IL TESTAMENTO

Una politica "diversa", nel nome di Burzi

Nasce l'associazione dedicata all'ex consigliere e assessore regionale scomparso tragicamente la Vigilia di Natale. Un convegno per ripercorrere una storia fatta di passione, idee e competenza ma soprattutto per raccoglierne l'eredità e guardare al futuro

Oltre il dolore, il ricordo e la celebrazione. Del resto l’eredità, pesante e impegnativa, di Angelo Burzi verrebbe nei fatti tradita se ci si fermasse a questo. Così la prima occasione pubblica, dopo la commemorazione nell’Aula di Palazzo Lascaris dove il politico suicidatosi la vigilia di Natale trascorse gran parte della sua vita pubblica, si annuncia almeno negli intendimenti come il punto di partenza per chi vuole proseguire sulla strada tracciata da un liberale scomodo, un politico ruvido, un uomo che di fronte alla ritenuta ingiustizia ha compiuto una scelta estrema, radicale, ma perfettamente coerente con la sua storia.

Se ne è andato, Burzi, lasciando un testamento pesante nelle lettere che ha voluto pubbliche, ma non di meno un insegnamento che la politica, come osserva l’ex presidente della Regione Roberto Cota (accomunato nella vicenda politico-giudiziaria oltre che da legami di amicizia), “da tempo ha tradito, dimenticato. Un insegnamento di valori, di scrupolo e studio, di coraggio delle proprie azioni, anche quando non possono fruttare immediato consenso”. 

Sabato mattina alle 10, all’Nh di Torino, le idee, la passione e l’impegno di Angelo Burzi saranno all'attenzione di un convegno, “Una vita per la libertà”, che nello spirito dei promotori di un’associazione a lui intitolata vuole, appunto essere momento di riflessione e di partenza per un diverso modo di fare politica. Non nuovo, perché Burzi lo ha incarnato per anni, ma differente rispetto a quella mancanza di coraggio e di chiarezza che Cota – tra gli artefici dell’iniziativa assieme al deputato azzurro Carlo Giacometto , forse il suo più autentico interprete – richiama tra i valori lasciati in eredità da chi “non interveniva mai senza essersi preparato, aver studiato e senza timori di sostenere le sue opinioni”.

Per non disperdere questa eredità, l’associazione Angelo Burzi mette in agenda una serie di azioni e iniziative: stimolare il dibattito nel mondo dell’associazionismo e del volontariato con riferimento ai temi della disabilità, della salute mentale, della prevenzione del disagio giovanile, della tutela dei diritti fondamentali della persona, anche di quanti entrano nel circuito penale; promuovere l’istituzione di borse di studio nei campi della imprenditorialità e della formazione di una nuova classe politica; sensibilizzare la politica, le istituzioni ed i mezzi di informazione sui temi del diritto, della giustizia e dei casi di giustizia negata. Un tema pesantissimo, quest’ultimo, affrontato senza infingimenti dall’ex consigliere regionale proprio nelle sue ultime lettere.

Una questione che certo non sfugge a chi intende raccogliere il testimone, anzi il messaggio, di Burzi, ma allo stesso tempo non vuole ridurre solo a questo il ricordo e la lezione dell’”amico Angelo”. Non è (solo) la questione irrisolta del rapporto tra politica e magistratura al centro della discussione, perché “l’eredita di Angelo è molto più ampia e ricca. Grande interprete del pensiero liberale, aveva una visione, non intendeva l’ottenimento di una carica come punto di arrivo, ma come strumento per costruire qualcosa. Arrivava all’essenza delle cose, rimuoveva le inutili incrostazioni. Su diverse questioni – affermano Cota e Giacometto – è stato un precursore e ha dedicato molto tempo a organizzare scuole di formazione politica, conscio del fatto che, per fare politica, occorre essere preparati. Dotato di un’umanità che non amava mettere in mostra, ha aiutato persone in difficoltà e supportato progetti importanti nel sociale”.

Tra i fondatori di Forza Italia in Piemonte, Burzi è stato in Consiglio regionale dal 1995 al 2014, per anni animatore dellla popperiana "Società Aperta", nel 2015 diede vita alla fondazione Magellano, un pensatoio per rilanciare Torino perché, diceva, “bisogna ragionare guardando a dopodomani, perché dall’attuale situazione critica in cui vive Torino e, di conseguenza, il Piemonte, non si esce in un batter d’occhio”. Un messaggio chiaro, ma difficile da interpretare con i canoni della politica attuale. Anche per questo la sfida che gli amici, insieme alla moglie Giovanna Perino, hanno raccolto va ben oltre il ricordo dell’amico e del maestro politico. È la messa in pratica di un testamento politico, che Burzi ha incominciato a scrivere ben prima delle sue ultime lettere e che investe lo stesso modello di fare politica, ponendolo in discussione con riferimento i valori espressi e coltivati per anni da chi non si arrese all’ingiustizia, ma vi si oppose nella maniera più tragica.

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