POLITICA & GIUSTIZIA

Damilano, elezione regolare

Il Tribunale rigetta il ricorso dei radicali che chiedevano la decadenza dalla Sala Rossa dell'ex candidato sindaco di Torino del centrodestra. "Quando ha presentato la candidatura non era più presidente di Film Commission" - LA SENTENZA

L’elezione di Paolo Damilano è regolare. È stato rigettato dal Tribunale il ricorso dei Radicali che ne chiedevano la decadenza da consigliere comunale di Torino per via di una presunta ineleggibilità, essendo lui – secondo i ricorrenti – ancora presidente della Film Commission al momento della candidatura a sindaco. Secondo la legge, infatti, non sono eleggibili “gli amministratori e i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal comune o dalla provincia”. Secondo il giudice, però, l’imprenditore non era più a capo di Film Commission quando si è candidato, era infatti scaduto il suo mandato e anche i 45 giorni di proroga previsti dallo Statuto in caso di mancata elezione in tempo utile del nuovo presidente.

Riavvolgiamo il nastro. Damilano era stato eletto a capo di Film Commission nel 2013 e poi riconfermato per un secondo mandato che scadeva il 30 giugno 2021. Ma a quella data la Regione non aveva individuato un nuovo presidente così sono scattati i 45 giorni di prorogatio fino al 16 agosto. Conclusa la prorogatio la Regione (bontà sua) non aveva ancora nominato il sostituto di Damilano, ormai immerso nella campagna elettorale per diventare sindaco e dunque, secondo i ricorrenti, lui sarebbe rimasto al suo posto, non avendo mai presentato dimissioni formali.

Si legge nella sentenza: “Non essendosi, pertanto, Damilano dimesso formalmente dalla carica di Presidente, né avendo la Fondazione con un proprio atto attestato il venir meno del ruolo amministrativo ricoperto dal convenuto, questi doveva considerarsi ancora in carica alla data del 04.09.2021, con conseguente ineleggibilità alla carica di consigliere comunale”. Il 4 settembre era il giorno in cui scadevano i termini per presentare le candidature a Palazzo Civico e quindi l’ultima data utile per sanare eventuali incompatibilità o profili di ineleggibilità, come in questo caso.

Secondo il Collegio del Tribunale, composto dalla presidente Silvia Vitrò, dal giudice Guglielmo Rende e dal giudice relatore Luca Martinat, dopo la scadenza dei 45 giorni di prorogatio, in base alla legge regionale 39/1995 “nel caso perduri la mancata nomina dei nuovi amministratori subentra la gestione monocratica del direttore generale della Fondazione, che, proprio per evitare vuoti di potere, resta in carica sino al trentesimo giorno successivo alla nomina del nuovo consiglio di amministrazione”. Motivo per cui Damilano non era da considerare per nessun motivo ancora in carica e dunque il ricorso – promosso tra gli altri dal consigliere comunale Silvio Viale e dai radicali Igor Boni, Silvja Manzi, Giulio Manfredi e altri – viene rigettato. Ai ricorrenti anche la condanna di pagare le spese di lite, quantificate in oltre 5mila euro.

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