Un medagliere miracoloso

Le medaglie conquistate dall’Italia alle Olimpiadi sono, al momento in cui scrivo, 29. Il record assoluto del medagliere italiano è quello dell’edizione di Roma 1960, quando gli Azzurri conquistarono ben 36 medaglie. Visti i presupposti, questa cifra potrebbe essere eguagliata alle Olimpiadi di Tokyo 2020 (o meglio 2021).

I nostri atleti hanno conquistato cinque medaglie d’oro (Ruggero Tita e Caterina Banti, vela - Vito Dell’Aquila, taekwondo - Valentina Rodini e Federica Cesarini, canottaggio pesi leggeri - Gianmarco Tamberi, atletica salto in alto - Marcell Jacobs, atletica 100 metri) nove Medaglie d’argento (Luigi Samele, scherma sciabola - Alessandro Miressi, Thomas Ceccon, Lorenzo Zazzeri e Manuel Frigo, nuoto 4×100 stile libero - Diana Bacosi, tiro a volo skeet - Daniele Garozzo, scherma fioretto - Giorgia Bordignon, sollevamento pesi - Aldo Montano, Luca Curatoli, Enrico Berrè e Gigi Samele, sciabola a squadre - Gregorio Paltrinieri, nuoto 800 stile libero - Mauro Nespoli, tiro con l’arco - Vanessa Ferrari, ginnastica artistica corpo libero) e quindici Medaglie di bronzo (Elisa Longo Borghini, ciclismo - Odette Giuffrida, judo - Mirko Zanni, sollevamento pesi - Nicolò Martinenghi, nuoto - Maria Centracchio, judo - Rossella Fiamingo, Federica Isola, Mara Navarria, Alberta Santuccio, scherma spada a squadre - Federico Burdisso, nuoto - Matteo Castaldo, Marco Di Costanzo, Matteo Lodo e Giuseppe Vicino, canottaggio - Stefano Oppo e Pietro Willy Ruta, canottaggio doppio pesi leggeri - Martina Batini, Erika Cipressa, Arianna Errigo e Alice Volpi, scherma fioretto a squadre - Lucilla Boari, tiro con l’arco - Simona Quadarella, nuoto 800 stile libero - Irma Testa, boxe pesi piuma - Antonino Pizzolato, sollevamento pesi - Thomas Ceccon, Nicolò Martinenghi, Federico Burdisso e Alessandro Miressi, nuoto).

Un risultato davvero notevole che si somma a quello ottenuto dalla nazionale di calcio durante il campionato europeo giocato quest’anno, vittoria fissata dall’immagine del Capitano Azzurro Giorgio Chiellini nell’atto di sollevare verso il cielo la grande coppa dell’Uefa.

Stagione di grandi successi sportivi che interessa un Paese, il nostro, dove l’attività fisica stessa non è di certo il primo pensiero degli amministratori pubblici e dei politici. Lo sport è salute, non solamente competizione, è prevenzione, nonché un toccasana per la mente.

Eppure, un giovane di non elevata estrazione sociale di rado è messo nella possibilità di accedere a palestre, piscine e campi da gioco. Il costo delle attrezzature e le tariffe delle società che hanno in concessione gli impianti comunali sono spesso un brutto colpo per il bilancio familiare. La condizione, strutturale e giuridica, del patrimonio pubblico destinato allo sport rappresenta meglio di ogni altra cosa il declino delle politiche sociali. Torino negli anni ’70 e ’80 ha assistito a un fiorire di investimenti destinati alla costruzione di piscine e palestre di pertinenza delle scuole elementari e aperte a tutti.

Nel decennio delle giunte Novelli, il nuoto era oramai alla portata di chiunque. Una volta alla settimana gli allievi scolastici tra i 6 e gli 11 anni di età venivano ospitati dalla piscina di quartiere, così da poter alternare l’attività ginnica con quella natatoria: era ritenuto prioritario insegnare il nuoto a tutti i bambini. Purtroppo, alla comparsa del mito delle “privatizzazioni” è seguito quello delle “esternalizzazioni”, e più nulla è stato come prima.

Il Comune, durante la sbornia neoliberista, ha valutato di non investire più nei propri impianti, considerando conveniente affidare piscine e palestre alla cura dei privati.  Costoro si sono presi carico della manutenzione dei beni cittadini, assumendosi al contempo l’obbligo di riservare alcuni spazi alle attività sportive di base (a tariffa agevolata stabilita dalla Città).

Il business ha così preso possesso di gran parte dei luoghi municipali destinati all’attività fisica. Enti e associazioni hanno investito fondi destinati alle manutenzioni in cambio della possibilità si incamerare utili, tramite le proprie attività e i corsi riservati agli iscritti. Per onore di verità è bene precisare che molti concessionari lavorano tutt’oggi duramente per garantire davvero lo sport per tutti, e per togliere i ragazzi dalla strada, ma tanti altri hanno rinnegato la loro missione, inclusiva e sociale, nel nome del profitto (utili paradossalmente garantiti dal gestire un bene comune).

La Città vive così un’enorme bizzarria quotidiana, ossia quella di dover chiedere continui “favori” ai gestori degli impianti comunali, come ad esempio di dare accesso gratuito ai giovani segnalati dai Servizi Sociali, dimostrando così di essere priva di mezzi e in balìa della volontà altrui.

Le medaglie elencate all’inizio di questa pagina sono davvero frutto di un miracolo, ma anche e soprattutto della grande forza di volontà di chi le ha conquistate. 

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