RETE SMAGLIATA

Lavoro poco smart in Piemonte.
I ritardi sulla banda ultralarga

Bonomi (Confindustria): "Serve un'organizzazione del lavoro moderna e diversa". I cambiamenti imposti dalla pandemia diventeranno strutturali. Sul territorio notevoli le differenze tra i grandi centri e i moltissimi piccoli comuni. Anci spera nel Pnrr

“Dobbiamo pensare a un'organizzazione del lavoro diversa e moderna, ha detto ieri il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, ricordando come “le trasformazioni che erano in atto sono state accelerate dal periodo pandemico”. E tra le trasformazioni che, in buona parte, si stanno già rivelando irreversibili c’è lo smart working. Il lavoro a distanza, quasi un’utopia prima del Covid, è entrato con una rapidità impensabile nel mondo della produzione, dei servizi, delle professioni. Un balzo in avanti inimmaginabile fino a un anno e mezzo fa, ma con un’altra faccia della medaglia. 

L’emersione con forza del digital divide e del ritardo in tutto il Paese, rispetto a molti altri, sulla strada della connettività adeguata ai tempi sono fattori destinati a produrre conseguenze pesanti se non si interverrà presto e bene. Lo si è compreso nelle difficoltà dei mille e mille webinar (altro neologismo entrato di prepotenza nel vocabolario da lockdown in avanti), in quelle in cui si sono trovati gli studenti costretti alla didattica a distanza, i lavoratori e i professionisti con la trasformazione del tinello o del salotto in ufficio. Tutti sempre appesi al filo, spesso sottile e sfilacciato, con cui rimanere connessi.

Sembra esagerare, ma i fatti gli danno ragione, il presidente nazionale di Uncem, l’Unione dei Comuni e delle Comunità Montane, il piemontese Marco Bussone quando dice che “tocca ammettere che deve incominciare il campionato di calcio per dirci che il digital divide esiste”. Già tre anni fa Uncem aveva denunciato al Paese che i gravi ritardi del piano nazionale banda ultralarga minavano la capacità di connessione, “ma l’Italia si accorse di essere un Paese con forte divario digitale perché non vedeva il campionato di calcio. Ed eravamo ben lontani dalla Dad e dal telelavoro dei tempi di pandemia”. Oggi poco o nulla è cambiato. In Piemonte, dove la morfologia del territorio e il grandissimo numero di piccoli comuni certo non aiuta, il quadro è per molti versi peggiore rispetto ad altre zone del Paese. 

“Se non fosse per il wireless che raggiunge molti pezzi di Appennino e di Alpi, la situazione sarebbe molto peggio di quella che è. Il ritardo del piano banda ultralarga già denunciato nel 2018, è vittima della burocrazia e di un piano che quando è partito non aveva capito dove stava andando. – denuncia il presidente di Uncem –. Succede che da inizio lavori fino al collaudo in un comune, il piano abbia bisogno anche di otto mesi. E poi, non un solo civico viene collegato. Abbiamo infatti scoperto con il tempo che la fibra sarebbe arrivata in casa solo a richiesta del cliente finale, con prezzi di abbonamento non certo bassi, assurdi per gli enti pubblici, per i quali abbiamo chiesto che l’abbonamento sia a prezzi simbolici”.

Molte aspettative, ovviamente, sono riposte del Piano nazionale di ripresa e resilienza. “Le risorse messe a disposizione dal Pnrr rappresentano una grande opportunità per lo sviluppo della banda ultralarga – spiega Michele Pianetta, vicepresidente di Anci Piemonte con delega all’Innovazione – un treno che non possiamo permetterci di perdere. In Piemonte, su 927.250 indirizzi mappati da operatori privati e governo nell'ambito del piano Italia a 1 Giga, circa 269 mila saranno oggetto di intervento pubblico. Si tratta di un risultato importante, anche se la strada da percorrere è tutta in salita”. In Italia saranno stanziati 40 miliardi di euro per portare la connettività a 1 gigabit in download a 6,2 milioni, pari al 29% dei 21,3 milioni dei civici oggetto di mappatura da parte di operatori privati e governo. Percentuale che in Piemonte si attesta al 4,3%.

Laddove la connettività a un gigabit non potrà essere garantita dalle risorse del piano, gli operatori privati si attiveranno per fornire ai cittadini connessioni ad almeno 300 megabit al secondo, soglia minima per realizzare il salto tecnologico richiesto dall'Ue per la trasformazione digitale della pubblica amministrazione. “Al di là dei numeri – aggiunge Pianetta – dobbiamo però guardare ai fatti. Purtroppo, in questi anni, ci siamo abituati agli annunci mentre questioni come il digital divide e la semplificazione amministrativa venivano gestite con modalità che hanno portato a risultati decisamente poco soddisfacenti. Come Anci abbiamo ribadito l'urgenza di realizzare i lavori al più presto, con un'attenzione peculiare ai comuni medio piccoli e alle aree svantaggiate. Serve un cambio di rotta, non possiamo permetterci ulteriori disagi e ritardi”.

La stessa iniziativa delle Regione per attrarre residenti nei piccoli paesi con incentivi economici alla ristrutturazione di abitazioni, non potrà avere i risultati attesi se non si procederà in fretta a fornire ovunque la banda ultralarga, indispensabile ormai per quasi tutte le attività.

Giusto un anno fa uno studio di Confartigianato aveva tracciato un quadro preoccupante del settore per il Piemonte dal quale risultava che l’accesso alla banda ultralarga nella regione era garantito solo a poco più del 57% della popolazione: la maggior diffusione della copertura a Torino cn il 70%, poi a scendere Novara (56%), Vercelli (48), Alessandria (47,9), Asti (36,8), Cuneo (34,4) e Verbano-Cusio-Ossola (33). Dietro una miriade di sigle – dall’FW1 che indica la trasmissione senza fili all’Fttb relativo alla fibra fino alla cabina e poi il classico doppino, fino al top rappresentato dall’Ftth che equivale alla fibra fino all’utenza – resta ancora una regione dove la trasmissione dei dati ultraveloce presenta grandi aree scoperte o non adeguatamente servite. Se la didattica a distanza è uno spettro che si cerca di scacciare per il mondo della scuola, resta pur sempre il crescente utilizzo della rete da parte degli studenti, ma soprattutto il digital divide sarà una pesante zavorra per le attività produttive e il mondo del lavoro per i quali lo smart working non sarà un mutamento sporadico legato agli effetti della pandemia, come ricordato con chiarezza dal presidente di Confindustria. 

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