RIFORME & PROPAGANDA

Tour per spiegare l'Autonomia
(ma senza sapere quale sarà)

Dopo l'incontro delle Regioni con Calderoli il Piemonte parte lancia in resta e scolapasta in testa a illustrare una norma ancora da definire. Le barricate di Emiliano e De Luca, la cautela di Bonaccini. Perfino Zaia avverte: "Progetto non ufficiale e da implementare"

Su è giù per il Piemonte a spiegare un’autonomia che nessuno ancora sa quale sarà. Ancora prima di prendere la via del ritorno da Roma dove, in Conferenza delle Regioni, il ministro Roberto Calderoli ha presentato il suo (non del Governo) disegno di legge sull’ormai arcinota e non meno discussa autonomia regionale rafforzata, il consigliere regionale della Lega in Piemonte Riccardo Lanzo annuncia che la commissione da lui presieduta metterà le ruote “per spiegare agli amministratori un cambiamento epocale”, Nientemeno.

Lodevole iniziativa non fosse che, al netto del forte sapore di propaganda, appare perlomeno un po’ troppo tempestiva vista l’aria che tira, da Nord a Sud e viceversa, sul progetto che l’indimenticato padre della legge elettorale da egli stesso allora battezzata come una “porcata” ha portato al cospetto delle Regioni. Ricavando non pochi giudizi analoghi all’appena citato lontano precedente. 

D’accordo, Michele Emiliano, governatore della Puglia sarà pur prevenuto nel dire che “se ci chiedono se noi ci fidiamo di chi proponeva prima la secessione poi il federalismo fiscale, ora l'autonomia differenziata, rispondiamo di no” e il vulcanico suo omologo campano Vincenzo De Luca non ha sorpreso nell’alzare, con lo spirito delle Quattro Giornate di Napoli, barricate sostenendo che la proposta di Calderoli “crea solo caos” e però anche un mite riformista piddino come l’emilianoromagnolo Stefano Bonaccini dal Nord avverte che “ha fatto bene il ministro a chiarire che quella presentataci oggi è una prima base di discussione e non la proposta del Governo” e, dunque, lungi dall’essere una testo chiuso e definito da poter presentare come cosa fatta che capo ha. 

Nessun dubbio che la Lega in Piemonte, per bocca di Lanzo, condivida “in toto il progetto di Calderoli che rende le Regioni protagoniste del percorso di Autonomia e ne definisce i tempi di attuazione, ma soprattutto fuga ogni dubbio circa le divisioni tra Nord e Sud”. Spiegare nelle varie province a sindaci e amministratori, come s’annuncia, che “per esempio in tema di sanità, cultura, energia e istruzione, la Regione potrà decidere e gestire in tempi rapidi gli interventi, avendo a disposizione i fondi necessari” è ad oggi raccontare i legittimi desiderata, piuttosto che illustrare un testo di cui lo stesso autore s’è premurato di sottolineare la sua, ad oggi esclusiva, paternità. Che è cosa diversa da quella dell’esecutivo di Giorgia Meloni, dal cui partito alla vigilia dell’incontro odierno non erano stati risparmiati distinguo e avvisi non proprio del tutto rassicuranti.

"Il ministro Calderoli è stato rapidissimo nel convocarci ed è convinto della necessità di questo percorso. Ora – annuncia Lanzo appena uscito dalla riunione – voglio spiegare cosa significhi questo cambiamento epocale dove non ci saranno carichi di lavoro in più per gli enti locali, ma un riconoscimento del lavoro che già viene svolto, attraverso l'assicurazione di forme di finanziamento adeguate”.

Ma ulteriore chiarezza arriva proprio da chi dell’autonomia ha fatto ben più di un semplice vessillo retto da un’asta sottile e fragile, bensì una battaglia concreta, con la consapevolezza delle difficoltà e senza stonati squilli di tromba. Dice il governatore del Veneto Luca Zaia: “Oggi non abbiamo parlato della bozza, c’è stato un brainstorming portando tutti gli elementi che sicuramente il ministro Calderoli saprà raccogliere per implementare un progetto che ancora oggi non è stato ufficializzato”. 

Calma e gesso, insomma. Tanto più considerando i segnali di estrema cautela, per non dire freddezza, sulla questione da parte di Fratelli d’Italia. Anche nella Lega, c’è chi ricorda quella promessa di Matteo Salvini, appena formato il Governo: “L'autonomia non è una battaglia della Lega, ma deve essere una questione di civiltà che il primo Consiglio dei ministri approva perché la Costituzione la prevede". Di Consigli dei ministri, ormai, se ne sono fatti più d’uno e più di due.

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