CENTRODESTRA

Né federazione né lista unica, in Piemonte la Lega frena

Forza Italia correrà sola (e allo sbaraglio) alle elezioni comunali di Torino e Novara. Gli uomini di Salvini rimandano ogni decisione alle politiche del 2023. E anche a Palazzo Lascaris non ci sarà nessun "Ruzzoloni". I passi felpati di Cirio

Il partito unico, ultimo appiglio forzista per evitare il baratro dei consensi e delle defezioni, non passa la Maginot leghista neppure nella sua versione al ribasso proposta dai berluscones cogliendo l’occasione delle elezioni comunali del prossimo autunno. Torino non ha fatto neppure in tempo a dipingersi come città-laboratorio della prova in sedicesimo di quella “fusione” proposta con convinzione e disperazione da Silvio Berlusconi, subito bocciata da Matteo Salvini con toni chiari benché meno duri rispetto a quelli di Giorgia Meloni. Ci hanno provato, gli azzurri piemontesi. Senza clamore, i vertici di Forza Italia si sono rivolti agli omologhi leghisti per proporre di unire non solo le forze, ma anche le liste, a sostegno del candidato sindaco Paolo Damilano. Andare oltre la pur mai come in questo caso solida e unita coalizione, osando una lista unica (almeno) con la Lega, vista la posizione decisamente più rigida di Fratelli d’Italia e, non di meno, la battaglia ormai palese per la leadership del centrodestra che Meloni insidia in maniera allarmante a Salvini.

Un ragionamento che aveva in sé, a detta degli azzurri, più di un elemento convincente per l’alleato, senza peraltro sconfessare le parole del Capitano di fronte alla mossa a sorpresa del Cav che aveva superato a piè giunti il progetto federativo arrivando appunto al partito unico. “Un conto è federare, presentare proposte di legge, emendamenti, iniziative pubbliche insieme. Fondare nuovi partiti – ha spiegato il leader della Lega – non credo che serva e interessi a nessuno”. Argomento chiuso, almeno per ora. L’idea di Berlusconi resta in piedi, per Salvini, ma traguardando al 2023, non certo bruciando i tempi, tantomeno facendo qualche passo in quella direzione nell’autunno delle urne nelle città più importanti.

Un tentativo che trasuda disperazione quello fallito sotto la Mole, forse addirittura un’ultima chance agli occhi di chi nel partito di Berlusconi prende in seria considerazione il rischio di non far neppure un eletto o, ben che vada, di uscire con le ossa più rotte di quanto non lo siano adesso nei sondaggi nazionali che declinati in una consultazione comunale potrebbero riservare una realtà peggiore rispetto alle stime.

Non è solo l’osservanza della linea definita da Salvini a far chiudere la porta all’ipotesi-auspicio forzista da parte della Lega. È la consapevolezza, attestata dai fatti, che si tratterà solo di aspettare e chi dalle fila berlusconiane guarda a un’alleanza ancora più stretta fino alla fusione, alla porta leghista finirà per bussare. Perché infilarsi in una situazione complicata quando in ballo c’è pure il pesarsi con i Fratelli d’Italia? Misurarsi sul terreno importante di una grande città come Torino con l’alleato che continua la sua campagna acquisti intaccando anche la Lega. Stesso discorso per quanto riguarda Palazzo Lascaris, dove di gruppo unico non se ne parla proprio, almeno per il momento. Quindi anche in Consiglio regionale non si andrà oltre una più stringente unità d’azione ma senza un Ruzzoloni – crasi politica dei due attuali capigruppo Paolo Ruzzola (FI) e Alberto Preioni (Lega) – all’orizzonte.

La stessa posizione del presidente della Regione, attentissimo a non farsi tirare per la giacchetta da questo o quel partito (compreso il suo) da qui al voto di ottobre è indicativa del clima all’interno di Forza Italia, ma anche della altre due forze politiche del centrodestra man mano che la campagna elettorale entra nel vivo e le distanze con le urne si accorciano. Alberto Cirio, di una cui lista per le comunali si era addirittura parlato mesi fa quando una sua uscita da Forza Italia era stato argomento quotidiano, ha assicurato il suo appoggio a Damilano, ma sul resto si muove con i piedi di piombo. Nei giorni scorsi ha parlato più di una volta con Berlusconi, ne ha raccolto confidenze e condiviso aspettative sul futuro. Ma i giochi sono ancora troppo fumosi e, soprattutto, circoscritti al perimetro romano (equilibrismi interni alle forze di governo, prossima elezione del Capo dello Stato, formazione delle liste alle politiche del 2023) per pensare a una riproposizione in chiave locale dell’operazione. Meglio attendere e seguire l’evoluzione concentrandosi sulla battaglia delle comunali, rapporzando la candidatura di Damilano, con cui ieri pomeriggio si è concesso un lungo caffè.

Un tratto, quello civico, che l’imprenditore mostra di voler rivendicare anche se questo lo porta a confrontarsi dialetticamente con le forze politiche. Come nel caso della sua richiesta ai partiti dell’alleanza di proporre figure di area per la futura squadra di governo cittadino. Fratelli d’Italia avrebbe spiegato, senza preamboli, che invece i politici, a tutto tondo, ci saranno eccome. Ulteriore conferma che non solo il partito della Meloni le elezioni le vuole, ovviamente, vincere ma che vuole anche mettere in campo nomi che portino voti alla lista. È in questo scenario che Forza Italia, stretta tra Lega e FdI, con la prospettiva di restare quasi fuori dai giochi ha provato invano convincere il partito di Salvini, con il suo proconsole in Piemonte Riccardo Molinari, a quella versione ridotta (alla lista) del partito unico.

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