CORPI INTERMEDI

"Non c'è coesione senza sviluppo".
Lezione riformista di Lo Russo alla Cgil

Mentre a Roma prosegue il feeling tra Conte e Landini, il sindaco di Torino prova ametterci una pezza. E al congresso del sindacato rosso traccia il perimetro di un terreno comune. "Dobbiamo ricucire le differenze sociali e creare le condizioni per il lavoro"

“Dobbiamo riprendere il tema del mutuo riconoscimento dei ruoli, riportando al centro la questione dell’intermediazione, della concertazione e della rappresentatività degli interessi. È un punto simbolico ma centrale. In questi anni si è sbagliato annullando la funzione della rappresentanza e provando a immaginare un percorso di totale disintermediazione. È stato un abbaglio”. Tocca a un sincero riformista, qual è Stefano Lo Russo, delineare il quadro di moderne relazioni tra gli attori sociali in un contesto in cui sono mutati non solo i rapporti di forza ma gli stessi connotati dei vari soggetti risultando per certi versi irriconoscibili. E il fatto che il sindaco nel suo intervento al congresso della Cgil torinese abbia scelto di pronunciare parole chiare, senza cedere a formule rituali o di cortesia, assume un significato rilevante anche nell’ambito del confronto in atto nel suo stesso partito, il Pd.

Archiviata la stagione della “cinghia di trasmissione” e oramai superata quella del collateralismo, i rapporti tra Pd e Cgil sono da tempo improntati alla reciproca diffidenza, quando non di aperta ostilità. Il sindacato rosso per antonomasia – vale a livello nazionale per Maurizio Landini come in ambito piemontese per Giorgio Airaudo – ha via via preso le distanze dal Nazareno, assumendo tratti più politici, fino a offrire il proprio personale a formazioni antagoniste del Pd. In ultimo, arrivando ad assegnare al Movimento 5 Selle di Giuseppe Conte la patente di interlocutore privilegiato delle istanze progressiste. A partire dalle elezioni regionali nel Lazio, dove candida la segretaria nazionale della categoria dell’agro-industria, Tina Balì, capolista del Coordinamento 2050, la lista di sinistra creata da Stefano Fassina, Paolo Cento e Loredana De Petris che affiancherà quella del M5s in appoggio a Donatella Bianchi contro il candidato di Pd e Terzo polo Alessio D’Amato. E proprio in queste ore a Roma si è svolto un incontro tra lo stato maggiore del sindacato laziale e i vertici grillini, presente la “compagna” Paola Taverna, sulla scia del recente faccia a faccia Conte-Landini. Roba da far girare nella tomba non diciamo Di Vittorio, ma certamente Lama e Trentin.

Lo Russo, insomma, rema controcorrente con quell’ostinazione che, contro i pronostici e gli auspici di molti (anche nel suo partito), l’ha portato un anno e mezzo fa a sedersi al piano nobile di Palazzo civico. “La questione importante da affrontare nei prossimi anni è quella di coniugare le due grandi questioni della città: lo sviluppo economico e la coesione sociale – ha spiegato ai delegati riuniti in una sala del Politecnico –. Troppe volte questi due elementi sono stati messi in un’antipatica contrapposizione. La sfida culturale che oggi ha il sindacato, la politica e tutto il mondo della rappresentanza è quello di essere capaci di trovare soluzioni programmatiche coerenti con questa duplice impostazione”. Insomma, basta con la retorica vuota e insulsa: crescita economica e miglioramento delle condizioni di vita dei ceti meno abbienti sono inscindibilmente legati. Una lezione basica di riformismo, persin banale, ma in questa stagione è indispensabile ripartire dai fondamentali. “Dobbiamo ricucire le differenze sociali perché la città ne ha troppe, acuite prima dalla pandemia e poi dalla crisi energetica. Lo sforzo che deve fare l’amministrazione comunale è quella di ricucire la frattura sociale e ridurre la diseguaglianza sociale spendendo soldi pubblici per la scuola, la sanità, il welfare, le periferie, il trasporto pubblico. Dobbiamo tornare a fare investimenti pubblici, a fare diventare il pubblico protagonista e, contemporaneamente, lavorare per costruire le condizioni per cui questa città cresca, fornisca occasioni di sviluppo industriale e faccia diventare concretezza quello che in qualche modo è intrinsecamente connesso alla vocazione di Torino: città del lavoro, del lavoro buono, ben retribuito, contemporaneo, che sta nel mondo e in una dinamica internazionale”.

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