PASSATO & PRESENTE

"Ora e sempre Resistenza".
A Torino non con l'Ucraina

Fischi e insulti al radicale Viale per aver osato sfilare con le bandiere Ue e Nato: "Ancora una volta si conferma una Stalingrado". Persino il console onorario di Kiev fa il pesce in barile. Tocca a Segre, 103 anni, salutare "i partigiani di oggi che combattono contro il dittatore Putin"

Ora e sempre Resistenza. Ma non con l’Ucraina, a Torino. “Quelle dell’Ucraina possono restare, ma non quelle della Nato”, l’imperioso diktat e “gentile concessione” del servizio d’ordine dell’Anpi di fronte alle bandiere nel corteo di ieri sera. Istantanea di un 25 Aprile diverso da ogni altro che lo ha preceduto, ma non per questo migliore. Il presidente della Commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli, grillino espulso via twitter da Giuseppe Conte inneggia alla LIberaZione con la Zeta di Vladimir Putin. Il presidente nazionale dell’Anpi Giuseppe Pagliaruolo, cossuttiano non pentito, è costretto a tirare (per il momento) i remi in barca evitando di tenere una rotta equidistante da aggredito e aggressore solo perché dal Colle è arrivato un messaggio che Sergio Mattarella non avrebbe potuto lanciare in maniera più chiara e incisiva. E, non ultimo, un console onorario del Paese sotto attacco che, dovendo passare da un ruolo tranquillamente di rappresentanza commerciale, non senza aver operato attivamente per il soccorso ai profughi, mostra un’incomprensibile riluttanza nell’affrontare il tema della Resistenza, mai come questa volta con una situazione speculare a quella dell’Italia dal ’43 al ’45.

Diverso da tutti gli altri, ma non per questo migliore, il 25 Aprile al tempo della guerra in Europa. Alzi un dito chi ricorda di aver visto una bandiera della Nato nei cortei della festa della Liberazione. C’è voluta l’Anpi di Pagliarulo con i suoi ukase preventivi per far ordinare su Amazon al radicale Silvio Viale e agli alleati di +Europa una decina di vessilli di varie dimensioni. “Il fatto è che Torino ancora una volta si è confermata una Stalingrado”, tuona il protagonista di mille battaglie dopo io corteo dov’è stato attaccato, insultato e pure “messo in fondo per non far vedere le bandiere”, quelle dell’ombrello sotto il quale Enrico Berlinguer disse di sentirsi più tranquillo. “Domani (oggi per chi legge) a Milano sarà tutta un’altra storia – spiega Viale – sfileranno in testa le bandiere ucraine, sfilerà la Brigata Ebraica e ci saranno anche le bandiere della Nato”. Né con la Russia, né con la Nato: ecco il prodromo cialtronesco delle scorse settimane che ha preparato il terreno per Torino e, chissà, per altre manifestazioni in programma oggi. 

Ci vuol tanto – vien da dire – ad affermare senza infingimenti e arrampicate sugli specchi che la Resistenza culminata nella Liberazione del ’45, con l’aiuto determinante degli alleati, è oggi la Resistenza di Volodymyr Zelenskyj e del suo popolo? Lo abbiamo provato a chiedere, immaginando una risposta chiara e netta, al console onorario dell’Ucraina a Torino, Dario Arrigotti. Forse ingenui, forse pensando a quel che ripete il leader ucraino, ci aspettavamo una presa di posizione decisa, da chi italiano che ricopre una funzione “onoraria” non dovrebbe avere remore o timori a sostenere la causa che in patria stanno difendendo a costo della vita. Invece il dottor Arrigotti, negando l’intervista ha spiegato in modo surreale che “le rappresentanze diplomatiche estere non hanno l’abitudine di intromettersi nelle politica dello Stato ospite”. Ma come? Arrigotti è italiano, è console onorario, carica connotata da sempre per una predilezione degli aspetti commerciali (ma talvolta può capitare che lo Stato rappresentato finisca  aggredito), e pur adoperandosi per aiutare i profughi come ha fatto in collaborazione con la Regione (che ha fatto molto e molto, si spera, continuerà a fare), svicola da una semplice domanda la cui risposta appariva scontata: questo 25 Aprile è la festa della Liberazione per cui ora l’Ucraina lotta, come allora lottò l’Italia?

E non a caso è stato un partigiano vero, uno degli ultimi ancora in vita a ricordarlo ieri sera dal palco di piazza Castello, dove è arrivata la fiaccolata: “I partigiani di oggi sono in Ucraina a combattere per la libertà, contro il razzismo, l’antisemitismo e per un Paese libero senza dogmi e senza padroni, per un futuro migliore”, ha detto Bruno Segre, avvocato,103 anni, preconizzando il destino di Mad Vlad: “Anche Putin è un dittatore che finirà male”. Sulla stessa lunghezza d’onda, eccheggiando le parole di Bella Ciao, il sindaco Stefano Lo Russo: “Oggi è una giornata in cui dobbiamo rivolgere un pensiero agli ucraini che si sono svegliati e hanno trovato l’invasor. Quindi questo 25 aprile è diverso dagli anni passati, e il pensiero rivolto al popolo ucraino ci deve ricordare l’importanza della Resistenza”.  

È così difficile celebrare il 25 Aprile senza veti su bandiere, senza incomprensibili ritrosie nell’accomunare senza se e senza ma la Resistenza dei partigiani italiani a quella degli ucraini, gli aiuti (anche e soprattutto militari) degli angloamericani allora con quelli dei Paesi europei, compresa l’Italia, alla nazione invasa dalle truppe di Putin? Purtroppo, pare proprio di sì. Ora e sempre Resistenza, ma con ancora troppi però.

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