RETROSCENA

Nuova casa del centrodestra, tutti bussano alla porta di Cirio

Mai come in queste ore il governatore è corteggiato. Zangrillo gli chiede di farsi garante dei destini di una manciata di parlamentari forzisti, Crosetto tenta di dissuaderlo. E anche nella Lega conta molti supporter. La telefonata con Berlusconi

Travolti da un insolito destino nell’azzurro ormai un po’ stinto, i berluscones si trovano uniti ai leghisti in uno smarrimento, ancor prima che nella federazione prossima ventura. I promotori paiono aver più facilità (o convenienza) a dire cosa non è, piuttosto che cosa sarà: non un matrimonio, non una fusione, figuriamoci un’annessione, ripetono tranquillizzanti Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, quasi a una voce sola. La notizia è piombata come un fulmine a ciel sereno sulla testa di molti, in un partito e nell’altro, e non solo nelle terze e quarte fila. Il colpo di fulmine tra i due leader è scoccato, anch’esso improvviso e inatteso, e già in Piemonte c’è chi prevede e teme l’arrivo della tempesta. Perché certo, ci sono le intenzioni “nobili” di rifondare il centrodestra, c’è la scommessa da cogliere per dare un nuovo contenitore a una coalizione che dovrà essere plurale e nello stesso tempo unitaria, ma poi ci sono le concrete questioni personali: gli assetti di potere, gli equilibri politici, le rappresentanze. Tradotto: il destino di tanti parlamentari ed eletti a tutti i livelli.

E non pare un caso che proprio alla vigilia della mossa di Salvini e del successivo convinto via libera di Berlusconi, quando qualche avvisaglia di ciò che sarebbe accaduto c’era, Alberto Cirio si sia attovagliato, nel giro di pochi giorni prima con il coordinatore regionale azzurro Paolo Zangrillo e poi con Guido Crosetto, l’ex sottosegretario che a dispetto del suo presentarsi come battitore libero è, nei fatti, uno dei punti di riferimento del partito di Giorgia Meloni, non solo in Piemonte.

Tra una portata e l’altra Zangrillo ha messo sul tavolo l’ipotesi e l’esortazione al suo commensale perché incominci a ragionare su un suo ruolo di garante per gli azzurri in Piemonte, a partire dai parlamentari. Soprattutto i due che gli sono più intimi: Roberto Pella e Roberto Rosso. Una sorta di polizza assicurativa che nella testa di Zangrillo dovrebbe essere avallata da Cirio. Il governatore non si sottrarrà certo al suo anche se la sua lista di “sommersi e salvati” è affatto diversa da quella che gli ha sottoposto Zangrillo e include quei deputati e senatori (da Claudia Porchietto a Gilberto Pichetto a Carlo Giacometto)  che più di altri lo stanno sostenendo nell’attività di governo della Regione quali ufficiali di collegamento con i palazzi romani.

Qualche giorno dopo altro tavolo, stavolta quello “da Giovanni” in via Gioberti, per chiacchierare con l’amico Guido come non di rado capita a Cirio. Nulla di ufficiale, nulla che non vada oltre un momento conviviale in amicizia, vista anche la presenza della moglie de gigante di Marene, la versione fatta trapelare da entrambi. Ma chi può escludere che il presidente delle aziende della Difesa, sempre politico in servizio permanente effettivo con i più alti gradi in FdI, abbia provato a sondare e magari dissuadere l’amico Alberto dall’assumere un ruolo attivo e magari di primo piano nella futura federazione. Che se piace poco o nulla alla Meloni, non di meno è gradito a Crosetto.

Invece Cirio ha davanti a sé un’occasione d’oro, confermando la sua fama di Gastone fortunello. Se fino a qualche mese fa per il governatore il problema era trovare una nuova casa politica, tant’è che fu vicino ad entrare proprio nel partito di Meloni e Crosetto, oggi il disegno di Salvini, approvato e caldeggiato da Berlusconi, offre di fatto a Cirio le chiavi della nuova casa in Piemonte, servite su un piatto d’argento dai nuovi inquilini. Il presidente, che nelle scorse ore ha ricevuto una telefonata da Arcore e ha avuto modo di raccogliere direttamente dalla voce del Cav. alcuni dettagli dell’operazione in corso, è più che mai crocevia delle diverse anime forziste e interlocutore privilegiato degli ormai tanti fuoriusciti (costante è il rapporto con il collega Giovanni Toti, ad esempio).

Se per il presidente si annuncia un futuro da amministratore del condominio legaforzista, passi più cauti sembrano profilarsi per un percorso verso un’unione dei gruppi consiliari a Palazzo Lascaris. L’ipotesi di fusione viene esclusa, almeno a breve, togliendo dal dilemma su a chi assegnare per “meriti sul campo” la guida, tra Alberto Preioni e Paolo Ruzzola. Insomma, un trust di cervelli difficile da soppiantare. Lo schema che si prospetta a Montecitorio e Palazzo Madama con il mantenimento dei gruppi e la nomina di uno speaker unico – alla Camera è blindato il ruolo guida di Riccardo Molinari – viene al momento escluso a Palazzo Lascaris.

Questo non esclude che tra qualche mese, magari con quell’imprevedibilità e quei tempi rapidi dell’annuncio della federazione, si possa tentare l’esperimento del gruppo unico. Nelle alte sfere della Lega si dà una lettura di questa prospettiva che fa capire come nessuna porta sia chiusa a chiave e che si possa aprire in fretta: in Piemonte non si correrà in avanti, ma non si resterà neppure indietro. Quando verrà il momento. Assai più probabile che un effetto concreto e politicamente di maggior rilievo della federazione lo si abbia alle elezioni comunali di ottobre. Con una lista unica Lega e Forza Italia. Ma anche qui è un azzardo fare previsioni.

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