VERSO IL VOTO

Rinaudo è una sicurezza, almeno per Damilano

L'ex pm anti No Tav, oggi commissario regionale per l'emergenza Covid, entrerà a far parte della squadra del candidato sindaco di centrodestra. E, in caso di vittoria, per lui sono pronte deleghe di peso sul fronte della legalità

È pronto a scendere in campo per Paolo Damilano e il candidato sindaco è pronto per averlo al suo fianco in campagna elettorale e, se vincerà, a Palazzo di Città come assessore. Il futuro “pubblico” di Antonio Rinaudo, per 41 anni magistrato, con un presente da commissario per l’emergenza Covid e in questi mesi a capo del coordinamento della campagna vaccinale, è legato a filo doppio con il destino politico dell’imprenditore cui il centrodestra affida le, mai concrete come in questa occasione, speranze di conquistare per la prima volta il governo di Torino.

Non scenderà nell’agone come candidato l’ex pm che raccolse le confessioni del primo pentito delle Brigate Rosse Patrizio Peci e che anni, decenni, dopo tenne posizioni molto rigide nei confronti delle frange violente dei No Tav. Un “duro”, le cui simpatie destrorse non sono affatto un mistero, che viaggia ancora sotto scorta. “Salutiamo un magistrato che ha dato tanto alla procura di Torino e alla giustizia italiana. Non soltanto nella lotta al terrorismo, ma in tanti altri ambiti”, disse l’allora procuratore capo Armando Spataro al momento in cui il pm, arrivata l’età della pensione e dopo aver coordinato le prime indagini per i tragici fatti di Piazza San Carlo, lasciò Palazzo di Giustizia. Non, come si dice, per andare ai giardinetti. Quando il Covid non è ormai solo più una notizia cinese, ma piomba anche in Italia diventando pandemia e la Regione s’affretta ad allestire l’Unità di Crisi, il governatore Alberto Cirio chiama lo chiama a gestire l’area giuridica dell’emergenza.

Dicevamo, non si candiderà Rinaudo. Per lui, come conferma lo stesso entourage di Damilano, è pronto un posto nella futuribile giunta: legalità, sicurezza, i temi connaturati al profilo dell’ex magistrato pronti a diventare deleghe. Un posto prenotato, senza passare per le urne, o meglio non facendolo in maniera diretta. L’attuale commissario per la campagna vaccinale non sarà in alcuna lista, se non in quella dei futuri assessori dei quali è al momento l’unico che trapela dallo staff del candidato sindaco che non vede l’ora, appena arriverà l’attesa investitura ufficiale, di condurre la sua campagna elettorale con spesso al suo fianco colui che è stato una toga dura, anche nei modi che conserva nell’approccio pragmatico e d’ordine nell’attuale incarico affidatogli dalla Regione.

A quanto si dice Rinaudo porterà moltissimi voti, di opinione, di fiducia, ma anche di quegli ambienti della sanità in cui ha operato a lungo a livelli dirigenziali la moglie e in cui lui, da più di un anno, è diventato una figura nota e riconosciuta. Una dote portata all’imprenditore che non nasconde l’intenzione di “spendere” (come si dice in politica) il nome di Rinaudo, convinto del suo potenziale elettorale nonché dell’apporto che gli fornirebbe nel caso di vittoria e, dunque, di amministrazione della città.

“Non so se avrei avuto l’equilibrio giusto per fare il giudice – ammise in un’intervista –. Nasco con la mente accusatoria, da pubblico ministero”. E sul processo ai NoTav protagonisti di un assalto ai cantieri e alle forze dell’ordine ai quali aveva mosso l’accusa di terrorismo, poi non accolta dal giudici, non cambiò opinione: “Fu la scelta corretta, ne sono fermamente convinto: i giudici decisero in altro modo, e l’ho accettato, ma penso si sbagliarono. Vedremo se il tempo mi darà ragione. Chi lancia molotov come li si può altrimenti definire?”. Parole che, insieme a una più ampia visione della legalità, non potranno che far breccia in una gran parte dell’elettorato. A chi gli ha chiesto se si senta un ex pm di destra, ha risposto: “Se mi etichettano così perché sono deciso a perseverare nella mia strada per l’affermazione della giustizia, allora sono di destra. Ma certe scelte investigative non hanno connotazione politica. Oppure dicono così perché sono più amato di altri da polizia e carabinieri”.

Un approccio duro, senza diplomazie, anche quello che l’ex magistrato ha mostrato in questo anno e più sul fronte dell’emergenza, con atteggiamenti non di rado visti da molti come eccessivamente decisionisti e, certamente, lontani dai passi felpati di una certa dirigenza. Rinaudo – lo hanno capito anche nell’Unità di Crisi, al Dirmei e pure in assessorato dove il titolare della Sanità è stato protagonista di uno scontro con l’ex pm – è così. Prendere o lasciare. E Damilano non ha avuto dubbi nel prenderlo, così com’è. Forse proprio per questo.

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