GAZEBO

Lo Russo, Tresso, Lavolta e Boni: chi sarà lo sfidante di Damilano?

Weekend di primarie a Torino. Il nodo affluenza e la legittimazione del vincitore. Il capogruppo dem della Sala Rossa, favorito della vigilia, deve fare il pieno di voti. La sfida dell'outsider "Signor Nessuno" e del protogrillino "Beautiful". La Bonino lancia il radicale

Nel weekend che si annuncia il più torrido di questa coda di primavera, nel centrosinistra sale la temperatura per le primarie. Quattro i candidati ma molte di più le incognite, a partire dall’affluenza ai gazebo, di una conta che decreterà il nome del candidato sindaco di Torino. Prima ancora dell’esito – che si avrà nella notte di domenica – la consultazione rappresenta un test sulla capacità di mobilitazione di un partito, il Pd e i suoi alleati, che, con tutti i suoi limiti, resta pur sempre l’unica forza politica che fa della partecipazione popolare il principale tratto distintivo, ora che anche il Movimento 5 stelle si è convertito ai caminetti dei notabili: 23mila gli elettori alle ultime primarie di partito (quelle in cui si sono confrontati Zingaretti, Martina e Giachetti), 55mila nelle votazioni record che esattamente dieci anni fa incoronarono Piero Fassino dopo il decennio olimpico targato Chiamparino. Dove collocare l’asticella sotto la quale va decretato l’insuccesso? Quanti devono essere gli elettori per poter legittimare appieno il vincitore? A seconda degli interessi di bottega ognuno dà i numeri a modo suo, nel Pd l’auspicio è di raggiungere i 30mila votanti, ben sapendo che sotto quota 20mila qualunque vittoria sarebbe mutilata. Di certo queste primarie sono quelle che possono vantare la storia più travagliata: se ne parla da ottobre 2020, sono state indette a maggio 2021. Chi le evocava all’inizio ha provato a evitarle alla fine e viceversa. Gazebo aperti oggi (dalle 15 alle 20) e domani (8-20), a seguire lo spoglio.

Stefano Lo Russo, 45 anni, professore ordinario del Politecnico, è il favorito: lo sgobbone, l’algido, “poco empatico” secondo i detrattori; per quanto sembri incredibile, in queste settimane di campagna elettorale ha mostrato una vena pop inaspettata al punto che non sono pochi a confessare quasi increduli: “Ma sai che è molto meglio di quello che si diceva?”. Di Palazzo civico, dove è approdato per la prima volta a 30 anni, conosce ogni anfratto e ambisce a diventare il primo sindaco napuli della Mole, o almeno mezzo napuli, con quel cognome meridionale e la mamma di Villafranca Piemonte. Torino, in fondo, è Napoli che va in montagna cantava Venditti e la famiglia Lo Russo ben incarna la storia di quella generazione che negli anni del boom ha cercato fortuna nelle grandi città del Nord. Il gruppo dirigente locale punta su di lui – e su di lui si gioca l’osso del collo – al punto che gli avversari gli hanno appiccicato addosso l’etichetta dell’uomo d’apparato (ah ci fosse ancora davvero l’apparato!, sospirava nei giorni scorsi un ex Pci diventato un big dell’impresa).

L’altro candidato dem, Enzo Lavolta, 42 anni, è un po’ il gemello diverso, piacione, quello sicuramente più bello (da qui il soprannome Beautiful): (ex) giovani promesse sono stati entrambi assessori con Fassino. Ma se Lo Russo è l’anti-grillino per eccellenza, il fustigatore di Chiara Appendino nei cinque anni in cui ha guidato l’opposizione in Sala Rossa, Lavolta è l’anima più dialogante nei confronti del Movimento 5 stelle. Fosse per lui l’alleanza si sarebbe fatta subito, già al primo turno, e ancora adesso, qualora vincesse, il suo primo appuntamento sarebbe con quella sindaca dalla quale ha ricevuto un mezzo endorsement giovedì. Lo sostiene, seppur con scarso entusiasmo, una parte della sinistra giudiziaria, quella capitanata dalla vicepresidente del Senato Anna Rossomando, i neonati Verdi e i bersaniani di Articolo 1.

Chi di attestati pubblici ha fatto il pieno è il “civico” Francesco Tresso, 59 anni, eletto cinque anni fa nella lista Fassino. Gli sono arrivati da mezza Italia: Milano, Bologna, Roma: ora l’incognita è quanti lo voteranno a Torino. Il “Signor Nessuno” ha trovato tanti amici, soprattutto in quella gauche caviar che l’ha adottato e portato in giro come una madonna pellegrina. Lui, forse mosso da una smodata ambizione personale, ha mollato per strada i suoi vecchi compagni di viaggio, quelli con i quali aveva iniziato a mettere le basi di una grande rassemblement civico, per diventare il Grimaldello nelle mani di quella sinistra che ha tra i suoi principali obiettivi quello di rompere le scatole al Pd, a prescindere.

Al quarto concorrente,Igor Boni, 51 anni, va riconosciuto di essere rimasto fedele a se stesso e alla sua collocazione, praticamente l’unico in questi mesi ad aver puntato il mirino contro Paolo Damilano, i suoi presunti conflitti d’interesse, a partire dal tema delle concessioni dei bacini idrici da parte della Regione, le battaglie per la trasparenza. Radicale storico è stato protagonista di tutte le battaglie per i diritti civili e nelle ultime ore gli è arrivato il sostegno di Emma Bonino. Boni fa la sua corsa (in tutti i sensi, avendo inaugurato la BoniMarathon), con +Europa che però è una delle tante insegne con cui si presenta da anni praticamente lo stesso drappello di persone.

Chi vincerà? Molto dipenderà dall’affluenza: paradossalmente un basso afflusso di elettori ai seggi potrebbe favorire Lo Russo, oltre i 40mila elettori c’è spazio per qualche sorpresa. Nel 2011 furono 55mila certo, ma era un altro partito, un altro contesto: Davide Gariglio, allora enfant prodige della tradizione popolare subalpina portò la sua sfida all’emblema dell’establishment postcomunista (Fassino) oggi queste primarie al tempo del Covid sono assai meno politiche. E non è affatto detto che sia un male.

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