FINANZA & POTERI

Crt, Quaglia tenta l'accrocchio
ma Cirio e Lo Russo si sfilano

Governatore e sindaco respingono l'offerta di "suggerire" un nome ciascuno per il Consiglio d'indirizzo della fondazione. Le istituzioni parlano con atti ufficiali non tramite pizzini. I vertici di via XX Settembre presto si accorgeranno che la musica è cambiata

Non certo per viltade dantesca, semmai per dignità delle istituzioni che rappresentano, sindaco e governatore hanno fatto il “gran rifiuto”. A dirla tutta, c’è più di un messaggio ai naviganti di via XX Settembre nel cortese diniego ricevuto, praticamente all’unisono, da Stefano Lo Russo e Alberto Cirio all’offerta di indicare un nome ciascuno per i due posti rimasti vuoti nel Consiglio di indirizzo della Fondazione Crt. Il “no grazie, fate voi” di governatore e sindaco davanti alle insistenti, quasi stucchevoli, offerte dei vertici della cassaforte piemontese racconta di come probabilmente saranno i rapporti (anche di forza) tra le due amministrazioni e il sancta sanctorum del potere finanziario del territorio, ma anche di come si sia arrivati a questo punto con la clamorosa decisione di Cirio e Lo Russo di rifiutare l’offerta.

Ci sono alcuni antefatti dietro l’insistenza del presidente della Fondazione Giovanni Quaglia e degli altri due componente della trimurti che governa l’ente, tutti con ago e filo in mano per provare a cucire e ricucire, rapporti e strappi. Appena un mese fa Cirio aveva dovuto ingoiare prima la promozione nel cda di Anna Di Mascio, rappresentante della Regione ma designata dalla precedente giunta di centrosinistra, poi la bocciatura di Antonio Rinaudo, l’ex magistrato attualmente commissario per la campagna vaccinale, che sebbene alla testa della terna proposta dal Consiglio regionale è stato escluso pescando invece l’ultima della rosa, Alessandra Siviero, proposta dalle opposizioni. Triplo schiaffo per il governatore, personale e politico, quello che Quaglia non ha saputo o voluto impedire. Da quel giorno i rapporti tra i due presidenti sono diventati tesi, appena poco più che formali.

Passano un po’ di giorni e quando si tratta di scegliere i nomi dei tre consiglieri che vengono nominati per cooptazione parte un tentativo di arrembaggio da parte di uno strano asse formato da Fabrizio Palenzona e da Chiara Appendino, un’altra che ha il dente avvelenato con Quaglia: assalto che però fallisce. A fine ottobre, dei tre posti ne viene assegnato soltanto uno che va all’ex presidente del tribunale di Torino Massimo Terzi, 65 anni, da poco dimessosi dalla magistratura dopo la mancata nomina a capo della Corte d’Appello di Milano. Dal parlamentino dell’ente parte la richiesta a Quaglia di lasciar decantare la situazione e, nel contempo, cercare di rammendare lo strappo con Cirio e cucire rapporti con Lo Russo, appena eletto a guida della città.

Dopodomani, mercoledì 10 novembre, quelle due poltrone in Consiglio di indirizzo devono essere assegnate. Il vertice della Fondazione in questi ultimi giorni si è mosso con solerzia e insistenza. All’assemblea dell’Unione Industriale non passa inosservato il comportamento del vicepresidente Maurizio Irrera che mostra inusuali affabilità e sussiego verso il primo cittadino, neppure ancora in carica, tampinato con la più che probabile intenzione di strappargli il nome da cooptare. All’accensione delle Luci d’artista, tocca a Quaglia attaccarsi come una cozza al sindaco, sempre con il medesimo scopo. Per non dire della sfilza di chiamate telefoniche di Davide Canavesio.

È bastato un incontro, a Cirio e Lo Russo, per intendersi al volo e decidere una strategia comune: le istituzioni parlano con atti ufficiali non attraverso pizzini. Le metafore sono diverse ma il succo è lo stesso. “Hanno scelto il ristorante, hanno scelto il menù si sono accomodati, mangiato fino al dolce, poi pensano di farci entrare dalla porta di servizio per dire che c’eravamo anche noi”. Concetto ribadito a poche centinaia di metri che separano i due palazzi della politica: “Hanno scelto il teatro, lo spettacolo e poi dal retro ci vogliono far entrare quasi di soppiatto”. Ecco spiegato il “gran rifiuto”: per carità, espresso con garbo istituzionale e passo felpato come si confà in simili occasioni. Eppure, il “no grazie” di sindaco e governatore, pur con tutta la cortesia possibile, è un gesto molto duro. Ora e per il futuro, quando (più prima che poi) lo statuto e i processi di governance della fondazione che si autoperpetuano saranno nodi che verranno al pettine. Sia Cirio, sia Lo Russo hanno il calendario (e la carta d’identità) dalla loro. L’avviso ai naviganti è più che chiaro: un conto è l’autonomia, che va preservata, altra cosa è l’autocrazia.

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