DIRITTI & ROVESCI

No dei giudici al doppio cognome per i figli di coppie gay

La Corte d’appello rigetta il ricorso del Comune di Torino. Al momento sono 79 i bimbi di unioni omogenitoriali iscritti all'anagrafe. Le trascrizione sono una forzatura della legge. Il sindaco Lo Russo "Ora intervenga il parlamento"

No al doppio cognome per il figlio di due mamme. Anche la Corte d’appello di Torino segue la linea del Tribunale rigettando il ricorso presentato dal Comune che sosteneva la validità del percorso intrapreso di riconoscimento e trascrizione dei figli delle coppie omogenitoriali. “Abbiamo ricevuto il decreto della Corte d’appello che rigetta il reclamo confermando la decisione del Tribunale e il provvedimento impugnato – dicono il sindaco, Stefano Lo Russo, e l’assessore ai Diritti Jacopo Rosatelli –. Svolgeremo ora i dovuti approfondimenti giuridici”.

“Sul piano politico – aggiungono Lo Russo e Rosatelli – ribadiamo che la nostra Giunta è convinta che sia necessario riconoscere la genitorialità delle coppie dello stesso sesso nel supremo interesse dei minori a crescere in una famiglia con pienezza di diritti e doveri. Richiamiamo, quindi, nuovamente il Parlamento – sollecitano – a fare finalmente la propria parte per riformare tutte quelle normative in materia di famiglia che conservano un contenuto discriminatorio. La società è pronta, la politica lo sia altrettanto”.

Al momento, a Torino, sono 79 i bambini di coppie omogenitoriali iscritti all’anagrafe. Il primo, nel 2018, L’amministrazione comunale torinese, come hanno fatto altre in passato, si muove secondo il proprio orientamento politico ed etico. Genitore è il padre (o la madre) biologico e non anche il suo partner dello stesso sesso che coopera all’educazione e al mantenimento del bambino. Con la sentenza 12193 del 2019 la Cassazione a sezioni riunite stabilì l’impossibilità di trascrivere gli atti di nascita (e altri provvedimenti simili) prodotti all’estero quando il bambino ai quali si riferiscono è nato con la pratica dell’utero in affitto, che nel nostro Paese è reato. Il verdetto però non può applicarsi al caso di Torino, che riguarda due donne, ma quella della Suprema Corte è una sentenza che comunque costituisce un riferimento per i giudici ordinari. Il ricorso a un atto amministrativo (qual è l’iscrizione all’anagrafe) non può violare la legge vigente né surrogare a un ipotetico vuoto. «L’obiettivo di salvaguardare l’interesse del minore non deve coinvolgere in alcun modo l’incentivazione di pratiche che violano la dignità in particolare della donna» ha sottolineato il presidente emerito della Consulta Cesare Mirabelli in un’intervista ad Avvenire, del marzo dello scorso anno. La decisione su una eventuale nuova legge per normare i casi di figli di coppie omogenitoriali spetta alla politica.

Di genitorialità di persone dello stesso sesso si è occupata la Corte Costituzionale nella sentenza 230/2020, scaturita dal caso di due donne di Venezia unite civilmente, le quali dopo la procreazione assistita all’estero si erano viste negare dal loro Comune la trascrizione del certificato di nascita del bambino, un atto nel quale venivano entrambe menzionate come "genitori", autorizzate a farlo dalla legge vigente nel Paese dove il piccolo era stato concepito in provetta.

A oggi a Torino sono 79 i bambini di coppie omogenitoriali iscritti allo stato civile: la città è stata la prima in Italia, nell’aprile del 2018 – durante l’amministrazione guidata da Chiara Appendino –, a riconoscere i figli di coppie dello stesso sesso. Tre coppie (due costituite da donne, tra cui l’attuale assessore comunale alla mobilità Chiara Foglietta, una da uomini) vengono registrate dal Comune come “genitori” dei figli concepiti attraverso fecondazione eterologa e utero in affitto, una forzatura della legge.

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