Il silenzio di Tropea

Per 46 anni, l’intera durata della storia di Repubblica, è stato il simbolo a Torino del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Da tre settimane, però, il nome di Salvatore Tropea non compare più, come accadeva ogni domenica, sull’edizione torinese del giornale che ha rappresentato una parte importantissima della sua vita professionale e non solo. Dal 1995, quando aveva lasciato la guida della redazione subalpina (da lui fondata nel 1989) diventando inviato ed editorialista, Tropea infatti non aveva mai rinunciato a quell'appuntamento, dedicato a commentare, analizzare e spesso fustigare la politica e il costume di Torino. Forte di quella presenza nel tessuto politico e sociale cittadino che il decano di Repubblica si era conquistato via via come corrispondente del giornale socialista L'Avanti, poi come cronista alla Gazzetta del Popolo e infine come firma del quotidiano di Scalfari sin dal suo primo numero.

Una consuetudine rimasta inalterata per tutti questi anni, capace anche di conservare nella memoria della città che cosa aveva rappresentato al suo arrivo l’edizione torinese di Repubblica per il pluralismo dell’informazione, un ruolo oggi completamente cancellato dopo l’acquisto del giornale da parte di John Elkann e di Exor.

Ma che cos’è successo per determinare una chiusura così repentina di un pezzo della tradizione del giornalismo torinese tra la seconda metà del '900 e l’inizio del nuovo secolo? Tropea non ha lasciato trapelare nulla riguardo alla sua scelta, mentre dalla redazione di Repubblica filtrano poche indiscrezioni che parlano di contrasti tra la storica firma del giornale e il nuovo responsabile dell’edizione torinese, Beniamino Pagliaro. Quest’ultimo, secondo le prime ricostruzioni, avrebbe messo in discussione alcuni dei temi trattati da Tropea nei suoi commenti, rompendo la consolidata prassi che, tenuto conto della sua profonda conoscenza della città, dei suoi umori e dei suoi protagonisti, in precedenza affidava al fondatore delle pagine subalpine una piena e completa libertà d’azione. Di qui la scelta di Tropea di zittirsi, per la prima volta: dopo 46 anni.

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