GRANA PADANA

#Riccardostaisereno, Alessandria agita la Lega (e Molinari)

La sconfitta del sindaco uscente Cuttica potrebbe mettere in seria difficoltà il pretoriano piemontese di Salvini. Una parte del partito inizia già a ragionare su ipotetici scenari. Canelli segretario?

Da “Molinari non si tocca” a “Riccardo stai sereno” il passo è breve. Quanto il tempo per passare dall’occhiuta cautela prima del voto nel Comune del segretario regionale all’affondo dopo che quel voto sta mettendo in serissima difficoltà la riconferma del sindaco uscente di Alessandria,   Gianfranco Cuttica, capolavoro del plenipotenziario in terra allobroga cinque anni fa e oggi rischiosa nemesi che una parte della Lega piemontese è pronta a tentare di mettere a frutto.

Le difficoltà in cui il partito di Matteo Salvini si sta dibattendo sulla sponda del Tanaro, sono guardate dalla falange leghista novarese, cui si aggiunge una fetta del partito si altre province (Torino, il Canavese, il Vco) con gli occhi di chi sta seduto sulla riva del fiume seguendo l’insegnamento di Confucio. Gli stessi, insomma, che non più tardi di una decina di giorni fa avevano lanciato segnali rassicuranti al segretario regionale spiegando che “qualunque cosa accada lui non si tocca”, anche perché il non detto era: “non sapremmo chi mettere al suo posto”. Sincera analisi poi rivista in fretta o velo di pesante ipocrisia in funzione tattica strappato non appena il (vice)re rischia di essere nudo nel suo feudo? 

“Siamo alla tempesta perfetta”, diceva l’altro giorno Alessandro Canelli, il sindaco di Novara cui il partito della sua provincia e non solo affida da tempo speranze e progetti per un “dopo” che nessuno sa quando e come sarà, ma che una parte della Lega aspetta. Gli inciampi, le mosse malaccorte del leader, con gravoso sovrappiù del sorpasso nelle urne da parte di Fratelli d’Italia e la non meno pesante incognita dei ballottaggi, accentuano i mal di pancia nel partito in cui stanno ribollendo critiche e recriminazioni. Tensioni sopite quando i numeri non erano allarmanti come oggi e il Capitano, tra emergenza migranti e altri temi-totem, poteva correggere la rotta simulando una navigazione tranquilla in quello che invece era già un mare che preludeva tempesta. Perfetta o no, si vedrà.

La Lega è una pentola a pressione, ma nessuno s’azzarda ad aprirla. La valvola fischia ormai da un bel po’, ma non è il segnale per annunciare un congresso lontano dall’avere una data. A fine estate, in autunno a ridosso delle Politiche? Chissà. Salvini tampona, mettendo sul tavolo una sorta di direttorio con Luca Zaia, Massimiliano Fedriga, Giancarlo Giorgetti, insomma quelli che nel partito una fetta di militanti e dirigenti vede come “il dopo”. 

Se le cose dovessero andare storte ad Alessandria, la fronda interna potrebbe alzare la testa e accentuare le sue critiche verso Molinari, sulla sua gestione del partito, senza doversi più porre il problema di una sua eventuale, ipotetica sostituzione. Quello che era un problema pare essere diventata soluzione, seppure indotta. E rimanda proprio a Canelli, l’uomo che pare(va) proiettato verso la candidatura alla presidenza della Regione nel 2024 nel caso Alberto Cirio decidesse di fare altro e considerare conclusa la sua avventura in Piazza Castello. Ma non è solo l’eventualità di un altro giro di cui il governatore ha rinviato la decisione dopo le politiche dell’anno prossimo a ostacolare la strada del sindaco novarese. C’è qualcosa di non meno pesante, c’è la fortissima improbabilità che di fronte a una rinuncia di Cirio spetti alla Lega l’indicazione del candidato governatore del Piemonte. Nella situazione attuale, con FdI davanti ovunque e la maggior forza della Lega in Veneto, così come in Friuli, ma anche nella stessa Lombardia dove già esprime la guida delle Regioni, prospettare un candidato leghista per Piazza Castello appare impresa ardita, anzi azzardata.

Insomma, l’ipotesi di Canelli candidato governatore ha più una ragione per sfumare. Non quella, nei propositi del partito novarese raccolto attorno a Massimo Giordano, di una sua “successione” a Molinari. Fantapolitica o poco più, ad oggi, quando “il dopo” se ci sarà è tutto da costruire, partendo proprio dal congresso. Ma l’idea c’è. C’è, tuttavia, anche altro e non di poco peso con cui eventualmente fare i conti. Molinari non è solo il numero uno del partito in Piemonte, è il presidente dei deputati leghisti, ruolo di cui unanimemente (anche dagli avversari) gli viene riconosciuta preparazione, abilità ed esperienza acquisita in fretta.

Una sua “giubilazione” in Piemonte non potrebbe che avere fortissime ripercussioni a livello nazionale e le pur politicamente legittime aspirazioni novaresi (con apporti esterni) potrebbero scontrarsi con ostacoli più grandi. Poi, anzi prima di tutto, c’è da capire quale sarà il destino politico di Salvini, cui Molinari è legato da sempre anche se su alcuni temi e posizioni non ha mai mancato di mostrare visioni differenti, meno radicali, senza per questo arrivare a contrasti. E anche questo potrebbe pesare a suo favore nell’eventualità di forti cambiamenti. Resta il clima, tra tensioni e nervosismi, in una Lega che naviga in un mare in tempesta. Che poi sia quella perfetta, molto dipende da chi scruta l’orizzonte e cosa ci vede, anche per sé.