SANITÀ

La Regione taglia gli stipendi ai suoi "eroi" in corsia

Nella busta paga degli infermieri salta la metà degli incentivi e di altri riconoscimenti economici previsti dall'accordo. Alle aziende sanitarie sarebbero arrivate risorse insufficienti. Delli Carri (Nursing Up): "Violate le regole della contrattazione"

Che l’epoca degli eroi, per gli infermieri, sia passata ormai da un pezzo si sa. Che, però, debbano pure avere stipendi “dimagriti” rispetto a quanto previsto e stabilito perché ci sarebbero “dei problemi tecnici” risulta a dir poco inaccettabile. “I fondi regionali per pagare il saldo incentivi straordinari, ossia gli oneri accessori che compongono una parte dello stipendio di infermieri e professionisti della sanità del Piemonte, non sono stati erogati dalla Regione al cento per cento, ma solo al cinquanta di quello che le aziende sanitarie avevano prospettato e chiesto”, denuncia Claudio Delli Carri, segretario regionale del sindacato Nursing Up.  

Ma per quale motivo la Regione ha dimezzato le risorse finanziarie erogando alle aziende sanitarie solo la metà di quanto serve? “Ci è stato detto che ci sarebbero delle problematiche di ordine tecnico, di cui ad oggi non conosciamo l’esatta natura” spiega il sindacalista che ricorda come “la situazione è stata prospettata ai sindacati dalla direzione generale dell’Asl Città di Torino, in una riunione svolta ieri, anche se la questione tocca tutte le aziende sanitarie del Piemonte, che si troverebbero in difficoltà di fronte alla mancanza di una rilevante parte dei fondi necessari a comporre il totale degli stipendi che spettano ai lavoratori, fondi che erano già stati destinati e programmati”.

Per il sindacato degli infermieri si tratta di “un fatto gravissimo. Tagliare gli stipendi significa tradire un accordo siglato proprio in Regione a inizio giugno, violando in modo palese le norme della contrattazione. “La Regione – prosegue il sindacalista - ha spremuto il personale sanitario fino all’osso, ha chiesto alle Asl di occuparli in tamponi, tracciamento, ricoveri covid, campagna vaccinale e tutto quanto necessario per la gestione della pandemia, il tutto sommato alle normali attività. E il personale sanitario non si è mai tirato indietro, saltando turni riposo, lavorando anche in condizioni difficilissime e senza dispositivi di protezione, ammalandosi e mettendo a rischio la propria salute e quella dei famigliari. Sempre facendo il proprio dovere”.  

Ma ecco che “quando questo stesso personale sanitario dovrebbe ricevere ciò che gli spetta di diritto, si trova invece a vedersi la busta paga ingiustamente alleggerita”. A scoprirlo per primi sono stati i dipendenti dell’Asl Città di Torino, diretta da Carlo Picco. A loro, attraverso le rappresentanze sindacali è stata comunicata la brutta notizia della mancata erogazione. “Problemi tecnici”, la spiegazione data che non spiega nulla. Men che meno giustifica quel taglio su quanto pattuito e promesso.

Sulla vicenda, un’altra sigla sindacale, Nursind, entra ulteriormente nei dettagli della vicenda con il suo segretario regionale Francesco Coppolella:  “A differenza del 2020 il decreto Calabria non è stato finanziato nel 2021 nonostante una dgr lo prevedesse. Sono stati attribuiti invece fondi europei destinati all’assunzione di personale per l’emergenza covid che sarebbero dovuti essere stati assegnati comunque e non al posto del decreto Calabria. Questo finanziamento – spiega il sindacalista - va a coprire tra l’altro i costi già sostenuti per le assunzioni coprendo parte del deficit che si è creato poiché non sono arrivati e non arriveranno finanziamenti nazionali”. Uno dei nodi sta nel fatto che “la Regione, senza alcune differenziazione tra le aziende ha indicato nel 15% di questo fondo la possibilità di utilizzo per il salario accessorio, ne conviene che alcune Asl non riescono a coprire quanto dovuto”. Per Coppolella “che i fondi non fossero capienti si poteva intuire facilmente anche da chi ha firmato un accordo regionale legato a fondi nazionali che era prevedibile non sarebbero arrivati e a un equilibrio di bilancio sempre piu precario.  E’ strano che lo si scopra adesso”. Da registrare anche la diversa presa di posizione che arriva da Cgil, Cisl e Uil del comparto sanità e dalla Rsu dell’Asl Città di Torino che riferiscono una versione di quanto accaduto ieri nettamente differente da quella contenuta nella nota di Nursing Up. “Nel corso dell’incontro sono emerse alcune preoccupazioni in merito al finanziamento regionale POR FESR 2014-2020. – si legge nella nota delle tre sigle sindacali -  E’ stata evidenziata, infatti, la non corretta ripartizione fra le aziende sanitarie dei fondi europei che è stata effetta attribuendo in modo indistinto ad ogni azienda una quota pari al 15%. Tale modalità non garantisce all’Asl città di Torino le risorse che si sarebbero dovute avere con l’applicazione del decreto Calabria”. 

Cgil Cisl e Uil spiegano come “è del tutto evidente che l’Asl città di Torino è stata l’azienda che ha assunto il maggior numero di risorse umane nonché l’ente che ha garantito il piano vaccinale alla popolazione. Per tali ragioni la Rsu ha chiesto alla direzione generale di farsi portavoce con la Regione Piemonte delle nostre richieste al fine di garantire una distribuzione equa di tali fondi con una percentuale maggiore di risorse derivanti dal finanziamento regionale Por Fesr 2014-2020 in coerenza con l’accordo regionale già sottoscritto dalle scriventi Organizzazioni. L’attuale ripartizione dei fondi avvantaggerebbe alcune aziende a scapito di altre”. Nella nota si afferma, inltre che “la direzione si è presa carico della problematica manifestata e nel giro di qualche giorno avrebbe riconvocato la Rsu per comunicare gli esiti dell’incontro con gli uffici regionali. Le iniziative di alcune organizzazioni sindacali, che per mera propaganda sindacale, hanno il solo scopo di impedire che ai lavoratori dell’ASL Città di Torino venga riconosciuto quanto spettante".

 

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