SACRO & PROFANO

Vescovi a rapporto sul matrimonio

In arrivo in Piemonte la commissione di verifica sull'applicazione del motu proprio di Papa Francesco con le nuove disposizioni sull'annullamento delle nozze. Sotto osservazione il Tribunale interdiocesano. I turbamenti di Enzo Bianchi e il contentino a Olivero

Sta per arrivare in Piemonte dove incontrerà i suoi vescovi, la commissione di verifica dell’applicazione del motu proprio di papa Francesco Mitis Iudex Dominus Iesus sulla riforma dei processi per la verifica della nullità matrimoniale. Sotto osservazione il Tribunale interdiocesano piemontese il quale con decenni di esperienza – a detta di molti – assolve bene i suoi compiti ma che, secondo le nuove disposizioni pontificie, dovrebbe essere nella sostanza abrogato e sostituito dalle singole giurisdizioni diocesane. Questo per snellire i processi e rendere il vescovo responsabile del procedimento di annullamento con il fine – neanche troppo sottaciuto – di arrivare, attraverso uno snellimento delle procedure coram Episcopo, asciogliere più rapidamente il vincolo matrimoniale.

Varie osservazioni furono rivolte alla riforma. In primis l’assenza di un contradditorio, anche solo formale, e una eccessiva discrezionalità lasciate alle parti nella scelta del processus brevior. Sia i vescovi, ma soprattutto gli officiali del tribunale interdiocesano – a cominciare dal suo presidente don Ettore Signorile – sono apparsi fin da subito affatto entusiasti della riforma sottolineando in particolare le difficoltà dell’istituzione dei tribunali diocesani e la carenza di personale dotato dei necessari requisiti. Saranno ascoltati dalla commissione pontificia costituita ad adiuvandum ma – è bene ricordarlo – soprattutto ad inquirendum? Non è impossibile che al termine della verifica qualche testa vanga a cadere.

Intanto, il nuovo arcivescovo di Torino è impegnato alla costruzione della sua squadra e si vocifera che l’importante ruolo di segretario personale sarà affidato ad uno degli enfants prodigedella nidiata “boariniana”: il direttore dell’ufficio catechistico e della formazione permanente del clero e dei laici,  don Michele Roselli, classe 1973, ordinato nel 2003 e buon conoscitore delle dinamiche clericali in quanto addetto di quell’organismo che in questi anni ha cercato – senza troppo successo – di rappresentare il think tank della diocesi e cioè la segreteria del consiglio presbiterale. E che sicuramente don Roberto Repole valorizzerà nei suoi componenti.

La proposta di intercomunione con i valdesi avanzata dal vescovo di Pinerolo monsignor Derio Olivero non ha trovato accoglienza da parte dei vescovi piemontesi. Se ne occuperà – come doveva essere ovvio – l’apposito organismo vaticano. È passata invece – forse per tacitarlo – un’altra proposta del dinamico vescovo originario di Fossano, quella che può definirsi, a tutt’oggi, una sorta di “oggetto misterioso”. Si tratta per il Piemonte della costituzione di un “Consiglio di chiese cristiane” che, con la supervisione di Bose, dovrebbe avere lo scopo – come se ciò non avvenisse ormai da mezzo secolo – di recepire le necessità pastorali e di approfondire la conoscenza reciproca.  D’altro canto nella Chiesa – come la recente costituzione apostolica che riforma la Curia Romana indica – la pastorale deve precedere la fede, forse dimenticando che l’annuncio deve sempre essere pienamente dottrinale perché la dottrina è lo stesso Cristo che viene annunciato, il Logos Eterno del Padre.

Sulla consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria voluta da papa Francesco e alla quale hanno dato corso – senza troppo entusiasmo – anche le diocesi piemontesi, non poteva mancare l’opinione dissonante di Enzo Bianchi che dal suon buen retiro sulle colline torinesi ha così dato voce all’universo progressista. Intervistato da una emittente radiofonica, ha affermato che la consacrazione a Maria rappresenta «un gesto che crea turbamento» ed inoltre che «anche nell’ecumenismo la cosa non sarà certamente gradita a tutte le chiese della riforma che pensavano che queste forme di devozione non appartengano alla grande tradizione cattolica». Qualche arguto sacerdote ha replicato che anche le vicende – non proprio commendevoli – della Comunità di Bose degli ultimi tempi hanno creato anch’esse un certo «turbamento».

A proposito di ecumenismo fratel Enzo ha dovuto prendere atto, sulle colonne di Repubblica, che ne esce a pezzi dalla tragedia della guerra in Ucraina dove le chiese ortodosse delle varie obbedienze si sono divise e scontrate ma, soprattutto, hanno scelto in quale campo dei belligeranti schierarsi. Si avvera così la profezia – o meglio la constatazione – che alcuni anni, fa proprio alla facoltà teologica di Torino espresse, con crudo realismo, il cardinale Walter Kasper raffreddando di molto l’entusiasmo dell’uditorio: «Oggi le chiese ortodosse sono tutte unite contro di noi ma divise tutte fra di loro».

Sempre per rimanere in argomento Ucraina, nessuno ha ricordato la figura dell’eroico cardinale Josyf Slipyj (1892-1984) arcivescovo maggiore di Leopoli degli Ucraini e per il quale è in corso il processo di beatificazione. Arrestato nel 1945 dai sovietici e condannato ai lavori forzati in un gulag siberiano insieme ad altri vescovi della Chiesa greco-cattolica che fu costretta a entrare in quella ortodossa di Mosca, egli rappresentò per anni la resistenza cattolica alla Russia comunista. Nel 1963, nel clima cosiddetto della «distensione», dopo la crisi di Cuba e grazie alle pressioni di Giovanni XXIII e del presidente americano Kennedy fu rilasciato e gli fu concesso di trasferirsi a Roma. Secondo alcuni il prezzo pagato fu però la mancata condanna del comunismo al Vaticano II. Basterebbe questo lontano riferimento per sapere da quale parte schierarsi – senza se e senza ma –  di fronte all’aggressione russa.

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