RIFORME

Autonomia, Calderoli ultimo treno

"Se non la portiamo a casa con lui non la faremo mai" dice il leghista Lanzo, presidente della commissione piemontese, oggi a Roma per l'incontro delle Regioni con il ministro. La frenata del Sud e la questione dei Lep. Fassino: "Il Pd non ne deve aver paura"

“Se non la portiamo a casa, stavolta, con Calderoli, l’Autonomia non la portiamo più”. Salvifica figura e ultimo appiglio, quella del nuovo ministro leghista di vecchia scuola sui banchi della secessiun poi ammorbidita in quella devolution che l’Umberto Bossi lanciò una sera di più di vent’anni fa proprio dal Piemonte in un gremito teatro di Acqui Terme, quella cui s’aggrappa Riccardo Lanzo, presidente della commissione per l’Autonomia in seno al Consiglio regionale piemontesee, partendo per Roma.

Questa mattina il presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga ha invitato il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, nonché suo compagno di partito. Roberto Calderoli a presentare ai governatori la bozza del disegno di legge che ridisegna le competenze su numerose materie oggi di esclusiva competenza statale. Un progetto che, affondando le radici in quelle ormai preistoriche pulsioni nordiste, rischia di riaprire la mai del tutto chiusa questione con il Sud, con l’incognita del mutato quadro politico e i rivoluzionati rapporti di forza nel centrodestra. 

Per dare l’idea di quale sia il terreno politico, ma anche geografico, su cui si gioca l’ennesimo tempo di una partita che va avanti da anni basterebbero un paio di dichiarazioni. Quella del governatore leghista del Veneto, Luca Zaia, vero motore della spinta autonomista poi seguita da altri: “Il prossimo anniversario del nostro referendum per l’autonomia, il 22 ottobre del 2023, quando saranno passati sei anni, non dovrò più chiedere ai veneti di avere pazienza come ho dovuto fare in tutti questi anni”. L’altra è del ministro Francesco Lollobrigida, esponente di spicco di Fratelli d’Italia: “Le priorità degli italiani sono chiare” e tra queste non c’è l’Autonomia. Ancor più netto un altro pretoriano di Giorgia Meloni, come Fabio Rampelli: “Autonomia e presidenzialismo devono arrivare a conclusione insieme”, dunque messaggio chiaro: nessuna corsa in avanti. E poi c’è la questione dei governatori del Sud, capeggiati dal campano Vincenzo De Luca (Pd), pronti a mettersi di traverso e già con le barricate da alzare in Parlamento con i loro deputati e senatori a sbarrare la strada lungo quella corsia veloce che Calderoli immagina di costruire aggirando i Lep, i livelli essenziali di prestazioni che dovrebbero bilanciare squilibrii economici tra le regioni.

Leggi qui la bozza Calderoli

Che non fosse una passeggiata s’era capito da tempo, anche in una ridotta come quella piemontese dove il vessillo dell’Autonomia era stato issato fin dall’inizio della legislatura regionale, accodandosi per l’ennesima volta alla Lombardia. Facendo della commissione una sorta di totem e poco di più a fronte di una politica regionale – gestione della pandemia docet – fortemente dipendente dal potere centrale, ben dissimile da quella di Zaia.

Nel complesso quadro politico e territoriale un’autorevole voce politica piemontese, seppur traslocata elettoralmente nell’Emilia-Romagna è quella di Piero Fassino che avverte (i suoi): “Il Pd non può affrontare la questione autonomia solo con un atteggiamento difensivo. Allora tanto vale non presentarci alle prossime elezioni in capoluoghi del Nord, come Treviso”. Ma per un Fassino che esorta a “non avere paura” dell’autonomia, altri nel suo partito sono pronti a remare contro facendo sponda ai De Luca e ad altri amministratori meridionali. Al punto cda preoccupare Stefano Bonaccini che potrebbe incontrare proprio su questo terreno più di un ostacolo nella sua corsa al vertice del Nazareno.

Stamane Calderoli, illustrerà nel dettaglio il suo disegno di legge, con quegli escamotage che potrebbero permettere ad ogni singola Regione di “farsi” la sua autonomia trattando con il Governo e alleggerendo al massimo il peso dei Lep. Tante “autonomie” su misura, una pacchia per i leghisti del Nord. Sempre che dal fraterno alleato non arrivi l’avviso che la pacchia, così, non può neppure incominciare.

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