BERLUSCONEIDE

Ammutinati contro Zangrillo, Forza Italia è ormai alla deriva

Dopo la lettera di fuoco contro il cambio del vertice cittadino di Alessandria, 6 consiglieri su 7 disertano l'incontro con il nuovo coordinatore. Si profilano uscite dal partito a meno di un anno dalle elezioni comunali. Con gli alleati pronti ad approfittarne

La chiamano già “la zangrillata”. Ma non c’è traccia di ironica benevolenza tra la maggior parte dei berluscones alessandrini nei confronti del blitz con cui il coordinatore regionale di Forza ItaliaPaolo Zangrillo, ha spodestato il suo omologo nel capoluogo mandrogno, l’ex sindaco Piercarlo Fabbio, per affidare la guida del partito all’attuale vicesindaco Davide Buzzi Langhi. E quel che è successo l’altra sera non può che essere letto come un chiaro messaggio al fratello del medico personale del Cavaliere e ai suoi metodi, ma anche come il prologo di decisioni che potrebbero portare allo sfaldamento del gruppo azzurro a Palazzo Rosso.

Il nuovo coordinatore cittadino aveva convocato, martedì sera, la prima riunione con i consiglieri comunali dopo la sua nomina, ma anche dopo il durissimo documento sottoscritto da sei dei sette azzurri che siedono in Comune nel quale si definiva quello applicato da Zangrillo “un metodo inaccettabile” paventando “la necessità di un’autosospensione da un partito che non svolge i congressi, ma è in balìa di decisioni che vengono costruite con il suggerimento di pochi che ne avranno vantaggi personali”.

Buzzi Langhi, però si è dovuto accontentare di un tête-à-tête. All’invito ha, infatti, risposto solo uno dei sette consiglieri, Carmine Passalacqua, fedelissimo del vicesindaco e protagonista di alcune discutibili sortite, come quando il 28 aprile di due anni fa, nell’anniversario dell’uccisione di Mussolini, scrisse “all’inferno l’alessandrino Walter Audisio in buona compagnia con Pertini, Longo e tutti i vigliacchi come loro” e un anno dopo esortò a non fare beneficienza a un hospice, “perché lì si va a morire”. Non si sa se l’altra sera abbia sfoggiato ulteriori elevate riflessioni, ma si sa che tutti gli altri suoi colleghi non si sono presentati. Un gesto il cui peso politico non può sfuggire, né essere sminuito. Tutti i firmatari della lettera a Zangrillo, ma inviata pure a Silvio Berlusconi, incominciando dal capogruppo Maurizio Sciaudone, hanno affidato a quella assenza collettiva l’ulteriore messaggio al vertice regionale del partito. 

Non il primo inciampo, se così vogliamo definirlo, per il deputato che, dopo l’accorta seppur non facile gestione di Giancarlo Pichetto, ha ricevuto la gestione del partito piemontese. Ancora fresco il “capolavoro” di Moncalieri, la sua città, dove il coordinatore è riuscito con i pasticci sulla candidatura dell’ex azzurro Stefano Zacà passato alla Lega, a far rimanere fuori per la prima volta il suo partito dal consiglio comunale. Finendo per inguaiare il numero uno del Carroccio piemontese, Riccardo Molinari.

Una gestione monocratica, il passaggio obbligato anche per sindaci e amministratori dai suoi due vice, Roberto Rosso e Roberto Pella, prima di avere udienza e altre innovazioni nella conduzione del partito (verso il baratro?), un decisionismo declinato in maniera molto personale. Insomma, stupisce ma solo fino a un certo punto quel che è successo ad Alessandria dove la zangrillata rischia concretamente di portare a quell’autosospensione paventata nella lettera, anche se nessuno nell’ampio schieramento contro la decisione del coordinatore regionale esclude addirittura dimissioni, con la creazione di un nuovo gruppo a Palazzo Rosso o migrazioni verso altri lidi. 

Provocare un pasticcio di tal fatta a meno di un anno dalle elezioni comunali è degno del miglior Tafazzi. Un’operazione malaccorta, tanto più se si considera che chiunque avesse avuto una minima conoscenza delle dinamiche interne a Forza Italia in riva al Tanaro avrebbe calcolato gli effetti di un’azione come quella messa in atto nei confronti di Fabbio, l’ex sindaco che pur tra mille vicissitudini (anche giudiziarie) aveva guidato negli ultimi anni il partito e la cui sostituzione si sarebbe potuta effettuare con un congresso o comunque con un’ampia consultazione a livello cittadino. Non di meno non consultare e magari ascoltare una figura influente come l’ex assessore regionale Ugo Cavallera, tra gli ultimi politici distante anni luce nei metodi e nello stile dal manager alla guida del partito piemontese, è stato un ulteriore errore cui tuttavia Zangrillo, a quanto spiegano ad Alessandria, non ha ancora dato segni di voler porvi rimedio.

“Inutile negare che la situazione è molto critica”, ammette Mauro Bovone, uno dei consiglieri che hanno disertato l’incontro con Buzzi Langhi. La strada per una ricucitura si fa sempre più stretta e le altre forze politiche del centrodestra, da Fratelli d’Italia che in Piemonte continua in una proficua campagna acquisti, alla Lega che si prepara a ricandidare a sindaco Gianfranco Cuttica, fino al totiano Coraggio Italia che in provincia ha il senatore ex azzurro Massimo Berutti, guardano alla zangrillata con attenzione. E non senza qualche interesse.