POLITICA & SANITA'

Rsa, anziani ancora "prigionieri"

Strutture che continuano a imporre barriere tra ospiti e famigliari. Tamponi anche a chi è vaccinato. Test a pagamento. Decine di segnalazioni raccolte dalla Fondazione Promozione Sociale. La Regione sta verificando cosa succede nelle case di riposo?

Parenti sul balcone, anziani al di là del vetro. Altri congiunti sottoposti ai tamponi anche se vaccinati. Ancora: per entrare tampone rapido, guanti e camice, totale 15 euro. Ma si arriva addirittura a mettere in isolamento per 15 giorni un’anziana non vaccinata dopo la visita di un quarto d’ora della nipote, con mascherina e rispettando il distanziamento. Quattro immagini, drammatiche quanto inaccettabili, di quel che sta capitando in altrettante Rsa di Torino e provincia, ma che fotografano una situazione assai più diffusa e non certo circoscritta a una sola provincia del Piemonte. Le segnalazioni che continuano ad arrivare alla Fondazione Promozione Sociale, presieduta a Maria Grazia Breda, così come ad altri comitati che riuniscono i famigliari degli ospiti delle case di riposo confermano una situazione ben lontana da quella descritta dai gestori e dalla stessa Regione dopo la circolare del ministro Roberto Speranza che ha dato precise disposizioni sulle riaperture alle visite nelle Rsa. Disposizioni che non in tutti casi vengono applicate.

“Nulla di cambiato: visita di 15-20 minuti una volta a settimana. Parenti sul balcone, ricoverati nella loro stanza con finestra chiusa. Operatore socio-sanitario che al termine dei minuti concessi porta via il malato nella sala comune”, denuncia Andrea Ciattaglia, portavoce della Fondazione Promozione Sociale, riferendo quel che egli stesso ha appurato in prima persona visitando ieri una struttura di Torino. Al di là degli annunci e dei plausi reciproci tra Regione e alcune sigle di rappresentanza dei gestori, dietro descrizioni di strutture dove da alcuni giorni – la circolare ha effetto da domenica scorsa – si sarebbe tornati alla normalità pur osservando le cautele indicate, c’è una realtà ben diversa che purtroppo ad oggi non si è in grado di quanto diffusa. Che non si tratti di casi isolati lo attestano le segnalazioni, ma se anche così fosse resterebbe inaccettabile. Il velo di troppo entusiastici annunci nasconde quello che non dovrebbe più accadere e su cui non si può non procedere immediatamente con accertamenti da parte di chi è tenuto a farlo.

Non consola affatto sapere che succede non solo in Piemonte. “L’ordinanza ministeriale dell’8 maggio con la quale il ministro Speranza ha autorizzato la ripresa delle visite in presenza dei familiari all’interno delle Rsa viene interpretata caso per caso dalle singole Regioni e Rsa, generando solo caos e confusione nei familiari”, denuncia Dario Francolino, presidente del comitato Orsan, uno dei molti che rappresentano i famigliari degli ospiti. “Chiediamo al ministero della Salute di emanare subito una circolare attuativa, indirizzata alle Regioni e alle singole direzioni delle rsa, che chiarisca in maniera inequivocabile le condizioni per l’accesso dei familiari alle visite in presenza, senza barriere e divisori, il cosiddetto Green Pass". E se ci sono, come purtroppo ci sono, strutture che non applicano le nuove regole o che le interpretano in maniera illegittimamente restrittiva, le associazioni dei famigliari ricordano come “l’ordinanza del ministro annulla tutte le disposizioni di livello gerarchico inferiore, quali ordinanze regionali e disposizioni delle Asl e chi non si adegua commette un reato, contro la legge oltre che contro la civiltà”.

La stessa ordinanza divide i gestori tra chi l’ha accolta senza sollevare obiezioni e chi, invece, come nel caso di Anaste, Agidaie, Uneba e Aria, alcune delle 12 sigle associative che rappresentano le strutture piemontesi, ne lamenta diverse criticità e, sul fronte dei tamponi rapidi che la Regione mette gratuitamente a disposizione dei visitatori, solleva il problema del personale. Posizioni differenti all’interno dello stesso settore che, però, non possono giustificare – né da chi sostiene che tutto funziona alla perfezione, né da chi denuncia problemi – una pesantissima ricaduta sugli anziani e sui loro parenti. Le stesse Asl con le commissioni di vigilanza non possono che essere chiamate a verificare in maniera immediata e capillare quel che davvero sta succedendo nelle strutture. “Ci sono Rsa dove, nonostante l’annuncio della Regione, i tamponi non si fanno costringendo i parenti a fare altrove il test valido 48 ore e quindi imponendo una spesa di 120 euro per quattro ingressi al mese”, denuncia ancora Ciattaglia con davanti i nomi delle strutture inadempienti. 

“Le regole fissate dal ministro della Salute sono chiare e immediatamente applicabili in tutte le Rsa allo stesso modo. Non è più legittima la discrezionalità dei direttori sull'apertura o meno, le limitazioni discrezionali vanno segnalate pubblicamente, non sono più accettabili”, sottolinea la fondazione presieduta da Breda. “Tra l'altro, l'ordinanza prevede che le Rsa debbano tempestivamente comunicare alla Regione con che modalità aprono e disciplina anche il contatto , abbracci, strette di mano, tra visitatori e degenti, così come la possibilità di uscite e rientri a domicilio". È stato fatto? La Regione ha un quadro aggiornato e reale della situazione? Dopo più di un anno vissuto da reclusi, gli anziani così come i loro famigliari, hanno l’assoluto diritto di veder rispettate le nuove regole. Senza se e senza ma.

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