POLITICA & GIUSTIZIA

"È in arrivo una bomba sul Pd". Veleni (veri) e soffiate (false) dalla Procura ai giornali

Prosegue senza esclusione di colpi la faida interna al Palazzo di Giustizia. Artefatte le mail in cui si annunciavano clamorose rivelazioni su indagini e venivano riprodotti atti istruttori. Il gip archivia tutto. Coinvolte a loro insaputa due giornaliste

“A breve uscirà una bomba sul Pd torinese. Mi hanno fatto vedere in anteprima un po’ di chicche che coinvolgono Chiamparino Fassino & C che destabilizzeranno la campagna elettorale. Vuole far uscire la notizia appena Enzo Lavolta si ripropone come candidato, così lo brucia subito”.  Nella mail che invia alla collega romana del Fatto Quotidiano la giornalista della redazione torinese di Repubblica non ha dubbi: è imminente l’arrivo di un ciclone giudiziario di portata tale da “destabilizzare” la politica cittadina. Del resto, come potrebbe non esserne certa visto che la fonte sarebbe niente meno che la Procura di Torino. Lo corrispondenza è stata inviata in forma anonima a una serie di soggetti, tra i quali Andrea Padalino che l'ha prodotta in una memoria davanti al Consiglio Giudiziario della Corte d’Appello. Su richiesta dello stesso ex pm di Torino sono state svolte le indagini che, qualche giorno fa, hanno portato a un esito clamoroso: l'archiazione disposta dal gip Silvia Salvadori, poiché tutto il materiale è falso, frutto di un'anonima mano evidentemente interessata ad alimentare i veleni negli ambienti giudiziari.

La “soffiata” contenuta nella missiva artefatta, datata 29 gennaio 2021, in realtà parte da un’altra vicenda, quella relativa al procedimento giudiziario che riguarda Andrea Padalino, il magistrato che ha condotto le principali inchieste sulle violenze dei No Tav, finito nel tritacarne delle faide interne al Palazzo di giustizia. Ed è proprio l’ex pm di Torino ora giudice civile a Vercelli, a rivelare nella memoria depositata al Consiglio Giudiziario della Corte d’Appello, organo chiamato ad esprimersi sulla progressione di carriera, di come fosse proprio lui – in particolare la “famosa” cena sul lago d’Orta e i suoi rapporti con lo chef Antonino Cannavacciuolo –  al centro dello scambio di informazioni. Allegate a una mail, infatti, vengono indirizzate alla casella di posta elettronica di Ottavia Giustetti, cronista di giudiziaria di Repubblica Torino, due fotografie: una in cui il magistrato è ritratto con la sua famiglia e la seconda in compagnia di Cannavacciuolo. Immagini estrapolate dal cellulare dell’ex caposcorta di Padalino, Davide Barbato, e finite negli atti del processo a suo carico in corso a Milano. A spedirle sarebbe stato Luigi Isacchini, tenente colonnello dei Carabinieri e responsabile della aliquota dell’Arma presso la Procura, ma soprattutto braccio operativo nelle indagini del sostituto procuratore Gianfranco Colace, titolare di numerose inchieste su politica e pubblica amministrazione.

I nomi di Isacchini e Colace compaiono nella seconda mail, quella in cui Giustetti avrebbe inoltrato le foto alla collega del Fatto Giovanna Trinchella: “Ciao Giovanna, ti giro le foto di Padalino da Cannavacciuolo con tutta la famiglia che mi ha appena inviato Luigi, così puoi fare il pezzo sulle cene e sul soggiorno gratis all’hotel San Rocco di Orta San Giulio”. La cronista poi aggiorna la collega sulla situazione processuale: “In merito al suo processo io non ho notizie fresche. Colace mi ha detto che Fusco è lento non gli dice molto”, riferendosi a Eugenio Fusco, il pm milanese che con Laura Pedio rappresenta l’accusa nel procedimento contro Padalino. Ora, a parte lo svarione nella collocazione temporale e geografica delle due foto (in una si tratta di una gita sul Lago Maggiore e non d’Orta, mentre quella assieme a Cannavacciuolo si riferisce a tutt’altra occasione rispetto a quella oggetto di contestazione), quella che sembra trasparire – e che evidentemente “qualcuno” aveva l’interesse a far credere –  è una sorta di regia, un’orchestrazione tra procura e redazioni di giornali volta a dare particolare risalto all’inchiesta. “Se quanto contenuto in quelle missive fosse vero – osserva Padalino nella sua audizione – emergerebbe con tutta probabilità che la campagna stampa nei miei confronti sarebbe scaturita dagli Uffici della Procura della Repubblica di Torino, in totale spregio delle più elementari regole deontologiche”. E a quanto risultava allo Spiffero era stata aperta un’indagine proprio per accertare la veridicità della corrispondenza e attribuire con certezza le identità, poi come abbiamo visto conclusa con l'archiviazione.

Ma se Padalino manifesta, giustamente, sconcerto e indignazione per quella che bolla senza mezzi termini come una “porcheria”, non meno grave – anzi – è quanto viene affermato circa imminenti azioni da parte della magistratura nei confronti di un partito: “Tra le altre cose – confida la finta Giustetti appena dopo aver rivelato di aver parlato della vicenda Padalino con Colace – a breve uscirà un’altra bomba sul Pd torinese. Mi hanno fatto vedere in anteprima un po’ di chicche che coinvolgono Chiamparino, Fassino & C che destabilizzeranno la campagna elettorale. Vuole far uscire la notizia appena Enzo La Volta (sic) si ripropone come candidato, così lo brucia subito”. Una marchiana manipolazione che se, da un lato, tranquillizza circa i comportamenti dei soggetti loro malgrado coinvolti (la polizia giudiziaria, la Procura e le colleghe giornaliste), dall'altra apre nuovi inquietanti interrogativi sul clima che si respira nel Palazzo di Giustizia.

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