizio tocca le mani. Mani che si aggrapperebbero a qualunque cosa, che non si staccherebbero da quelle famigliari, invece negate.

A lui, il politico che entra nell’ospedale di Borgomanero come fosse parte del suo feudo, invece è concesso. Patetica e stucchevole la spiegazione che ne da postando quelle foto di dolore, quelle immagini che invocano pietas che lui ha tradotto in post banali. No, non c’è bisogno della onorevole passerella tra il dolore, per sapere cosa succede negli ospedali. E se, come il parlamentare sostiene, questa è la ragione alla base della richiesta pervenutale dal direttore generale dell’Asl Arabella Fontana e da un gruppo di primari, è lecita e doverosa una richiesta sulla legittimità e la regolarità dell’agire di chi ha la responsabilità di guidare un’azienda sanitaria in un momento complicato come questo. Non solo è legittimo chiedersi se non solo il deputato consideri quell’ospedale una parte del suo feudo, ma triste e inquietante è doversi domandare se chi lo dirige e alcuni di coloro che vi lavorano la pensino altrettanto così. Una risposta, comunque, è dovuta.

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